le conseguenze positive dell’elezione di Trump non smettono di meravigliare perfino chi, come me, riteneva che la Clinton non fosse assolutamente votabile, e dunque si sarebbe astenuto, non potendo condividere le idee di Trump, ma ritenendolo pur sempre il male minore, pur se molto rischioso.
lo so bene che una affermazione di questo genere mi mette fuori gioco rispetto al pensiero convenzionale demokrat-progressista, ma che cosa posso farci? non posso mettermi a forza i paraocchi addosso per non deludere o irritare chi mi legge…
. . .
ma Trump si sta rivelando, a sorpresa, un presidente straordinariamente debole: nel vecchio linguaggio rivoluzionario maoista lo si sarebbe detto una tigre di carta; io lo vedo piuttosto come un leone ancora arrogante, con la criniera fulva, ma stranamente impacciato, tanto che alla fine scopriremo che e` un pelouche e per di piu` usato e comperato al mercato della scarabattole.
ma Trump rappresenta anche nel piu` plastico dei modi la crisi finale dell’impero americano, e questa e` una sorpresa ancora piu` grande, per uno come me, che ha considerato molto negativamente questo impero.
. . .
il principale motivo per temere l’elezione di Trump erano le sue convinzioni contrarie all’Accordo di Parigi sul clima (a volerle chiamare cosi`).
e sotto questo punto di vista ho vacillato anche io.
bene, ora siamo all’uscita degli Stati Uniti da questo accordo: gli USA contro il resto del mondo, gli altri 195 sottoscrittori.
ma USA frantumati anche al loro interno, quanto mai dis-Uniti, dato che alcuni stati (fra cui la California) e alcune citta` (fra cui New York) hanno dichiarato che intendono continuare ad applicare le misure previste, anche se il governo centrale ha ritirato l’adesione.
l’Accordo di Parigi, del resto era largamente al di sotto del minimo necessario per contrastare davvero il riscaldamento globale del pianeta .
e adesso scusate se su questo mi cito:
. . .
ma proprio la rilettura di questi miei tre post, che ho appena concluso, dimostra come sarebbe sciocco attribuire al solo Trump il rifiuto americano di sottoscrivere questo accordo, che trovava gia` prima di lui l’opposizione del predominante Partito Repubblicano e di una parte anche del Partito Democratico.
da questo punto di vista le conseguenze pratiche della posizione di Trump sono praticamente nulle e il rifiuto americano dell’Accordo era prevedibile anche prima.
. . .
quanto alle emissioni, oso pensare che praticamente la differenza sara` comunque minima e, Trump o non Trump, la corsa all’aumento delle emissioni a livello mondiale continuera`, anche se occorre dire che il suo ritmo e` molto calato negli ultimi tre anni.
ma la protagonista principale di questa riduzione e` la Cina, che da sola raggiunge il 29 per cento delle emissioni di anidride carbonica del globo: solo un decennio fa le emissioni cinesi aumentavano del 5% l’anno; nel 2015 sono invece diminuite dello 0,7%.
anche negli USA, responsabili del 15% delle emissioni totali, nel 2015 le emissioni sono calate del 2,6%; e chiaramente non c’entra l’Accordo di Parigi, che e` del dicembre 2016, ma la semplice dinamica della ricerca tecnologica.
questo e` il punto: se gli USA continuano a indirizzare la loro tecnologia verso l’uso degli idrocarburi, che gli altri paesi stanno cercando di ridimensionare, si isolano dal resto del mondo anche tecnologicamente e diventano un paese legato a modelli di di sviluppo industriale declinanti altrove.
. . .
questo e` il punto cruciale e il rifiuto dell’accordo sul clima e` il piu` importante segnale di un improvviso cambiamento nella situazione mondiale; e spero di non sbagliarmi.
con Trump gli USA hanno abbandonato di colpo il loro ruolo di leader mondiale: lo slogan America first non e` il grido di battaglia di un paese che vuole tornare a mettere il mondo intero o quasi sotto il proprio controllo, ma lo slogan di chi si scopre inadeguato a gestire i cambiamenti mondiali e dunque si rinchiude nella difesa un poco paranoica dei propri presunti interessi.
. . .
naturalmente questa interpretazione potrebbe anche essere troppo ottimista; ma fa pensare che non sia sbagliata l’evidenza di un asse alternativo che si e` rapidamente costituito fra la Germania, leader dell’Europa, e la Cina, ma si allarga anche all’India,
quanto alla Russia e all’Africa, i loro legami con la Cina sono oramai troppo forti per lasciar pensare che possano affiancarsi agli Stati Uniti, e direi che neppure l’America Latina possa essere dalla loro parte.
dalla parte dell’America di Trump ci stanno le monarchie petrolifere del golfo e qualche dittatura del mondo islamica, piu` Erdogan o il presidente criminale delle Filippine, forse il Giappone, l’Indonesia, l’area dell’Indocina.
sembrano gli scampoli di un impero in ritirata, non solo dal punto di vista geo-politico o militare, ma da quello ancora piu` importante dei valori e del consenso.
. . .
un impero offuscato, che promette soltanto di difendere i propri interessi, e` un impero gia` decaduto.
ed ecco il paradosso finale: quel ridimensionamento americano nel mondo che Obama aveva ragionevolmente promesso e poi non ha saputo realizzare, lo sta realizzando invece – in maniera totalmente irrazionale – Trump, che neppure sa di farlo, probabilmente.
Trump crede davvero che un’America di nuovo grande significhi un’America piu` aggressiva nella difesa dei propri particolari interessi, ma che si sta perdendo i suoi principali alleati e risulta ampiamente isolata nel mondo.
perfino il Vaticano (almeno per il momento) la abbandona.
Trump, un motivo in piu`per un’Europa unita.