tempi bruttissimi per i gufi, in Italia, come e’ noto; deve essere per questo che al momento preferiscono annidarsi in Europa.
lo dimostra un articolo di Federico Fubini dal quale ricavo queste informazioni essenziali.
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Dino Pinelli, István P. Székely e Janos Varga sono certamente tre gufi europei, e dunque destinatari delle ironie renziane.
peccato per Renzi che Dino Pinelli sia il capo del “desk Italia” della direzione generale Affari economici di Bruxelles, l’ufficio da cui parte la valutazione sulla manovra in deficit del governo; e Székely e Varga siano, il primo, direttore di ricerca e, il secondo, economista alla direzione generale di Bruxelles che sta esaminando la nostra Legge di stabilità.
insomma, sono proprio loro al centro del lavoro che la Commissione europea sta svolgendo sulla Legge di stabilità e sul programma di riforme del governo di Matteo Renzi; e qui ne e` stato anticipato un primo assaggio.
quindi la rivincita dei gufi potrebbe partire proprio da Bruxelles.
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in un articolo pubblicato sul sito www.vox.eu i tre tagliano le gambe allo stolido ottimismo renziano e presentano una analisi molto critica della reale situazione italiana.
un tempo l’Italia e’ stata, per un momento la quinta economia del mondo; oggi e’ la nona, scavalcata di recente da Brasile e India.
ma è da metà degli anni ‘90, cioe’ dall’inizio dell’era berlusconiana, che il reddito per abitante in Italia perde terreno rispetto alle altre economie europee e mondiali.
la “produttività totale dei fattori” è in calo (in media dello 0,3% l’anno) dalla fine del secolo scorso, ed e’ un caso praticamente unico, mentre cresce quasi ovunque nel resto d’Europa e ancora di più negli Stati Uniti.
l’indicatore riassume la ricchezza che si crea in un’ora di attività produttiva, una volta sommati tutti i fattori che vi contribuiscono: l’organizzazione e le regole del lavoro, le competenze, gli investimenti e la tecnologia, la burocrazia, l’apertura del mercato, le infrastrutture o le forniture energetiche.
in Italia, caso quasi unico, va giù da 15 anni.
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pesano le difficoltà poste dalla burocrazia o dalla giustizia, riassunte nel costo impossibile di lanciare un’impresa o dalla posizione dell’Italia agli ultimi posti per gli investimenti dei fondi esteri più dinamici; i costi per aprire un’impresa sono fra i più alti al mondo.
ma il ritardo piu’ grave e’ quello dei giovani nell’istruzione rispetto anche a Polonia, Corea del Sud o Spagna.
e qui l’incredibile superficialita’ con la quale Renzi ha fatto passare per riforma della scuola la semplice assunzione di decine di migliaia di precari per una sentenza europea ormaia ineludibile e’ criminale: con questo ritiene di avere risolto la crisi della scuola italiana?
l’Italia ha la più bassa quota di laureati fra le trenta democrazie industriali e ne spinge uno ogni dieci a emigrare.
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“il ritorno a una crescita sana richiederà uno sforzo straordinario”, servono un approccio radicale e molti anni, nell’urgenza di muoversi con decisione, scrivono i tre gufi di Bruxelles.
quello spirito decisionista che Renzi, il politicante senza una visione d’insieme, rivela soltanto nel tentativo di costruire un mediocrissimo potere personale da semi-regime.
due anni persi fra legge elettorale e riforma della Costituzione, ed elargizioni clientelari di tipo peronista finanziate col deficit: due anni che fra poco saranno tre.