Ma se volessimo associare all’essere vivente l’imprescindibile caratteristica dell’autoreplicazione, ovvero della riproduzione, allora forse dovremmo concludere che uno sterile mulo non è un essere vivente.
No, c’è qualcosa che non va.
Ma se volessimo associare all’essere vivente l’imprescindibile caratteristica dell’autoreplicazione, ovvero della riproduzione, allora forse dovremmo concludere che uno sterile mulo non è un essere vivente.
No, c’è qualcosa che non va.
@ krammer
ti segnalo questo articolo perche` introduce nuove informazioni importanti su un aspetto della nostra discussione, cioe` sull’origine della vita nel cosmo:
http://www.lescienze.it/news/2016/06/14/news/molecole_chirali_spazio_origine_vita-3125046/
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il post nasceva come spin off dalla riflessione sull’AI e dalla teoria postata nell’altro commento, che poi mi son riletto con più attenzione ( https://www.quantamagazine.org/20140122-a-new-physics-theory-of-life/ )
mi perplime che dotti studiosi siano rimasti stupefatti da questo a loro avviso nuovo modo di concepire la vita, molto meno “bianco o nero” dell’usuale.
da anni nego qualsiasi categorizzazione che separa ciò che è vita da ciò che non lo è, in quanto basate da assunti convenzionali che se ben indagati finiscono sempre nell’inconsistenza.
per questo sono arrivato alla semplice conclusione che tutto ciò che interagisce con un sistema è vivo, e dunque ogni entità di fatto è viva proprio come lo siamo noi.
in modalità certo incredibilmente differenti.
riprendendo da wiki, una buona definizione canonica di ciò che è vivo si può presentare così:
“un sistema termodinamico aperto, in grado di mantenersi autonomamente in uno stato energetico di disequilibrio stazionario e in grado di dirigere una serie di reazioni chimiche verso la sintesi di sé stesso”
se prendessimo solo la prima parte della frase, è evidente che anche il pianeta terra sarebbe da considerarsi vivo. ma la terra non è in grado di sintetizzare sè stessa, di autoreplicarsi dunque come organismo individuale.
l’auto replicazione è generalmente uno degli assunti basi che discrimina ciò che è essere vivente da ciò che non lo è. ma è sempre l’organismo individuale che si autoreplica, non la specie.
se allarghiamo il discorso alla specie, come giustamente fai, dovremmo abbandonare il concetto di autoreplicazione per trattare piuttosto il concetto di codice (RNA/DNA, nel caso della vita come noi la conosciamo).
e’ infatti il codice – caratteristico di una specie, carattere più carattere meno – a rendere possibile la riproduzione dell’organismo individuale. che sia sessuata o asessuata, è la traccia grazie alla quale l’organismo può avviare la sintesi di un nuovo individuo simile.
la presenza di un codice interno all’entità è un altro assunto, molto meno stringente rispetto all’auto replicazione, che discrimina la vita: in assenza di codice non c’è vita.
ma i codici sono camaleontici, possiamo averceli sotto il naso e non riconoscerli affatto come tali, potremmo scambiarli con casuale rumore.
guarda caso anche la maggior parte del DNA nei cromosomi fino a poco tempo fa lo ritenevamo spazzatura, junk, solo di recente si è cominciato ad accorgersi che è tutt’altro.
in realtà tutto è codice, dipende solo dall’interpretazione che se ne dà.
e la sua utilità non è un presupposto ma la conseguenza della nostra conoscenza.
mi sono dilungato per far capire come andando a parare sul codice (di specie) piuttosto che sulla riproduzione (individuale) ci si perda ancor più nei cunicoli dell’arbitrarietà.
che poi il concetto stesso di “struttura ordinata” caratterizzante un qualsiasi essere vivente è di per sè fallace. non può esserci definizione fisica di ordine se non in contrapposizione al disordine entropico che si realizza nell’assoluto equilibrio (termico). informe.
tutto ciò che non è indistinguibile, deve essere in ultima istanza considerato ordinato.
di nuovo appare come l’unica consistente discriminante della vita, per come la conosciamo, sia l’auto replicazione individuale che ci porta all’assurdo logico esposto nel post.
inconsistente anche questo assunto, smascherabile dal fatto che l’individuo è sempre colonia di altre individualità man mano più piccole, la vita è un processo emergente.
la linea di confine per la biologia attuale è il virus, che è portatore di codice (DNA/RNA) ma che non si autoreplica dal momento che per moltiplicarsi ha bisogno di altri organismi.
non è forse analogo a tanti animali parassiti? può essere una discriminante per non considerarlo organismo vivente?
in realtà tutti gli organismi hanno bisogno di altri organismi per replicarsi e propagare il proprio codice.
un essere che non è geneticamente in grado di replicarsi non per questo non è da considerarsi vivo, evidentemente. può essere piuttosto l’ultimo della sua specie.
gli esseri viventi comunemente riconosciuti sono strutture fortemente organizzate, evolute e stabili, per questo si possono permettere efficaci tecniche di replicazione.
ma perchè non pensare ad un qualsiasi processo naturale, di per sè organizzato in quanto disomogeneo, come vita che evolve e rapidamente si “estingue” senza generare discendenza direttamente riconoscibile?
la degradiamo a non vita solo perchè non appare avere un codice interpretabile?
la vita evoluta ha acquisito stabilità e specializzazione a partire da un’infinità di processi molto più instabili di vita meno evoluta. vita che non ha specie ma solo individualità uniche, multiformi, poco caratterizzabili.
ha poco senso parlare di specie anche nei batteri ad esempio, considerata la loro velocità di mutazione (si parla infatti di ceppi): ma il codice genetico che si portano dietro li caratterizza molto bene grazie alla raffinata tecnica di duplicazione cellulare acquisita con l’evoluzione.
e poi perchè non considerare il fattore temporale? i processi di un pianeta, come la terra in particolare visto che è oggettivamente una colonia di organismi viventi, non segue certo le scali temporali umane. eppure risponde agli stimoli riuscendo a mantenere un suo equilibrio organizzativo complessivo stupefacente. come si fa a non dargli di diritto l’appellativo di vivo? perchè non si riproduce?
e noi che ne sappiamo? perchè dare per scontato che la replicazione debba essere precedente al disfacimento dell’organismo individuale? ciò di cui si compone la terra che ci contiene tutti mica sparisce: andrà a formare altre stelle ed altri pianeti.
e quelle che chiamiamo rocce inanimate sotto leggi di gravità gratuite eppure così squisitamente definite portano la vita nello spazio. non è forse questo un ottimo modo per replicarsi, come fanno ad esempio le piante con i loro semi? mica è questione di volontà 🙂
mi limito ancora a parlare della vita conosciuta su base carbonica, ma come già detto è arbitrario immaginare che sia l’unica rappresentazione organizzata dell’universo.
se penso all’evoluzione di un frammento d’oro a partire da nuvole di idrogeno in miliardi di anni di tribolazioni e metamorfosi mi vengono i brividi. Cosa c’è di più stabile ed organizzato dell’oro? L’evoluzione non lo ha dotato di capacità riproduttiva, è talmente duro a morire che non ne ha bisogno 🙂
ok mi fermo qui. riflessioni a ruota libera 🙂
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il post ha il merito (raro in te, lasciatelo dire 😉 ) di porre con chiarezza una domanda molto semplice.
e apre un dilemma: la riproduzione e` una caratteristica essenziale per definire la vita oppure no?
il senso ultimo di questa domanda e` poi se la morte e` oppure no una caratteristica intrinseca della vita, in quanto la riproduzione e` essenziale per il mantenimento della vita giusto perche` individualmente gli esseri vienti muoiono.
ma il commento di qui sopra sembra volere sfuggire alla domanda del post.
non e` la prima volta che ne parliamo: te lo ricordi questo? 🙂
https://bortocal.wordpress.com/2015/07/17/racconto-di-fantascienza-forse-352/
recentemente sono arrivato (proprio in quel post) all’ipotesi che il nostro punto di vista sulla vita possa essere condizionato dal fatto che essa sul nostro pianeta si sia formata e prosperi (per il momento) in condizioni particolarmente ostili ed inadatte, forse addirittura abbastanza eccezionali nell’universo.
basti pensare che la vita che si sviluppa sulla superficie di un pianeta e` esposta alle letali radiazioni cosmiche, da cui noi siamo protetti ma in modo abbastanza straordinario e per motivi tutto sommato poco chiari.
se pensiamo invece che la sede della vita piu` naturale sia all’interno dei pianeti o sotto mantelli di protezione di varia natura, potremmo immaginare che la particolare fragilita` individuale degli esseri viventi che verifichiamo sulla Terra e la lotta per l’esistenza legata alla scarsita` delle risorse possano essere sostituite da una stabilita` di fondo anche degli individui viventi, in un contesto di risorse sovrabbondanti che rendano la competizione per l’esistenza inutile?
insomma, possiamo pensare a forme di vita nelle quali la morte individuale sia un fenomeno molto marginale e che siano dunque caratterizzate anche da una stabilita` interna ed esterna, cioe` dell’ambiente, che renda l’evoluzione inutile?
la mia risposta e` si`.
la morte individuale e dunque la ricomposizione e dunque l’evoluzione potrebbero essere soltanto le caratterisitiche di forme di vita che si sviluppano in contesti ambientali particolarmente instabili e mutevoli.
in contesti stabili la vita perderebbe le sue caratteristiche che noi consideriamo intrinseche.
e forse e` per questo che facciamo fatica a trovarla, cioe` a riconoscerla, fuori dal nostro pianeta.
ma allora che cos’e` la vita?
esiste qualcosa di specifico che possiamo chiamare vita?
oppure, in altre parole, quella che chiamiamo vita e` un fenomeno tipicamente ed esclusivamente terrestre?
queste sono le nuove domande che mi pongo da circa un anno a questa parte.
e che vengono a coincidere con le tue, anche se nascono da un diverso punto di vista.
anche England, per quel che ho capito col mio inglese molto incerto, si muove in una direzione simile.
sembra quasi che si ritorni ad Aristotele e alla teoria della generazione spontanea almeno su scala cosmica…
la si ripropone almeno a livello planetario e come legge generale dell’universo.
se arriviamo a dire che la vita e` una forma intensificata di entropia che si sviluppa ogni volta che sia possibile, siamo appunto alle soglie di una nuova definizione che puo` abbracciare assieme sia la vita instabile delle fome di pianeti di tipo terrestre, sia la vita che si sviluppa sulle comete sia la vita di oceani coperti da cappe di ghiaccio e molto stabili dal punto di vista ambientale, che e` probabilmente la sede piu` diffusa nell’universo di forme di vita.
a questo punto la riproduzione sessuale potrebbe essere soltanto un fenomeno locale particolare, evolutosi per condizioni particolarmente ostili, e la riproduzione per semplice divisione essere invece la forma originaria di automantenimento della vita, che esclude l’evoluzione sessuata (come parrebbe del resto anche per le forme di vita piu` antiche ed originarie della Terra).
a questo punto potremmo capire di non capire bene che cos’e`la vita.
a questo punto England sta forse rimettendo le cose nella carreggiata giusta e la riproduzione non e` una caratteristica generale della vita.
oppure dobbiamo chiamare vita soltanto le manifestazioni estreme dela vita che ci circondano in un contesto molto particolare.
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ottimi spunti!
ma parto dall’inizio: hai ragionissima, è raro che ponga domande semplici e chiare!
un po’ perchè amo risultare criptico e addirittura contraddittorio dal momento che il mondo mi si svela così nelle mie osservazioni più profonde, e preferisco ispirare più che convincere
un po’ perchè la mia parola riflette pensieri che spesso sono tutt’altro che chiari e lineari (direi che questa è una ridondanza della precedente motivazione )
e un po’ perchè le domande semplici e chiare di solito sono sempre già state poste 😀
infatti mi sono accorto che il mio dilemma era già scritto pure sulla pagina italiana di wiki sulla voce “vita” 😛
“e apre un dilemma: la riproduzione e` una caratteristica essenziale per definire la vita oppure no?
il senso ultimo di questa domanda e` poi se la morte e` oppure no una caratteristica intrinseca della vita, in quanto la riproduzione e` essenziale per il mantenimento della vita giusto perche` individualmente gli esseri vienti muoiono.”
si la domanda fondante è la prima, ma non direi che comporta la seconda: questa si porrebbe solo nel caso in cui si debba per forza di cose far derivare la vita da altra vita precedente.
e in tal caso si dovrebbe concludere che la vita c’è sempre stata, e si ritorna al mio assunto semplificativo che tutto è vivo e lo è sempre stato. certo in forme diverse.
no, non trovo che la riproduzione sia necessaria alla vita.
la vita – e qui intendo la vita comunemente accettata da tutti come tale – può generarsi da processi diversi che non contemplano la riproduzione. la riproduzione è venuta in un secondo momento e non può essere una discriminante nella sua definizione.
a meno che non si voglia forzatamente dare una definizione di vita restrittiva vincolata alla capacità di autoreplicazione, ma lo trovo sciocco e inconsistente. sarebbe una categorizzazione gratuita che non ha senso, non porta a nulla e ci fa chiudere gli occhi di fronte all’evidenza: che la vita non ha origine definita, ma emerge in modo sempre più appariscente come manifestazione di processi man mano più complessi.
l’auto replicazione arriva in un momento in cui certi processi vitali erano già molto evoluti.
categorizzare la vita sarebbe come dire che un essere in un preciso momento è solo uomo, mentre prima di quel momento era solo scimmia. no: anche l’uomo è una scimmia, evolutasi con caratteristiche peculiari man mano sempre più umane.
non esiste un confine in cui qualcosa di inanimato prende di colpo vita.
la vita era vita anche precedentemente all’evoluzione della capacità riproduttiva, intesa nella fattispecie nel processo della replicazione cellulare.
certamente, come avevo accennato nei commenti precedenti, se la vita non ha ancora acquisito la riproduzione, o meglio certe forme efficaci di riproduzione, è molto “debole” e si disgregherà così come in precedenza si era evoluta.
generandosi dai processi più semplici per poi dissolversi tornando ad essere processi più semplici. nascita e morte senza specie, senza discendenza diretta, senza replicazione.
anche la vita su base carbonica agli albori era senza dubbio qualcosa di questo tipo.
era già vita?
dipende sempre dalla definizione che ne diamo. se nella definizione imponiamo che debba essere su base carbonica, evidentemente tutto quello che non lo è non è vita. ma perchè imporlo?
questa è l’accusa che muovo a chi tenta di definire la vita delimitandola gratuitamente in mere categorizzazioni.
anche la splendida definizione generalizzante di schrodinger che avevo già riportato (“un sistema termodinamico aperto, in grado di mantenersi autonomamente in uno stato energetico di disequilibrio stazionario e in grado di dirigere una serie di reazioni chimiche verso la sintesi di sé stesso”) pone dei vincoli, il secondo almeno, che sono inconsistenti.
“in grado di dirigere”: in che modalità? con che tempistiche?
è evidente che un batterio riesce a sintetizzare sè stesso e ne conosciamo i meccanismi.
ma prendiamo solo il primo assunto: se ci troviamo in presenza di un sistema così descritto, ed a distanza di spazio e di tempo ne riconosciamo un altro di simile, come facciamo ad escludere che il primo non abbia in qualche modo (che ancora non conosciamo) “diretto” il secondo?
e poi non mi piace proprio il termine dirigere, che presuppone quasi una volontà, un piano.
un codice, come anticipavo nell’altro commento.
eppure anche il rumore può racchiudere codici che non conosciamo, e qualsiasi interazione fisica può in qualche modo mettere in relazione i due sistemi supposti, che rientrerebbero dunque nella definizione di esseri viventi.
nel rumore ci può essere informazione (codice): sta a noi riconoscerla attraverso i processi mentali di comprensione.
a meno che il rumore non diventi indistinto: il massimo livello di entropia, l’equilibrio termico universale.
[*** mi spingo oltre: infatti l’indistinto premette l’osservazione, e non è detto che ciò che i nostri strumenti di misura ci rilevano come indistinto, sia realmente indistinto.
un cieco non può vedere la luce, eppure la luce esiste.
alla fine della fiera, ma qui mi sono allargato ai confini dell’orizzonte umano, tutto è in ogni caso sottomesso alla misurazione e all’interpretazione, non se ne esce dal gioco di scatole cinesi. ***]
ma torniamo in tema.
“CUT
insomma, possiamo pensare a forme di vita nelle quali la morte individuale sia un fenomeno molto marginale e che siano dunque caratterizzate anche da una stabilita` interna ed esterna, cioe` dell’ambiente, che renda l’evoluzione inutile?
la mia risposta e` si`.”
si, certamente, bisogna considerarlo anche a mio avviso.
condizioni di stabilità certamente rallentano l’evoluzione, e non possiamo non contemplare forme di vita con bioritmi talmente dilatati nel tempo dal non riconoscerle nemmeno come tali.
ma essendo in ogni caso tutto mutevole, si ritorna sempre in ciò che ho scritto sopra.
ci potrebbero essere anche forma di vita incredibilmente longeve che pure si riproducono, oppure che non si riproducono affatto e la cui forma si risolve nella loro nascita e morte individuale.
la durata del processo vitale è ininfluente rispetto alla definizione di ciò che è vita.
“in contesti stabili la vita perderebbe le sue caratteristiche che noi consideriamo intrinseche.
e forse e` per questo che facciamo fatica a trovarla, cioe` a riconoscerla, fuori dal nostro pianeta.
ma allora che cos’e` la vita?
esiste qualcosa di specifico che possiamo chiamare vita?
oppure, in altre parole, quella che chiamiamo vita e` un fenomeno tipicamente ed esclusivamente terrestre?”
ci ritroviamo bene.
si, la definizione che ufficiosamente diamo alla vita è sempre una umana lista di categorizzazioni gratuite.
che nel tempo si sono sempre più generalizzate ed ora cominciano evidentemente a dissolversi.
“CUT
se arriviamo a dire che la vita e` una forma intensificata di entropia che si sviluppa ogni volta che sia possibile, siamo appunto alle soglie di una nuova definizione che puo` abbracciare assieme sia la vita instabile delle forme di pianeti di tipo terrestre, sia la vita che si sviluppa sulle comete sia la vita di oceani coperti da cappe di ghiaccio e molto stabili dal punto di vista ambientale, che e` probabilmente la sede piu` diffusa nell’universo di forme di vita.”
sull’idea di England sei fuori bersaglio.
provo a spiegarla, ripartendo dalla prima parte della formulazione di vita di schrodinger, che leggevo essere uno dei suoi punti di partenza:
“un sistema termodinamico aperto, in grado di mantenersi autonomamente in uno stato energetico di disequilibrio stazionario”
la vita insomma parrebbe di primo acchito andare contro il secondo principio della termodinamica, che sostiene che ogni processo deve aumentare l’entropia del sistema, avvicinandosi man mano sempre più verso l’inesorabile equilibrio termico.
la vita produce un sacco di processi fisici e riesce tuttavia a mantenere stabile il proprio disequilibrio rispetto al mondo esterno.
come ci riesce? chiaramente, ci riesce alimentandosi dell’energia offerta dal sistema esterno, e produce scorie da espellere.
in realtà la vita organica è un veicolo efficacissimo di incremento dell’entropia del sistema totale. perchè, pur mantenendo il proprio disequilibrio interno, utilizza l’energia ad alto potenziale prelevata dal sistema esterno dissipandola ad un potenziale minore sempre nell’ambiente che la circonda e questo lo fa molto meglio dei processi inorganici.
la vita nonostante racchiuda in sè una certa quantità di disequilibrio (mantenendo bassa la propria entropia locale, individuale) nel computo globale dissipa molta più energia e quindi fa tendere più velocemente il sistema complessivo verso l’equilibrio termico
l’idea di England è semplice: sostiene che è proprio la seconda legge della termodinamica la causa che spinge le conformazioni fisiche-molecolari a ricombinarsi verso i composti che massimizzano l’aumento di entropia totale, tra i quali spiccano proprio i composti organici.
ma England pone due fondamentali presupposti perchè questo sia possibile.
l’ambiente in cui si verificano tali processi, chiamiamoli evolutivi, devono avere a disposizione:
– una o più fonti energetiche ad alto potenziale da cui prelevare l’energia di ingresso
– un mezzo fisico che li circonda su cui possono scaricare l’energia depotenziata di uscita, in ultima istanza sotto forma di calore (come ad esempio un’atmosfera, o un mare)
semplificando al massimo, secondo England basta irraggiare di luce una bacinella d’acqua e in tal modo i composti chimici al suo interno tenderanno col tempo, per legge naturale, a ricombinarsi in strutture chimiche che ne ottimizzano la dissipazione, come lo solo quelle della vita organica.
diventa evidente come una cometa ghiacciata nello spazio aperto non presenta tali premesse, ed è esclusa dal ragionamento di England.
in ogni caso le comete restano un ottimo veicolo di propagazione della vita nell’universo, ma di una vita in uno stato biologico con metabolismi bassissimi, quasi disattivati: non avrebbe infatti a disposizione l’energia di ingresso, e non avrebbe nemmeno a disposizione il mezzo fisico per dissiparla.
ma la vita è incredibilmente variegata e composta anche di fasi: ad esempio molti organismi si diffondono attraverso i semi, che non sono individui fatti ma lo sono solo in potenza, se le condizione ambientali ne permettono lo sviluppo.
secondo le definizioni canoniche di vita, il seme sarebbe una entità che non è viva, seppure dal seme possa scaturire la vita.
non ha senso: allora anche l’ovulo fecondato umano non sarebbe vita. l’unica distinzione rispetto ad una pianta è che il seme di quest’ultima si è specializzato nel tempo a rallentare enormemente il proprio metabolismo, e a proteggersi degli agenti esterni potenzialmente letali.
ma quando trova un “utero”, un terreno fertile con acqua e luce, il seme dell’albero si sviluppa in maniera per molti versi analoga ad un cucciolo umano.
“a questo punto la riproduzione sessuale potrebbe essere soltanto un fenomeno locale particolare, evolutosi per condizioni particolarmente ostili, e la riproduzione per semplice divisione essere invece la forma originaria di automantenimento della vita, che esclude l’evoluzione sessuata (come parrebbe del resto anche per le forme di vita piu` antiche ed originarie della Terra).”
la riproduzione sessuata è solo una specializzazione della più generica divisione cellulare, che sia di meiosi/mitosi per gli eucarioti (gli unici eventualmente sessuati) o di scissione per i procarioti.
è evidente che il rimescolamento dei geni della riproduzione sessuata si adatta benissimo agli ambienti diversificati e mutevoli rendendo automatica la variabilità della discendenza, mentre nella riproduzione asessuata il cambiamento è esclusivamente legato alle mutazioni genetiche.
eppure paradossalmente un ambiente fortemente energetico esposto ai raggi cosmici garantisce una grande mutabilità anche alla riproduzione asessuata (compreso parimenti l’alto rischio di sterilizzazione e quindi di estinzione), quando viceversa in un ambiente più protetto come sotto uno strato di ozono o nei fondali marini diventa giocoforza importante la mescolanza genetica della riproduzione sessuata per garantire una sostanziale variabilità alla discendenza.
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eh eh, me la sono cercata: hai scritto un mezzo libro, non un commento; del resto e` quello che cercavo, dato che sono in una fase di ricerca e riflessione e una discussione mi serve per chiarire le sciocchezze che ho certamente scritto.
1. parto dalla principale, e con questo rispondo anche alla tua prima osservazione sul legame riproduzione -morte.
nessun essere vivente puo` mantenersi indefinitamente; quindi il mantenimento della vita sembra presupporre necessariamente una qualche forma di riproduzione.
ma, nel momento stesso nel quale scrivo questa frase, mi rendo conto che e` sbagliata, dato che in determinati contesti, favorevoli alla formazione spontanea della vita, non e` necessario che gli individui si riproducano per perpetuare la vita, dato che l’ambiente rimane in grado di produrne sempre di nuova da se`.
insomma sulla Terra la riproduzione degli esseri viventi e` necessaria perche` le condizioni favorevoli alla formazione della vita sono venute meno.
se la vita e` nata da un brodo primordiale, e il brodo non c’e` piu`.
rimane il fatto che di forme di vita che non si riproducono non abbiamo esperienza.
se la vita e` arrivata dallo spazio, secondo la teoria di Hoyle, che oggi ha sempre piu` credito, la vita e` inziata per qualche evento raro e occasionale, che non era in grado di definire un sistema aperto di generazione spontanea continua della vita (anche se di origine esterna).
1 bis. attenzione: questa potrebbe essere comunque una caratteristica generale comune della vita, che nello stesso tempo circola per l’universo, ma poi si installa su un pianeta soltanto in forma eccezionale, che richiede comunque processi di riproduzione.
1 ter. se la vita proviene dallo spazio, questo potrebbe escludere del tutto dalla vita anche gli ambienti planetari protetti che ho descritto come sedi potenziali ideali di forme di vita che vivono in ambienti particolarmente favorevoli, dato che i materiali di origine interplanetaria non riuscirebbero a penetrarvi e non sappiamo se possano esserci processi spontanei di autoformazione della vita in questi ambienti chiusi.
certamente in essi occorre una condizione ulteriore, cioe` la disponibilita` di qualche forma di energia intrinseca, che non provenga dall’esterno.
in realta` non siamo in grado di rispondere a questo dubbio, se non andando a vedere, ma poi anche una singola esperienza non ce lo risolverebbe.
al momento sappiamo troppo poco sulla vita per dare una risposta.
2. certamente tuttavia siamo in grado di capire che, tra le forme di riproduzione degli esseri viventi, la riproduzione sessuata e` quella necessaria in ambienti altamente instabili.
non sappiamo se poi la vita si sviluppi principalmente in questo tipo di ambienti, oppure no.
tuttavia sappiamo che anche sulla Terra un’ampia parte degli esseri viventi (i batteri) non si riproducono sessualmente, il che basta ad escludere che la riproduzione sessuata sia una caratteristica intrinseca della vita.
anzi le forme di riproduzione asessuata sono ricche e molteplici: https://it.wikipedia.org/wiki/Riproduzione_asessuata.
3. sulle comete penso che tu abbia torto: esse ricevono quantita` enormi di energia ogni volta che si avvicinano al Sole.
basta pensare alla coda che si forma.
quindi periodicamente sono investite da una vera e propria eplosione energetica, che e` certamente quella che favorisce la formazione si sostanze organiche indispensabili per la formazione della vita al carbonio.
ma questo e` solo un dettaglio
4. anche sulle eventuali forme di vita in ambienti planetari iperprotetti credo che tu abbia torto.
sei caduto in una petizione di principio, quando scrivi “per garantire una sostanziale variabilità alla discendenza”.
ma questa variabilita` non sarebbe necessaria in un ambinete stabile e protetto.
ti sei contraddetto, ma e` avvenuto alla fine di un commento lunghissimo, e dunque sei perdonato 🙂
5. se la vita non e` legata alla riproduzione di individui diversi, la vita e` pero` certamente legata alla capacita` di riproduzione almeno dei suoi propri processi.
definizione di Schordinger: “un sistema termodinamico aperto, in grado di mantenersi autonomamente in uno stato energetico di disequilibrio stazionario e in grado di dirigere una serie di reazioni chimiche verso la sintesi di sé stesso”.
qui mi colpisce una cosa: che la vita, vista dall’esterno appare come un centro di dissipazione entropica concentrata, ma vista dal proprio interno appare invece come un sistema che cerca di mantenersi in equilibrio.
quindi mi pare che la vita possa essere definita come una situazione locale che sospende temporaneamente la seconda legge della termodinamica.
la pentola che ha finito di bollire sul fuoco si raffredda, ma la gatta che le circola attorno per rubare qualcosa no: conserva abbastanza a lungo la sua temperatura, in contrasto con le leggi generali della fisica.
mi piacerebbe sentire le tue osservazioni su questa mia nuova definizione della vita (che forse avro` anche letto da qualche parte, ma ora non mi ricordo).
resta da capire il perche` di questa controtendenza rispetto alle leggi della fisica e perche` essa tenda irresistibilmente a manifestarsi.
qui siamo molto lontani dalla comprensione.
e qui mi fermo, cercando una sintesi, perche` questo e` il punto davvero centrale.
vita e` tutto cio` che inverte localmente la freccia dell’entropia secondo processi tendenzialmente stabili.
che ne dici? 🙂
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Ciao!
1. all’inizio ti seguo, poi molto meno.
“insomma sulla Terra la riproduzione degli esseri viventi e` necessaria perche` le condizioni favorevoli alla formazione della vita sono venute meno.
se la vita e` nata da un brodo primordiale, e il brodo non c’e` piu`.”
non direi che è necessaria, semmai al massimo direi che risulta vincente. non sono mica sicuro che si siano perse completamente le condizioni che permettono una formazione spontanea: forme di vita troppo “grezze” potrebbero non essere riconoscibili e certamente sarebbero rare non essendo in grado di autoreplicarsi (ma consideriamo anche la concorrenza attuale della vita evoluta). Ma non è affatto detto che non ci siano possibilità che la vita continui ad emergere anche adesso da qualche parte nel nostro pianeta, in qualche modalità che nemmeno immaginiamo.
Come non è nemmeno detto che sulla terra ci siano mai state queste condizioni, non è un fatto dimostrato. se pure England e molti altri la pensano diversamente.
io francamente non mi sbilancio: che la vita si sia generata spontaneamente sulla terra o altrove la trovo una questione di poco conto. trovo molto più interessante capire come questo sia stato possibile, i processi che hanno portato alle formazioni organiche e quindi alla vita in senso stretto, con capacità riproduttive.
certo è più facile cercare di indovinare il come studiando la nostra casa, piuttosto che studiando altri luoghi semi o del tutto sconosciuti: eppure se la generazione spontanea della vita evoluta fosse avvenuta solo altrove, si rischia un buco nell’acqua studiano solo a casa nostra. bisognerebbe studiare tutte le possibilità.
“rimane il fatto che di forme di vita che non si riproducono non abbiamo esperienza.”
abbiamo esperienza di tante cose, molte delle quali non le facciamo rientrare nella categorizzazione della vita in senso stretto.
ma è ovvio: dal momento che, per essere definito vivo, un organismo deve avere la capacità della replicazione allora non possiamo avere esperienza di nulla di vivo che non sappia anche riprodursi.
“se la vita e` arrivata dallo spazio, secondo la teoria di Hoyle, che oggi ha sempre piu` credito, la vita e` inziata per qualche evento raro e occasionale, che non era in grado di definire un sistema aperto di generazione spontanea continua della vita (anche se di origine esterna).”
il fatto che la vita possa essere giunta esclusivamente dallo spazio, non implica affatto che la sua genesi – in qualunque posto sia avvenuta – debba essere considerata rara. non ne vedo alcun nesso, come non vedo nesso sul fatto che, li dove si è generata, non possa essere (o essere stato) un processo anche ricorrente e comune.
il fatto stesso di pensare alla terra come un pianeta molto particolare, con peculiarità rare da trovare su altri corpi spaziali, potrebbe essere causa del fatto che la vita non si sia generata qui ma bensì altrove (ammesso che sia vero).
e una volta giunta casualmente qui da noi, in forme già parzialmente evolute (supponendola simile a cellule procariote come ad esempio i primi cianobatteri), proprio grazie a queste peculiarità terrestri la vita in seguito è esplosa nelle sue mille forme (favorite anche dalla replicazione sessuale, dopo l’avvento delle cellule eucariote)
1 bis. continuo a non capire perchè ritieni che su di un pianeta, sulla terra ad esempio (che è l’unico esempio d’altronde ), la vita debba richiedere _per forza_ processi di riproduzione. vedi punto sopra.
ripeto: sono convinto che la riproduzione sia l’asso nella manica, ma non è l’unica carta.
comunque si: in un ambiente dinamico e variabile di un pianeta come la terra, la riproduzione in generale e la riproduzione sessuata in particolare permettono alla vita di acquisire un vantaggio incommensurabile rispetto ad altre ipotetiche forme prive di tali capacità.
viceversa nei sistemi più stazionari e meno energetici la vita ha meno possibilità di “alimentarsi” per garantirsi livelli elevati di metabolismo.
diminuendo il metabolismo si può allungare la durata della vita. la riproduzione risulta energeticamente molto difficile perchè tutti i processi vitali sono ridotti ai minimi termini, ma così anche la concorrenza si riduce a zero, e la stabilità dell’ambiente esterno minimizza i pericoli.
in situazioni di questo tipo l’evoluzione, che sulla terra si manifesta attraverso le specie e dunque con la riproduzione, potrebbe invece manifestarsi nel tempo su di uno stesso organismo che non muore (quasi) mai, ma che muta esso stesso, molto molto lentamente.
1 ter. si qui ti seguo, specie sulla seconda parte.
2. “certamente tuttavia siamo in grado di capire che, tra le forme di riproduzione degli esseri viventi, la riproduzione sessuata e` quella necessaria in ambienti altamente instabili.”
qui ti rispondo con un secco no.
non è necessaria, per nulla. può essere favorevole in taluni casi, al massimo.
la vita sulla terra per i primi miliardi di anni è stata per quel che ne sappiamo solo asessuata, e prospera.
e tutt’ora resta estremamente prospera, nonostante la proliferazione dei successivi eucarioti con la loro riproduzione (anche) sessuata.
“tuttavia sappiamo che anche sulla Terra un’ampia parte degli esseri viventi (i batteri) non si riproducono sessualmente, il che basta ad escludere che la riproduzione sessuata sia una caratteristica intrinseca della vita.
anzi le forme di riproduzione asessuata sono ricche e molteplici: https://it.wikipedia.org/wiki/Riproduzione_asessuata.”
ecco, appunto.
pensa che secondo certe stime, se condensassimo tutti i batteri di questo pianeta sulla sua superficie, avremmo 3 metri di vita asessuata che ricopre interamente il globo.
ricordando che le cellule procariote sono essenziali anche per la vita eucariota, e vivono spesso in simbiosi i primi all’interno dei secondi.
è probabile che la genesi stessa delle cellule eucariote sia data dalla fusione di procarioti con altre strutture molecolari più o meno organiche.
no, la sessualità è caratteristica solo di forme già incredibilmente evolute di vita 🙂
3. su questo hai ragione, ed è un bello spunto tutt’altro che un dettaglio!
le comete se pur per la maggior parte del tempo sembrerebbero corpi per lo più inerti e privi di considerevoli fonti energetiche, in quei lassi di tempo in cui si avvicinano alle stelle diventano incredibilmente instabili, ricche di energia e di processi chimico fisici.
proprio questa alternanza tra lunga stabilità e breve instabilità potrebbe essere una chiave nella genesi spontanea della vita nell’universo, rispetto ai più canonici pianeti o satelliti.
4. ti darei ragione se avessi parlato di ambienti “iperprotetti”, ma non intendevo proprio questo! ho parlato solo di “più protetti”.
l’ambiente iperprotetto di cui tu parli potrebbe essere il nucleo di una cometa, nei periodi in cui staziona ben distante da qualsiasi corpo energetico.
il mare terrestre e ben che meno la sua atmosfera sono ben lungi dall’essere ambienti iperprotetti 😉
offrono protezione da alcune fonti altamente energetiche come i raggi cosmici, ma non proteggono certo da eruzioni, uragani, terremoti, meteoriti e chi più ne ha più ne metta! in questo senso intendevo dire che la vita sessuata, con la variabilità che comporta, può risultare una carta vincente per adattarsi alla mutabilità dell’habitat.
non ti nego comunque che il termine “fondali marini” non è stato azzeccato, richiama in effetti anche alle profondità marine quando in realtà io immaginavo fondali poco profondi, come l’habitat delle barriere coralline (non a caso le primissime forme di vita sono prosperate in questi contesti: abbastanza riparati dall’acqua ma anche abbastanza vicini alla superficie per catturare la radiazione solare)
5. “se la vita non e` legata alla riproduzione di individui diversi, la vita e` pero` certamente legata alla capacita` di riproduzione almeno dei suoi propri processi.”
sono d’accordo solo in parte. toglierei il certamente.
diciamo che una forma di vita distinguibile si deve caratterizzare da qualche processo peculiare, altrimenti non potremmo riconoscere alcuna individualità.
in questo senso ti do ragione: un essere vivente nel corso della sua esistenza tende a ripetere questi suoi processi peculiari.
però è anche vero che questi processi nel tempo potrebbero anche mutare, e la vita dunque potrebbe evolvere in qualcosa di differente rispetto a prima.
per il resto direi che sono abbastanza d’accordo, a parte qui:
“resta da capire il perche` di questa controtendenza rispetto alle leggi della fisica e perche` essa tenda irresistibilmente a manifestarsi.”
la comprensione di questa “controtendenza” c’è già, si svela il mistero guardando appunto il sistema nel suo complesso e non solo localmente.
la legge termodinamica infatti vale per l’insieme chiuso, ossia per tutto l’universo.
il contrasto è solo apparente, un abbaglio.
“vita e` tutto cio` che inverte localmente la freccia dell’entropia secondo processi tendenzialmente stabili.”
questa definizione mi piace ma è incompleta. la riformulerei così:
vita e` tutto cio` che inverte localmente la freccia dell’entropia secondo processi tendenzialmente stabili, ma globalmente la accelera nel senso previsto dalla seconda legge della termodinamica.
certo la tua, pur incompleta, è molto più bella 😀
ciao
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PS:
dimenticavo uno spunto, che mi sono scordato di scrivere prima.
il metodo su cui potremmo avere progressi notevoli in queste riflessioni, mi ci gioco le palle, sarà la simulazione e non l’osservazione diretta.
programmando le leggi fisiche conosciute su potentissimi elaboratori, e facendole girare per un tempo sufficientemente lungo, potremmo “verificare” nell’evolversi del sistema se effettivamente la materia tende a conformarsi in certa composizioni interessanti, e in quali ambienti.
e non serve la precisione: potrebbe bastare anche un buon grado di approssimazione.
una volta identificati nella simulazione tali “suggerimenti”, allora potremmo indagare selettivamente, con l’osservazione diretta, ambienti e sostanze con caratteristiche analoghe.
certo l’impossibilità attuale di avere una teoria del tutto che unisca la meccanica quantistica con la gravità potrebbe rivelarsi un ostacolo di non poco conto.
ma non è detto comunque che si possano ottenere risultati interessanti anche senza l’adozione di una programmazione (apparentemente) perfetta nella riproduzione delle leggi naturali.
adottare approssimazioni potrebbe portare a divergenze esponenziali come a convergenze logaritmiche.
dipende da cosa si sta studiando.
PPS: e si, riagganciandosi all’AI, una “simulazione universale” potrebbe in linea teorica riprodurre una vita virtuale.
in cosa si distinguerebbe dalla vita reale? 🙂
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discussione molto faticosa, che si muove anche tra fraintendimenti e oscurita` da entrambe le parti, ma molto affascinante.
provo a rifare il punto, ma prima vorrei fare un’osservazione:
non vorrei essere letto frase per frase: si rischia di perdere il filo complessivo; a volte anche le singole frasi vanno interpretate alla luce del pensiero d’insieme, perche` lette da sole possono risultare ambigue o poco chiare.
1a. “non sono mica sicuro che si siano perse completamente le condizioni che permettono una formazione spontanea”.
osservazione bocciata senza remissione: non nego che possa astrattamente avere qualche fondamento, ma non abbiamo nessuna esperienza di generazione spontanea di forme di vita attuali.
siccome il nostro vorrebbe essere un discorso scientifico, ne parleremo soltanto quando ne avremo esperienza.
questo tipo di considerazioni un po` troppo new age fanno solo confusione ed allontanano da ogni capacita` di comprensione razionale.
1b. “non è nemmeno detto che sulla terra ci siano mai state queste condizioni”.
assolutamente d’accordo, invece: era infatti l’ipotesi classica, ma la successiva ipotesi di Hoyle della vita germinata nello spazio ed arrivata sulla terra e` molto piu` convincente.
come del resto scrivevo gia`.
quindi direi che la tua osservazione qui rende esplicito un presupposto implicito del mio discorso.
1c. altro dissenso netto: “che la vita si sia generata spontaneamente sulla terra o altrove la trovo una questione di poco conto”, scrivi.
e` invece una questione fondamentale dal mio punto di vista.
se la vita e` nata sul nostro pianeta, potrebbe essere u n unicum nell’universo.
se la vita e` arrivata sulla Terra portata dalle comete, allora la vita e` diffusa in tutto l’universo o almeno in una parte importante della nostra galassia.
non e` una questione di poco conto, per interpretare che cos’e` la vita, anzi e` centrale.
io propendo logicamente per la seconda ipotesi naturalmente, che e` poi quella che ci porta a dire che la vita e` una manifestazione locale di rovesciamento della freccia dell’entropia, o almeno di rallentamento della sua velocita`.
1d. “si rischia un buco nell’acqua studiano solo a casa nostra”.
d’accordo.
1e. critica tua a questa frase mia: “se la vita e` arrivata dallo spazio, secondo la teoria di Hoyle, che oggi ha sempre piu` credito, la vita e` inziata per qualche evento raro e occasionale”.
mi e` rimasto nella penna “sulla Terra”, mea culpa.
quindi la tua critica e` giustificata.
tuttavia il bombardamento cometario del pianeta Terra, anche considerandolo molto piu` intenso nella fase iniziale, molto instabile, della formazione del sistema solare, ecco non credo che fosse cosa di tutti i giorni.
e anche considerando la scala dei tempi geologici, che lo rende molto piu` significativo, questa scala temporale e` molto diversa da quella biologica.
consideriamo inoltre la distribuzione sulla superficie terrestre.
e infine che, se la vita sulla Terra fosse stata portata da eventi diversi, probabilmente avremmo anche tipologie di esseri vienti strutturalmente molto differenziate fra loro.
insomma, sempre senza nessuna certezza, propendo per l’idea che non ci fosse nella fase iniziale di formazione della vita sulla Terra una formazione di nuove fome di vita non dico ogni giorno ne` ogni anno, ma neppure ogni secolo.
1f. totalmente d’accordo, invece, con l’affermazio che, se la vita viene dallo spazio, la sua formazione nello spazio dovrebbe essere (relativamente) comune: non intendevo negarlo.
e d’accordo anche sulla tua conclusione delle osservazioni al punto 1, che arricchiscono in termini piu` precisi quel che intendevo dire.
1 bis. hai fatto la domanda, ma mi pare che ti sei risposto, molto bene, da solo 🙂
la riproduzione accelerata ed esasperata che vediamo sulla Terra potrebbe essere una caratteristica legata alla sua scarsa attitudine ad ospitare la vita.
ma la riproduzione sessuata non appare una caratteristica generale e universale della vita.
mi pare che su questo siamo perfettamente d’accordo.
2a. rifletto sul tuo secco no iniziale, mi dai da pensare e formuli obiezioni importanti e fondate sui fatti.
pero` allora devi anche darmi qualche spiegazione del motivo per cui sulla Terra non sono rimaste forme di vita semplici, capaci di riprodursi in forma asessuata, come i batteri.
butto li` un’ipotesi avventurosa: forse i batteri per svilupparsi ulteriormente avevano bisogno di “inventarsi” organismi piu` complessi da colonizzare?
ma la mia e` poco piu` di una battuta.
tuttavia occorre allora spiuegare perche` in un pianeta che avrebbe potuto tranquillamente continuare ad essere abitato da batteri sono nate forme piu` complesse.
la nostra capacita` di capire che cosa e` davvero la vita e` legata alla capacita` di sapere rispondere a questa domanda, mi pare.
2b. d’accordo sul resto del punto.
3. arricchimento interessante dello spunto iniziale.
4. mi pare che ci siamo chiariti in maniera soddisfacente
5. abbastanza d’accordo, pero` resto legato alla mia idea che una evoluzione stabile delle forme di vita debba essere legata a trasformazioni dell’ambiente; altrimenti avremmo soltanto mutazioni casuali che dovrebbe compensaris fra loro statisticamente.
(senza escludere del tutto comunque il ruolo del puro caso, lo ammetto)
ma su un punto non capisci proprio la mia osservazione: la controtendenza locale rispetto all’entropia e` possibile, certamente, come dici giustamente.
ma basta questo a spiegare perche` si manifesta?
ti rispondo qui, approfondendo:
basta certamente all’interno del principio antropico.
cioe` possiamo pensare ad infiniti universi potenziali sovrapposti: soltanto in alcuni si manifesta, casualmente.
e sono questi che attraverso l’evoluzione di forme complesse diventano consapevoli di se stessi, e dunque esistono.
(a volte mi dimentico, discutendo, della mia stessa filosofia, ahhah).
ovviamente questa interpretazione ci libererebbe una volta per tutte dal problema dei diversi perche` che ci ha tormentato anche sopra.
ma proprio perche` il principio antropico e` soltanto una ipotesi filosofica, allora abbiamo il dovere di esplorare bene se riusciamo a trovare dei perche` specifici.
se poi non ne troviamo mai nessuno, allora alla fine avremo dei fortissimi indizi che la spiegazione detta sopra (quella legata al principio antropico) sia quella giusta.
e avremmo per la prima volta una filosofica fondata anche sperimentalmente!!! 🙂
la tua integrazione alla mia definizione della vita-antientropia non e` sbagliata, ma un tantino superflua, dato che sta a monte della definizione come presupposto.
per questo la mia definizione e` piu` bella, come gentilmente dici (grazie!): elimina una ridondanza.
PS: osservazione bellissima: applausi!
solo non mi e` molto chiaro il rapporto con la teoria del tutto che ci manca
(ti confesso che sento sempre piu` decisamente, ma purtroppo sempre molto confusamente, che la mancanza di una teoria del tutto e` dovuta al fatto che la teoria della relativita` di Einstein e` sbagliata.
pare che lo abbia detto anche una donna straordinaria, una scienziata con QI 220, che ha aggiunto di non essere in grado di spiegarlo, pero`, a intelligenze comuni; ho cercato invano in internet di rintracciarla, ma non ci sono riuscito).
PPS; ottima anche questa.
ma mi fermo sull’orlo di un oceano sterminato.
e semmai ti aspetto per osservazioni simili sul mio post sulla realta` virtuale. 😉
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ciao!
1a. comprendo quello che dici ma io ragiono in modo diverso da te su questo. il fatto di non avere esperienza diretta di qualcosa non significa al 100% che non esista.
mi avessi detto che le probabilità sono veramente molto basse, allora concorderei con te. è molto probabile che non ci siano queste condizioni oggi, ma non è certo.
io parto dal principio che non c’è nulla di assolutamente certo 🙂
ma in fin dei conti questa considerazione è meno importante della successiva: il punto è che non ci può essere convergenza d’opinione senza avere una definizione comune di vita. se io parlo di un tipo di vita, tutt’altro che canonico, e tu parli della vita conosciuta è evidente che non ci intendiamo.
se mi dici che non ci sono le condizioni di autogenerazione di una vita _complessa_ come quella dei batteri già dotati di autoreplicazione, sarei propenso ad appoggiarti.
ma io parlo di una vita ben più primitiva, del passaggio precedente della storia evolutiva che la scienza sta tentando di identificare strutturalmente (e processualmente) e che, canonicamente, non viene associato alla vita.
di questa “vita” dico che potrebbero esserci condizioni per una generazione spontanea forse anche sulla terra. poi, che esista in qualche forma e luogo nell’universo, di questo sono convinto.
nessuno crede all’ipotesi di un salto dalle conformazioni molecolari organiche che non manifestano ripetizioni processuali (riprendo il tuo concetto, che mi piace molto) direttamente a forme vitali ben definite e capaci di autoreplicarsi in modo già incredibilmente efficace.
ci devono essere passaggi intermedi e questo qualcosa di intermedio sulla terra – semmai sia o sia stato presente – deve avere avuto una “vita difficile”, prima di riuscire ad acquisire la capacità di replicarsi in modo sistematico.
ad esempio si fanno ipotesi sul mondo a RNA (o sul più recente sul mondo a IPA), sull’autocatalisi, sul mondo a lipidi etc etc
https://it.wikipedia.org/wiki/Origine_della_vita
1b. a mio avviso ciò che rende molto convincente l’ipotesi di Hoyle, più che le condizioni particolari della terra (che potrebbero essere uno svantaggio o un vantaggio dal momento che non abbiamo idea, ripeto, di quali siano state le tappe evolutive che hanno portato alla vita quale noi la conosciamo) è la semplicissima considerazione che lo spazio è immenso: trovo più probabile che, SE l’emersione della vita in forme evolutivamente complesse è un evento raro, sia assai più probabile che sia capitato in uno dei miliardi di miliardi di miliardi corpi celesti attorno a noi piuttosto che proprio nel nostro pianeta.
come trovo assai convincente il fatto che la terra abbia specifiche caratteristiche, rare, per far si che la vita complessa possa prosperare.
1c. il fatto che la _nostra_ vita sia nata nel nostro pianeta, non implica che altre forme di vita con capacità riproduttive non possano essersi generate anche in altri posti, più o meno ai confini del cosmo.
e di questo ne ho una puerile certezza: c’è veramente troppo, troppo spazio lì fuori per avere la pretesa che il nostro sia così speciale, solo perchè evidentemente ci siamo noi ad osservarlo.
do per scontato che ci sia vita anche altrove, qualsiasi sia la sua forma processuale, indipendentemente dal fatto che la nostra si sia o meno generata sul nostro pianeta.
1e. ho trovato interessante dare una letta a questa pagina di wiki italiana, che oltre a illustrare le varie fasi del nostro pianeta dalle origini fa anche un parallelo con l’evoluzione della vita:
https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_della_Terra
meritevole di una letta anche questo, che entra più nel dettaglio del primo periodo adeano con la formazione della crosta:
https://it.wikipedia.org/wiki/Intenso_bombardamento_tardivo
da cui prendo un interessante estratto:
“L’LHB e la rifusione della crosta terrestre suggeriscono un limite temporale entro il quale tutto questo sia accaduto: la vita sarebbe nata immediatamente dopo l’LHB, o più probabilmente gli sarebbe sopravvissuta, dopo essere nata durante l’Adeano. Studi recenti indicherebbero che le rocce scoperte da Schidlowski si sono formate nella parte più vecchia dell’intervallo di età possibili, circa 3,85 miliardi di anni[12]. I risultati di Schidlowski sono ancora al centro dei più animati dibattiti. Più recentemente, uno studio simile condotto sulle rocce rinvenute sulle Jack Hills ha mostrato tracce dello stesso tipo di indicatore di una possibile origine organica.
Thorsten Geisler dell’Istituto di Mineralogia dell’Università di Münster, ha studiato le tracce di carbonio incluse in piccoli pezzi di diamante e grafite presenti all’interno di cristalli di zircone vecchi di 4,25 miliardi di anni: ha trovato che il rapporto carbonio-12/carbonio-13 era inusualmente alto, un’alterazione generalmente considerata come una manipolazione da parte della vita[13]. Modelli tridimensionali sviluppati al computer nel maggio 2009 da un gruppo di ricerca dell’Università del Colorado a Boulder, permettono di ritenere che una buona parte della crosta terrestre e i microbi che vi vivevano sopra, possa essere sopravvissuta all’LHB. Questi modelli suggeriscono che anche se la superficie della Terra è stata sterilizzata, le sorgenti idrotermali sotto la sua superficie potrebbero aver fatto sopravvivere la vita fornendo un santuario per gli organismi termofili[14].”
insomma nonostante le prime evidenze lapalissiane della vita siano databili da circa 1 miliardo e mezzo di anni dopo la nascita della terra, sembra sempre più probabile che ci fosse vita già solo dopo pochi milioni di anni, quando la terra era ancora quasi una palla di semi lava, nulla di comparabile con il pianeta attuale e al tempo stesso nulla di così diverso dalla genesi degli altri pianeti interni, come venere o marte (ad eccezion fatta per il probabile cataclisma che generò la nostra Luna)
se la vita in senso stretto, sotto forma di batteri autoreplicanti estremofili, era già presente fin dai primordi della nascita del sistema solare sopravvivendo a catastrofi di ogni tipo (facendo presente che l’accorpamento della maggior parte di massa dagli innumerevoli planetesimi ai pianeti attuali pare essere durato solo poche decine di migliaia di anni), verrebbe quasi da pensare, per quanto incredibile, che la vita potrebbe essere stata addirittura preesistente all’accrescimento dei protopianeti. sembra folle, ma è un’altra ipotesi che non escluderei a priori.
in tal caso la vita sarebbe extraterrestre e terrestre al tempo stesso 🙂
2a. qui proprio non ti seguo.
“pero` allora devi anche darmi qualche spiegazione del motivo per cui sulla Terra non sono rimaste forme di vita semplici, capaci di riprodursi in forma asessuata, come i batteri.”
la terra attualmente è sovraffollata di batteri (asessuati), in ogni dove
*perplesso*
cosa intendi dire?
l’ipotesi successiva che fai non mi pare avventurosa, semmai quasi scontata: per poter incrementare le proprie funzionalità un struttura semplice deve per forza di cose diventare più complessa.
sul perchè non siano rimaste solo strutture semplici, direi altrettanto semplicemente perchè c’era spazio a sufficienza per la proliferazione di quelle strutture più complesse con maggiori funzionalità utili, evolutesi tramite selezione naturale.
la teoria darwiniana qui calza a pennello: la vita conosciuta si fonda sulla mutazione e sulla mutualità (ecco, forse, due caratteristiche intrinseche della vita!) un organismo semplice nel tempo può cambiare e può associarsi ad altri organismi, casualmente. se l’ambiente favorisce tale cambiamento, la nuova forma di vita sopravvive altrimenti muore. se, oltre a sopravvivere, ha sviluppato la capacità di replicarsi allora può anche arrivare a prosperare.
negli organismi mutuali, la replicazione è specifica delle sue parti: ad esempio in una cellula animale i mitocondri presenti al suo interno si replicano autonomamente, ed hanno un proprio dna diverso dal resto della cellula.
la domanda essenziale secondo me non è come i primi corpuscoli vitali si siano associati in “colonie” svolgendo funzioni mutualmente favorevoli e sempre più complesse, ma come la materia abbia potuto cominciare a replicare sè stessa.
certamente la scissione, tipica ad esempio dei batteri (ma anche di alcuni animali di dimensioni considerevoli) che si basa già sulla presenza del DNA, è una capacità acquisita già molto evoluta.
e riguarda tutta la vita conosciuta, ad esclusione dei virus che si basano sull’RNA (ma che da pochi vengono considerati come organismi viventi a tutti gli effetti) (***)
ma ne avevo già parlato sopra delle ipotesi sulle tappe che precedono la vita conosciuta.
(***) [a ben pensarci i virus non li vedo così dissimili a dei “semi”, da questo punto di vista: entrambi hanno un metabolismo trascurabile, sono portatori di codice e si attivano solo in presenza di una ambiente favorevole.
la differenza è che il seme sviluppa un nuovo organismo a partire dall’ambiente inorganico mentre il virus altera le funzionalità di un organismo già esistente, “nutrendosi dell’ambiente” per replicarsi.]
5. “la controtendenza locale rispetto all’entropia e` possibile, certamente, come dici giustamente.
ma basta questo a spiegare perche` si manifesta?”
guarda che io non sostengo che basti a spiegarlo. quella è l’ipotesi di England 🙂
tutta da dimostrare!
astraendo il concetto: un sistema semplice fa un compito ed un altro sistema più complesso lo fa meglio. c’è una legge che dice che tra i due sistemi quello complesso domina su quello semplice, perchè svolge meglio il compito (l’aumento dell’entropia).
questo certo non basta a spiegare come faccia il sistema semplice a evolversi in quello complesso.
per quanto riguarda gli universi infiniti, non ricordo dove ma leggevo che uno studioso era arrivato alla conclusione che solo nell’ipotesi del multiverso ci sarebbero potute essere sufficienti probabilità affinchè la vita si sviluppasse sulla terra.
sulla teoria del tutto, intendevo semplicemente che per programmare una simulazione servono leggi coerenti e computabili: la relatività generale non è coerente con la quantistica, e non è nemmeno computabile dal momento che prevede le singolarità, oltre al fatto che è dannatamente complessa anche a livello di calcolo numerico.
ma forse una simulazione basata solo sul modello standard potrebbe bastare ad ottenere buoni risultati 🙂
lo fanno già, figurati, solo che manca un cicinin di potenza elaborativa ancora eheh
sulla notizia che mi dai di quella donna non ne sapevo nulla e ne sono incuriosito! ho cercato qualcosa, ma pare che nessun essere umano abbia avuto un QI tanto elevato, forse Leonardo 🙂
sicuro di non sbagliarti? mi sa un poco di bufala, scritta così, ma so che non sarebbe da te cascarci.
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bellissimo commento.
parto dal fondo, perche` mi sto rendendo conto che abbiamo condotto una discussione che dal particolare si e` via via allargata al generale, e forse adesso la discussione diventa piu` chiara se seguiamo il metodo opposto.
ma prima di tutto un argomento fuori sacco: mi hai stimolato a fare qualche ricerca sui QI e sono approdato qui: http://www.linkiesta.it/it/article/2012/10/24/un-ingegnere-italiano-tra-i-20-uomini-con-il-qi-piu-alto-al-mondo/9949/
non trovo traccia di questa donna (e trovo anche un QI di Einstein piu` basso di quello che ricordavo: credevo 170 e invece era 160, pare: dunque meno di un terzo di quello che gli attribuivo).
o questa donna, di cui avevo letto sulla stampa (ma non chiedermi quale) e` morta – come quel giovanissimo genio assoluto della fisica dal QI altissimo, che si e` suicidato mi pare a 13 anni – oppure mi sbaglio in un dettaglio, visto che ricordo che fosse slava, oltre che fisica.
e in questo elenco trovo invece un fisico slavo: Mislav Predavec.
forse ho tradotto Mislav in Misla e l’ho memorizzato come se fosse una donna?
il suo QI peraltro e` 192 (o 191 o 190) e non 220.
pero` trovo moltissime notizie su questo, ma non sulle sue teorie fisiche…
magari tu sei piu` scafato di me e ci arrivi.
.
veniamo al resto:
– sulla teoria del tutto: ok!
– per quanto riguarda gli universi infiniti, concordo completamente, anzi metto da parte mentalmente l’argomento:
ho condotto io stesso una volta un calcolo molto empirico ed approssimativo di alcune variabili in gioco e sono arrivato ad una probabilita` di gran lunga inferiore ad 1, che la vita di tipo umano si sviluppi su un pianeta identico alla Terra.
a proposito: sugli universi paralleli mi sono appena riletto un mio post di 10 anni fa, che mi ero completamente dimenticato: te lo segnalo:
https://corpus0blog.wordpress.com/2016/06/11/463-la-bolla-di-sapone-della-realta-11-giugno-2006-cor-pus-254/
anzi, sarei curioso di sapere come e` andata a finire quella teoria…
– sul punto fondamentale di tutta questa discussione non riusciamo proprio ad intenderci!
tu continui ad affermare che il “compito” degli organismi viventi sarebbe l’aumento dell’entropia.
e` una visione finalistica senza basi oggettive.
io continuo a pensare, invece, che l’aumento dell’entropia sia la risposta a una o piu` modifiche dell’ambiente, per tentare si sopravvivere.
in questo mi sento darwiniano ortodosso, mentre direi che tu hai una visione che definirei alla Teilhard de Chardin, piuttosto… :), cioe` di evoluzionismo cristiano… 🙂 🙂 🙂
ma non c’è proprio nessuna legge scientifica che dice che tra i due sistemi quello complesso domina su quello semplice, perchè svolge meglio il compito (l’aumento dell’entropia)!
anzi, semmai e` vero il contrario: il sistema piu` semplice e` anche il piu` facile e non puo` esistere nessuna legge intrinseca che lo costringa a complicarsi sempre di piu`, diventando via via MENO efficiente, se non appunto la necessita` di scamaprla.
e con questo siamo arrivati al punto 5, centrale…
5 un conto e` dire che determinate sostanze che si creano naturalmente nell’universo tendono spontaneamente a reagire tra loro e a creare forme viventi, cioe` auto-replicanti, che rallentano o addirittura invertono la freccia dell’entropia su scala spazio-temporale locale, un conto e` poi dare una spiegazione del perche` queste forme tendano a diventare via via piu` complesse.
insomma, quale e` il motore dell’evoluzione?
il puro principio probabilistico non basta a spiegarla, perche` a partire da forme relativamente semplici possono certamente formarsi, per pura variazione casuale, forme piu` complesse, ma questo non basta a spiegare perche` queste si affermino.
e dire che le forme piu` complesse sono piu` efficienti e` semplicemente contro-intuitivo.
continuo a pensare che il motore dell’evoluzione sia l’adattamento e che, se l’ambiente fosse assurdamente assolutamente stabile, neppure ci sarebbe evoluzione, e dunque neppure riproduzione sessuata e morte individuale,
5 bis. possiamo usare invece il principio antropico per spiegarla?
cioe` tra gli infiniti universi possibili noi viviamo appunto in quello che funziona cosi`?
ma questa non e` una spiegazione scientifica!
anche accettandola, noi poi dobbiamo trovare la legge scientifica che realizza in questo universo il principio antropico, indipendentemente dal principio antropico stesso, che altrimenti diventerebbe una tautologia!
2a i virus palesemente non possono essere i semi della vita, almeno nella loro forma attuale, visto che funzionano soltanto come “parassiti” degli organismi viventi.
hai ragione a dire che non mi segui in questa frase:
“pero` allora devi anche darmi qualche spiegazione del motivo per cui sulla Terra non sono rimaste forme di vita semplici, capaci di riprodursi in forma asessuata, come i batteri.”
dovevo scriverla in modo piu` chiaro: “pero` allora devi anche darmi qualche spiegazione del motivo per cui sulla Terra non sono rimaste SOLTANTO forme di vita semplici, capaci di riprodursi in forma asessuata, come i batteri.”.
ci stiamo entrambi rompendo la testa attorno a questo punto, ed e` dura ammettere che non abbiamo risposta del tutto soddisfacente!
1e ottimo lavoro di approfondimento e integrazione
1c totalmente d’accordo, anche se non sappiamo con certezza se la vita sia nata sulla Terra o vi sia arrivata dall’esterno
1b anche qui sono d’accordo
1a scrivi: Il fatto di non avere esperienza diretta di qualcosa non significa al 100% che non esista.
sono perfettamente d’accordo anche su questo, ma non e` questo il punto.
il fatto e` che di cio` di cui non possiamo avere esperienza – diretta (o anche indiretta) – non possiamo parlare scientificamente.
Wittgenstein: Di cio` di cui non si puo` parlare, si deve tacere.
occorre ammettere che la conoscenza scientifica e` molto parziale in se stessa e non puo` essere una teoria del tutto.
– grazie di nuovo di questa bella discussione, che vedo crescere positivamente.
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comprendo più chiaramente quello che intendi per principio antropico, mi pare.
perchè sulla terra non sono rimasti solo organismi semplici, ma si è verificata invece un’evoluzione che ci ha portati a questo punto?
se studiassimo la terra di 1 miliardo di anni di età e non quella attuale di 4,5 miliardi, la domanda non si porrebbe affatto in quanto gli organismi più complessi – come quelli che si riproducono in forma sessuata – allora non esistevano (almeno dalle evidenze scientifiche di cui disponiamo).
ma se forme capaci di indagine critica (come la nostra) impongono giocoforza un certo livello di complessità del soggetto operante, allora per porsi la domanda è chiaro che la vita complessa debba già essere emersa.
questo non spiega, scientificamente, i meccanismi e le strade attraverso cui essa si sia sviluppata.
ad ogni modo svariate teorie scientifiche, di cui in parte abbiamo già parlato, pongono diversi suggerimenti più o meno convincenti su come potrebbe essersi verificata nei fatti l’evoluzione.
sia per quanto riguarda le prime strutture chimiche replicanti, essenziali ma ancora ai margini della vita riconosciuta, sia per quanto riguarda le successive modificazioni che hanno trasformato la vita organica più semplice in altre forme sempre più complesse.
le risposte scientifiche le abbiamo già viste, almeno per quanto riguarda nello specifico il secondo step evolutivo: per mutazione e mutualità, casualmente adattatesi all’ambiente circostante che ne ha favorito la proliferazione. mutazioni e mutualità che, tuttavia, non devono contraddire le leggi conosciute della fisica, della chimica e della biologia.
sono risposte valide? difficile a dirsi. presupponendo che debbano reggere a livello teorico, poi dovrebbero anche prestarsi ad un qualche tipo di simulazione. hai voglia a simulare un’evoluzione casuale nel mondo reale. e ritorniamo dunque, come punto di indagine potenzialmente vincente, alla simulazione virtuale.
simulazione virtuale in ogni caso legata alle teorie basilari (principi della programmazione logica del calcolatore, che potrebbero differire dalla fisica effettiva): ma se dalla teoria potessimo riscontrare un risultato che poi si riesca replicare anche nel mondo reale, avremmo allora una doppia risposta.
verificheremmo sia la fattibilità di un certo meccanismo evolutivo, sia confermeremmo la validità delle leggi teoriche basilari.
saranno le uniche effettivamente valide oppure ci possono essere strade diverse, magari partendo da fisiche diversi?
anche a questo si potrebbe dare risposta, nel caso in un futuro si riescano a programmare altre simulazioni con modelli fisici differenti (realistici), che portino a risultati replicabili nel mondo reale.
si dissolverebbero le “certezze” su quali siano le leggi della fisica più valide, invece avremmo la “certezza” che possano aver luogo evoluzioni diverse da cui scaturiscono medesimi risultati.
in tal modo avremmo anche la certezza di non poter mai scoprire una strada processuale di riferimento che ci abbia portato qui ed ora, nella forma che ci contraddistingue (in base al nostro intelletto ed osservazione).
Scrivi:
“continuo a pensare che il motore dell’evoluzione sia l’adattamento e che, se l’ambiente fosse assurdamente assolutamente stabile, neppure ci sarebbe evoluzione, e dunque neppure riproduzione sessuata e morte individuale”
sono sicuro di questo, ti appoggio.
ma sono altrettanto certo che non esiste nulla, in questo universo, che si possa definire come assolutamente stabile: “tutto scorre”. in special modo se ci astraiamo dall’orizzonte temporale e spaziale prettamente umani.
qualcosa che, ai nostri occhi, può apparirci come “assurdamente assolutamente stabile”, non lo sarebbe più cambiando prospettiva di osservazione.
per questo ritengo che l’evoluzione non solo è sempre possibile, ma è una caratteristica intrinseca dell’universo reale quale noi lo conosciamo. ogni parzialità del reale muta, e mutando si afferma nelle modalità – locali – che meglio si adattano all’ambiente circostante.
e questo vale anche sondando sia l’infinitesimamente grande che l’infinitesimamente piccolo.
qui non parlo dell’evoluzione che porta alla “coscienza”, ma ad una qualsiasi evoluzione fisica della materia-energia presente nell’universo, che può manifestarsi in qualsiasi forma e modalità processuale.
dal ciclo di una stella, alla pressione del vento in un’atmosfera planetaria, alle impercettibili composizioni chimiche che interagiscono con altri elementi, fino all’interazione dei quanti.
tra tutte queste interazioni ce ne sono di peculiari che si svelano come coscienti: non solo interagiscono con l’universo circostante ma sviluppano di esso percezione e comprensione, interagendo di conseguenza.
e allora mi domando: quale sarebbe il limite di complessità che divide tra materia con coscienza e materia che ne è priva?
materia inerte non esiste: tutto interagisce e muta in accordo col sistema complessivo.
dunque quando è che la materia acquisisce proprietà di percezione e comprensione?
nella forma di vita classica la percezione è fornita dagli apparati sensoriali e la comprensione dal cervello “intelligente” che li elabora.
eppure sensi e cervello sono strettamente correlati, la percezione appare legata evolutivamente ad un qualche tipo di comprensione che veicola l’azione. dove c’è percezione c’è anche una qualche forma di intelligenza comprensiva che influisce sull’operato dell’organismo.
in qualsiasi forma animale questo è evidente.
ma fin dove si può spingere, nella semplicità delle interazioni fisiche più basilari, la percezione?
se definiamo come percezione l’informazione acquisita sul sistema, anche una particella che si scontra con un altra particella si può dire che percepisce in qualche modo il mondo esterno, acquisendone l’informazione.
ma allora la particella è anche intelligente? è cosciente?
secondo me, SI.
in modalità completamente diverse: ma non solo l’uomo, nè solo l’animale è cosciente. e nemmeno l’organismo vivente classicamente identificato come tale.
pure una pietra, scambiando informazioni con il sistema che le sta attorno, si caratterizza in qualche forma di coscienza, nell’accezione che ne ho dato sopra.
tutto può essere considerato come cosciente, in forme diverse a seconda della complessità della sua struttura di interazione con l’universo circostante.
tutto muta e tutto mutua con altri enti (basti pensare alla gravità, o alle altre forze della fisica).
per questo sostengo che tutto si può considerare di fatto vivo, come noi siamo vivi, e che l’autoreplicazione non è una caratteristica peculiare intrinseca alla vita.
ma qui sono andato oltre ai punti di cui si stava disquisendo 🙂
ritorno in carreggiata, per concludere.
appoggio la tua critica sulla mia definizione nel precedente commento, in cui ho attribuito il “compito” agli organismi di aumentare l’entropia.
in origine, al posto di compito avevo scritto lavoro, e il pezzo di frase che ne scaturiva era questo:
“perchè svolge meglio il lavoro (l’aumento dell’entropia)”
sorrisi perchè ne usciva un’ambiguità evidente: nel senso comune un lavoro ben svolto è caratterizzato da una bassa dispersione termica, infatti il lavoro efficiente è quello che minimizza l’aumento entropico del sistema e non il contrario.
ma io non volevo parlare di efficienza nel senso di minore dispersione termica.
allora, per evitare fraitendimenti, ho cambiato il termine lavoro con il termine compito, senza troppo pensarci, e mi rendo conto di aver solo che peggiorato l’idea 🙂
non c’era intenzione finalistica ma volevo esprimere – con pessimi risultati – il fatto già esposto che la vita organica, nonostante “inverta localmente la lancetta dell’entropia”, nel computo finale la aumenta.
nel modo più efficiente è da intendersi in relazione con il secondo principio della termodinamica.
azzardo un’altra analogia: se butti benzina sul fuoco sarà assai più probabile che il fuoco divampi (aumentando l’entropia complessiva) piuttosto che il contrario.
l’organismo vivente fa un qualcosa di analogo, attingendo il carburante dall’ambiente esterno con complessi procedimenti biochimici, se pure al suo interno mantiene bassa l’entropia (a differenza della fiamma).
che questo dipenda dall’adattamento al sistema circostante, lo penso anch’io ma dovrebbe essere ormai chiaro.
come sia stato possibile arrivare, in termini evoluzionisti, a questa conformazione strutturale complessa, ripeto che non lo so 🙂
tu sostieni che sulla terra c’è una grande variabilità (instabilità) e quindi la maggiore complessità e mutualità della vita a partire da organismi più semplici – l’unione fa la forza – emerge per far fronte all’adattamento in un ambiente particolarmente ostile, rispetto agli innumerevoli altri corpi cosmici in cui la vita potrebbe essere rimasta senza problemi in stati evolutivi più semplici.
sono d’accordo, può essere.
ma la teoria di England, da cui era scaturito il discorso, verteva piuttosto sulla formazione della vita dai suoi stati più primitivi, nelle strutture basilari che di solito non si attribuiscono alla vita organica già evoluta. di cui conosciamo ancora ben poco, e dunque non possiamo affermare a priori quali siano le circostanze ambientali più o meno favorevoli affinchè possano emergere.
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sembra che siamo arrivati ad una larga convergenza, anche attraverso la correzione di alcune formulazioni abbastanza imprecise che avevo dato inzialmente, oltre che ad approfondimenti interessanti.
cosa che mi conforta considerando che una discussione simile nella vita reale con mio figlio e` stata stroncata fin dall’inizio dalla drastica affermazione che non capisco che cos’e` l’entropia.
e io cosi` rifletto tra la differenza di forma mentis prodotta tra il liceo classico (io) e quello scientifico (lui), per via di quella che a me pare una incapacita` di sintesi logica e a lui una mia approssimazione un poco arruffona.
invece qui ci siamo, mi pare: la vita e` un insieme di processi chimici che cercano di automantenersi, aumentando la dissipazione entropica nell’ambiente, ma diminuendola fortemente al proprio interno – il concetto di auto-mantenimento consiste proprio in questo.
ogni forma vivente tende a trasformarsi, sia pure lentamente, dato che tutto si trasforma, anche se in alcuni casi in tempi lentissimi.
l’evoluzione e` dunque inevitabile caratteristica della vita, ma in tempi e forme enormemente differenziati.
non e` invece una caratteristica generale della vita la riproduzione in forma sessuata, che appare necessaria al mantenimento della vita attraverso il continuo rimescolamento del materiale genetico per fare fornte a mutazioni ambientali altamente instabili.
del resto questa non e` una astratta speculazione, dato che perfino nell’ambiente terrestre la riproduzione asessuata e` ampiamente diffusa tra gli organismi monocellulari.
da qui parto con alcune aggiunte, certamente discutibili:
1. da un certo punto di vista si potrebbe persino ipotizzare che la creazione di organismi pluricellulari che si riproducono sessualmente sia stata necessaria agli organismi monocellulari per potere continuare a prosperare.
2. ogni forma di vita tende comunque ad espandersi irresistibilmente nella misura nella quale glielo consentono le risorse ambientali?
di nuovo, questa potrebbe essere soltanto la caratteristica delle forme di vita negli ambienti instabili…
3. ma esistono forme di vita in ambienti profondamente stabili?
indubbiamente si`: certe forme batteriche che vivono sottoterra o nelle profondita` oceaniche o nei ghiacci dell’Antartide, ad esempio, dimostrano chiaramente che questo e` possibile.
4. ma la vita puo` generarsi spontaneamente in diversi ambienti favorevoli, anche molto diversi fra loro, oppure ha un suo luogo di origine unico?
4b. e, soprattutto, questo luogo di formazione della vita e` lo spazio interplanetario?
non mi sento in grado di rispondere a queste domande.
da un lato a me pare che le forme di vita esistenti sul pianeta Terra abbiano tutte una indiscutibile ed unica origine comune, e questo fa propendere per una risposta positiva al punto 4b.
dall’altro si tratta di indizi troppo deboli e vaghi per garantire qualche certezza.
qui sono molto interessanti e, per me almeno, originali le riflessioni sulla verifica simulata al computer di alcune ipotesi concrete su questa formazione…
(pur con tutti i limiti, sembra davvero l’unica strada possibile).
ma qui delineo l’unico dissenso rimastomi rispetto alla bella sintesi che hai creato qui sopra:
5. nel secondo blocco delle tue considerazioni rifletti sulla formazione della consapevolezza e sembra quasi che, ad un certo punto del tuo discorso, diventi questa la caratteristica fondante della vita.
credo che sia una strada senza sbocco e fino ad ora non avevamo usato questo concetto per distinguere quello che e` vivo da quello che non lo e`.
credo che sia senza sbocco usarlo perche` e` impossibile dall’esterno stabilire chi ha una qualche consapevolezza di se` e in che misura esatta sia sviluppata.
solo il ricorso al concetto misurabile di entropia permette di mantenere il discorso con i piedi per terra, secondo me.
altrimenti che cosa ci impedisce di affermare che anche le montagne hanno una loro profonda e disumana coscienza di se stesse e dunque sono vive?
dal punto di vista di un discorso non veirficabile sulla consapevooezza di se`, naturalmente ogni distinzione tra vivente e non vivente esaminata in ogni dettaglio sfuma, dato che la caratteristiche generale della realta` e` la transizione infinitesimale fra i diversi stati e non la contrapposizione parmenidea o manichea di due stati opposti: essere e non essere, bene e male.
dunque ritengo sia meglio restare al concetto chiave di dissipazione energetica fortemente rallenata per via di specifiche strutture interne che assumono energia dall’ambiente ma dissipano l’entropia all’esterno.
senza queste specifiche strutture non esiste vita.
la coscienza, non misurabile e soltanto ipotizzabile, non costituisce un parametro caratterizzante, non perche` non possa esserlo, ma proprio perche` non e` misurabile.
la coscienza e` certamente un attributo della vita, ma e` un suo corollario e certamente a sua volta si sviluppa in una serie estremamente variegata di situazioni e non puo` essere scientificamente ridotta alla terza contrapposizione schematica del pensiero tradizionale: quella tra materia assolutamente priva di coscienza, e spirito, inteso come coscienza assoluta e ben distinta dal mondo materiale.
possiamo fare riferimento al pensiero filosofico del naturalismo rinascimentale italiano per vedere emergere per la prima volta il tema della materia cosciente in se stessa, che ha posto le basi del pensiero successivo e ha sepolto definitivamente, credo, gli errori della tradizione platonica e delle sue sopravvivenze cristiane.
il materialismo e il laicismo moderno nascono di qui: da quando si supera la contrapposizione tra materia e spirito e si abbandona l’idea dell’anima come principio della vita (peraltro solamente umana).
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bel dilemma logico.
tuttavia la replicazione, cioe` la riproduzione, appare piu` una caratteristica complessiva del bioma che del singolo individuo o della singola specie.
altrimenti arriveremmo al paradosso che non e` vivente neppure una specie che si estingue
(come diciamo pudicamente, ma sarebbe meglio dire: che viene soppressa).
insomma e` vivente tutto cio` che appartiene al mondo del vivente, che in quanto tale si riproduce,
e non soltanto chi si riproduce individualmente nella coppia.
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ops, risposta finita sopra
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