antipolitica…
dire di una forza politica avversaria che e’ antipolitica e’ una idiozia evidente e anche un segno di arroganza senza pari: la definizione coincide infatti con la pretesa totalitaria che la politica stia soltanto dove vuole chi lancia questo tipo di anatemi.
comunque, pazientemente provo ad informarmi da dove viene questo termine bislacco; io, per conto mio, direi che l’ha inventato Napolitano, il primo presidente eletto da un parlamento incostituzionale, o almeno lui e’ stato il primo in Italia, mi pare, a nobilitare questa definizione, che non mi pare neppure troppo diffusa fuori dal nostro paese, tanto e’ grottesca.
Trump, ad esempio, che da noi e’ descritto come un esponente dell’antipolitica, negli States e’ definito dai suoi avversari politici fascista oppure razzista, non antipolitico (aggettivo senza senso, visto che sta partecipando alle primarie per diventare il candidato repubblicano alla presidenza).
nella mia ricerca sull’origine dello strano termine antipolitica consulto wikipedia, ma non faccio grandi passi in avanti; in compenso trovo una definizione che posso anche fare mia:
Antipolitica può significare l’esercizio di colui che contesta il modo di fare politica del presente e auspica un nuovo modo di esercitare la politica. Quindi, non un rifiuto per il rifiuto, ma un opporsi per costruire una politica più vera ed alta. Un’antipolitica che rimane politica.
naturalmente mi viene da pensare al modo di fare politica dei gruppi extraparlamentari del 68: ma a nessuno venne in mente allora di definirci antipolitica; se qualcuno ci avesse provato, non sarebbe stato neppure capito.
invece la definizione iniziale che da’ wikipedia dell’antipolitica e’ questa:
Nel senso più comune il termine antipolitica definisce l’atteggiamento di coloro che si oppongono alla politica giudicandola pratica di potere e, quindi, ai partiti e agli esponenti politici ritenendoli (…) dediti a interessi personali e non al bene comune.
ma questo opporsi a certa politica data, per proporne una nuova, e’ certamente politica, semplicemente politica nuova.
e continua wikipedia:
Per assonanza con il termine antipolitica, in senso negativo-dispregiativo, si può intendere anche direttamente proprio questo tipo di pseudo-politica che si contrappone alla politica propriamente detta dedita invece alla salvaguardia dell’interesse collettivo.
fate bene attenzione: giustamente, in questo caso, l’antipolitica vera e’ quella dei politici di professione che non fanno gli interessi della collettivita’, della polis, ma cercano i propri personalissimi vantaggi.
insomma, da qualunque parte lo si giri, il termine antipolitica, lanciato contro i movimenti populisti di varia natura che stanno raccogliendo notevoli successi in tutta Europa, e’ usato in modo improprio e da coloro che dovrebbero essere definiti come antipolitici piu` di chiunque altro.
su Facebook gira una battuta azzeccata:
Se la politica ha prodotto questi risultati, ben venga l’antipolitica.
vado perfino a finire su un sito che si chiama Antipolitica, ha una chiara impostazione di destra, e questo motto alquanto elementare, ma quasi sessantottino:
Antipolitica: Movimento ideologico e politico che vuole cambiare tutto quello che non va bene nella politica.
. . .
Curzio Maltese sull’Huffington Post descrive la situazione cosi’:
La politica sarebbero i vecchi schieramenti novecenteschi, conservatori e socialisti, portatori comunque di valori e cultura politica, per quanto un po’ imbolsiti nell’esercizio del potere (…); l’antipolitica sarebbe incarnata da leader e movimenti lontani anni luce per stili e programmi (il Front National e Podemos, i nazionalisti dell’Est e il Movimento 5 stelle, Tsipras e Marine Le Pen, Pablo Iglesias e Beppe Grillo), sbattuti però tutti assieme in un unico calderone dove sarebbe prevalente un populismo fondato su emozioni e risentimenti più che su ragioni materiali, poggiante su un sostanziale vuoto di valori e cultura politica, il cui successo si spiega con la tendenza a lagnarsi e protestare di un popolo plebeo e ignorante alla confusa ricerca di novità sul mercato.
e la sua analisi della situazione e’ semplice buonsenso:
Le ragioni per cui i sistemi politici europei – da intendere: le forze politiche tradizionali – stanno collassando non sono l’emotività del popolino, ma la semplice constatazione che non funzionano più.
Per quarant’anni dal dopoguerra l’alternanza fra socialisti e conservatori nelle democrazie europee ha garantito crescita e lavoro, miglioramento delle condizioni di vita dei ceti medi e conquiste dei lavoratori.
Oggi quei sistemi garantiscono, da oltre vent’anni, un continuo impoverimento di operai e ceti medi, un evidente declino economico, una clamorosa concentrazione di ricchezza verso l’alto, il progressivo abbattimento di diritti e tutele sociali e infine una disoccupazione di massa che riguarda in alcuni paesi del Sud Europa, come la Spagna e l’Italia, la Grecia e il Portogallo, la metà o più della metà dei giovani.
Altro che emotività, queste sono le colossali cause materiali del voto in Spagna e altrove.
continua Maltese, e sto citando la parte della sua analisi con la quale mi trovo totalmente d’accordo:
La vera antipolitica è incarnata dall’ormai compiuta abolizione di ogni differenza storica fra destra e sinistra classiche. In Germania come in Italia, nella Grecia del passato come nella Francia delle ultime elezioni e forse domani in Spagna, socialisti e conservatori danno vita, per reazione alla paura di perdere il potere, a coalizioni sinistra-destra che sono la vera antipolitica, l’autentica morte di una politica fondata su valori e culture differenti di governo. (…)
Socialisti e centrodestra ormai votano gli stessi provvedimenti, ogni santo giorno, a Bruxelles e Strasburgo, come a Berlino o a Roma.
E siccome si tratta di politiche di destra, all’essenza, è normale che a pagare la conseguenza di questa antipolitica dall’alto siano soprattutto i partiti socialisti. (…)
rappresentare i gruppi dirigenti dei vecchi partiti come continuatori di una grande scuola e i nuovi movimenti alla stregua di barbari populisti e’ la tecnica propagandistica adottata dai media, che sono nel loro insieme al servizio degli assetti di potere tradizionali.
certamente questa rappresentazione non funziona in Italia: di fronte a personaggi del calibro culturale di Renzi, Boschi, Madia e simili, oserei dire che perfino Grillo e il tanto vituperato Casaleggio sono giganti del pensiero.
ma l’egemonia culturale dei poteri tradizionali consiste proprio in questo: nel far accettare l’idea che la concentrazione progressiva della ricchezza, la distruzione del ceto medio, le avventure militari insensate, la catastrofe climatica incombente, il marasma sociale che sta travolgendo il mondo globalizzato, anche sotto forma di migrazioni di massa, sono gli esiti indiscutibili e positivi della loro insuperabile competenza tecnica.
e fino a che la maggioranza pensera’ che davvero Renzi e’ piu’ competente di Di Maio e la Merkel di Varoufakis, il potere restera’ nelle mani in cui e’, nonostante ogni evidenza contraria.
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e se volete un assaggio di questa deformazione propagandistica della realta`, basta guardare Repubblica, che e’ oramai diventato il bollettino ufficiale del sistema; ma qui sentite Andrea Bonanni che lancia il suo grido di dolore dalla Stampa:
Quell’onda che spazza l’Europa: così in Spagna trionfa nelle urne il voto “contro”. Il risultato non solo condanna la quarta potenza del Continente all’ingovernabilità, ma segna una ennesima sconfitta della politica. È successo in Grecia, poi le fiammate di segno opposto in Polonia e Francia. Trema l’intero sistema.
È il trionfo del voto contro. Più di metà degli spagnoli di sinistra ha votato contro il Psoe scegliendo Podemos. Più di un terzo degli spagnoli moderati ha votato contro il Ppe premiando Ciudadanos. La Spagna non si è spostata a destra. Non si è neppure significativamente spostata a sinistra. Si è trasferita su un’orbita di malcontento popolare che non riesce a esprimere altro che se stesso.
ah si’?
L’Europa – quale Europa? – guarda con preocupazione al risultato che esce dalle urne iberiche. Non solo e non tanto perché sembra condannare la quarta potenza del Continente all’ingovernabilità. Ma perché segna un’ennesima sconfitta della politica. E il fallimento della politica mette in discussione la democrazia come sistema in grado di far convergere consenso e potere.
qui devo riconoscere a Bonanni di essere onesto, probabilmente senza volerlo, nella sua definizione della democrazia moderna, non come meccanismo per l’attribuzione del potere, ma come strumento per raccogliere il consenso attorno al potere, che non dipende certo dalla democrazia, ma ha un forza propria.
(…) Già la Grecia, esattamente un anno fa, aveva segnato un trionfo del voto contro. La vittoria di un partito di sinistra non tradizionale come Syriza aveva portato alla formazione di una coalizione con la destra nazionalista. Poi alla rottura con l’Europa sancita da un referendum popolare. Infine ad una governance improntata alla tardiva accettazione di politiche e di valori apertamente in contraddizione con i programmi elettorali dei vincitori. Dove sta la democrazia in tutto questo?
A seguire ci sono state le due fiammate di segno opposto venute dalla Polonia e dalla Francia. A Varsavia una leadership moderata ed europea, che aveva governato bene e aveva garantito al Paese brillanti risultati economici, è stata spodestata per mettere al potere un partito catto-fascista che aveva già dato prove di governo fallimentari e che sta sovvertendo le istituzioni di garanzia democratica, come in Ungheria. In Francia l’anti-politica della Le Pen ha portato il Front National a divenire il primo partito, costringendo socialisti e conservatori ad una innaturale alleanza per fermarla al ballottaggio.
innaturale?
ma se la democrazia e’ soltanto lo strumento per convogliare il consenso attorno al potere reale, c’e` solo da sperare che sia davvero vicino il momento della crisi di questa politica e la sua sostituzione con una politica diversa.
populista? volete chiamarla populista?
ecco, parlate di populismo e non di antipolitica, per favore…