il significato politico della solitudine dell’uomo nella galassia – 394

mi sono convinto molto tempo fa che non esistono altre forme di vita di tipo umano nell’universo e da ultimo ho anche condotto la mia piccola battaglia culturale attraverso il blog per sostenerlo.

erano gli anni della ricerca ostinata di segnali dallo spazio e poi dell’esplorazione degli altri sistemi planetari nello spazio, per non dire che sono tuttora gli anni della fede negli UFO e negli extraterrestri, per qualcuno perfino costruttori delle piramidi, per non dire creatori nostri attraverso oscuri esperimenti genetici.

era il tempo dell’annuncio trionfante e ridicolmente ripetuto della scoperta di qualche pianeta gemello dove la vita doveva necessariamente avere ripetuto la strada luminosa che aveva condotto a noi e alle nostre imprese grandiose.

le mie argomentazioni erano soprattutto legate all’incredibile numero di coincidenze che avevano costellato l’evoluzione biologica che ci ha creato, ad esempio lo sterminio dei dinosauri ad opera di un meteorite gigante 65 milioni di anni fa, che aveva spezzato le principali linee evolutive sino ad allora esistenti sul nostro pianeta e dato lo spazio all’evoluzione dei mammiferi a cui noi apparteniamo.

anche Gribbin nell’articolo di cui tra poco ci occuperemo condivide questa prospettiva: “Siamo qui per una catena di coincidenze poco plausibili”; anzi arriva una definizione che mi piace molto: “Questa catena e` cosi` inverosimile

piu` in generale io sono convinto che la vita nell’universo possa svilupparsi, ben piu` facilmente che sulla superficie di qualche pianeta roccioso, nelle profondita` di oceani ricoperti da croste ghiacciate che proteggono dalle radiazioni cosmiche, cioe` in corpi celesti e in situazioni ambientali completamente diverse che da noi; e in questo caso pensare ad esseri di tipo umano e` evidentemente assurdo.

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ma finalmente noto che anche nel campo strettamente scientifico dell’astronomia il vento ha cominciato a cambiare, relegando definitivamente a favolette puerili, a varianti semicolte della mitologia degli UFO, la convinzione che altre forme di vita umana costellino la nostra galassia: ultima ostinata manifestazione del nostro antroponcentrismo infantile, alla vigilia stessa della scomparsa della nostra specie per auto-distruzione.

l’articolo di John Gribbin pubblicato sull’ultimo numero delle Scienze chiude defintivamente la partita, almeno per quanto mi riguarda: non scrivero` piu` su questo argomento, non c’e` piu` altro da aggiungere.

anche se lui prudentemente titola Perche` probabilmente siamo l’unica vita intelligente della galassia, la sintesi vera sta nel sottotitolo che segue: Soli nella Via Lattea.

rimane soltanto da spiegare che la nostra stessa galassia e` di un tipo abbastanza raro nell’universo e che per il resto anche l’eventuale ripetizione di un percorso evolutivo simile al nostro in qualche galassia aliena e mostruosamente lontana non potrebbe cambiare il giudizio di fondo della nostra sconcertante solitudine in questo universo.

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quanto agli altri universi, se sono infiniti, ma poco reali rispetto al nostro, allora certamente esistono infiniti pianeti virtuali in cui non soltanto esistono forme di vita simili a quelle umane, ma perfino infiniti universi in cui esistono altre varianti dell’umanita` oppure sue ripetizioni assolutamente identiche, e perfino infiniti pianeti Terra, sempre virtuali per noi, nei quali un blogger che ha deciso di chiamarsi bortocal sta digitando sulla tastiera un post per dimostrare che l’essere umano e` solo al mondo, o quantomeno in questo mondo.

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ma vediamo meglio in grande sintesi gli argomenti di Gribbin, partendo dal numero presunto di stelle della nostra galassia: esplicito io che sono oggi calcolate in 250 miliardi + o – 150 miliardi, quindi sono comprese fra 100 e 400 miliardi.

per avere termini di confronto, nella galassia del Triangolo se ne calcolano circa 40 miliardi, nella vicina galassia di Andromeda, con la quale la nostra si fondera` fra due  miliardi di anni, i miliardi di stelle sono 1.000: infatti e` la piu` grande delle circa 50 galassie che formano il Gruppo Locale a cui anche la nostra appartiene.

ma Andromeda, piu` estesa nel diametro e dotata di un numero di stelle ben maggiore della Via Lattea, pare abbia massa minore e che stia producendo meno stelle della nostra: circa una massa solare all’anno Andromeda, da 3 a 5 la Via Lattea; quindi, si direbbe, la Via Lattea e` semplicemente piu` giovane ed attiva.

misurazioni tuttavia ancora largamente incerte, per cui si naviga pur sempre nel campo delle ipotesi da verificare ulteriormente, ma che servono comunque a cercare di definire un quadro un po’ piu` di dettaglio.

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Gribbin comunque calcola, prudentemente, che circa 100 miliardi di stelle della Via Lattea possano avere pianeti; non e` certo che ogni stella ne abbia (alcune potrebbero essere ancora circondate semplicemente dalle nubi di polvere cosmica dalle quali si formano i pianeti): se le stelle della galassia sono 100 miliardi, allora tutte avrebbero un sistema planetario; se sono 400 miliardi, solo una stella ogni 4.

ma come si sono formate queste stelle? le prime iniziano a costituirsi circa 13 miliardi di anni fa  e un miliardo e mezzo di anni circa dopo il big bang, nelle nubi di idrogeno e di elio che questo ha generato: non avevano ancora pianeti formati da altre sostanze, perche` queste non esistevano ancora; infatti gli elementi piu` complessi e pesanti dell’idrogeno e dell’elio si formano soltanto all’interno delle stelle, ed occorre aspettare che stelle di prima generazione esplodano perche` carbonio, ossigeno, silicio, ferro e quant’altro si diffondano nello spazio arricchendo le nubi interstellari.

quindi ogni successiva generazione di stelle che si formano e a loro volta esplodono alla fine della loro vita ha un tasso maggiore di elementi pesanti al proprio interno; il Sole si forma 4 miliardi e mezzo di anni fa, cioe` dopo 9 miliardi di anni circa dalla formazione della galassia; considerando che la sua vita calcolabile e` appunto di circa 9 miliardi di anni, aggiungo io che potremmo considerarlo di seconda generazione tra le stelle del suo tipo, anche se indubbiamente e` stato preceduto da stelle piu` massicce e dalla vita piu` breve.

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in ogni caso il Sole e` formato per il 71% di idrogeno, per il 27% da elio e soltanto per il 2% da elementi piu` pesanti; e una formazione siile dove avere la nube di polvere interstellare dalla quale si e` formato; e` da questa minuscola percentuale di elementi pesanti che si e` formato il pianeta Terra; stelle piu` antiche del Sole avevano percentuali di elementi pesanti inferiori e dunque una minore probabilita` di avere pianeti rocciosi; probabilmente le stelle piu` antiche avevano soltanto pianeti gassosi, come Giove o Saturno.

vi e` dunque, si deduce, una prima scrematura da fare tra le stelle della Via Lattea, quanto al numero di quelle che possono avere pianeti rocciosi, ed e` temporale; il Sole e` tra le stelle piu` antiche che hanno potuto avere un simile sistema planetario; quelle che lo hanno preceduto non dovrebbero averne; e per tutte quelle formatesi dopo non dovrebbe esserci stato il tempo per una evoluzione simile a quella avvenuta nel nostro sistema solare.

e se la nostra galassia produce circa stelle per 5 masse solari l’anno, questo significa che nei 4 miliardi e mezzo di vita del Sole ha prodotto quasi 20 miliardi di stelle che vanno tolte dal conto di quelle in grado di avere evoluto forme di vita.

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ma una seconda delimitazione deve essere spaziale: il Sole si trova a 27.000 anni luce dal centro di una galassia che ha un raggio di circa 50.000 anni luce, quindi e` in una posizione per cosi` dire mediana, e la concentrazione degli elementi pesanti cresce andando verso il centro della galassia e diminuisce allontanandosi.

ne deriva che le stelle interne possono avere piu` facilmente pianeti rocciosi, ma sono in una zona di attivita` galattica molto piu` intensa e dunque esposte piu` facilmente alle distruttive esplosioni delle supernove che producono radiazioni letali per ogni forma di vita, per non dire delle intense esplosioni di radiazioni prodotte dal centro galattico, e delle esplosioni di raggi gamma, prodotte dalla fusione di stelle di neutroni, che sono piu` comuni nelle regioni interne delle galassie.

a una distanza maggiore dal centro, invece, diminuisce la presenza di elementi piu` pesanti di idrogeno ed elio, e dunque diminuisce la probabilita` di trovare pianeti rocciosi.

in sostanza, conclude Gribbin, viene a formarsi una specie di “zona abitabile galattica” che limita le stelle in grado di ospitare una potenziale vita esterna planetaria a quelle comprese, nella nostra galassia, fra 23.000 e 30.000 anni luce dal centro soltanto.

questo diminuisce evidentemente in modo drastico il numero delle stelle che possono avere un sistema di pianeti rocciosi in grado di ospitare la vita: meno del 5%, distribuite in un volume che e` meno del 7% della galassia.

da 100 miliardi di stelle che consideravamo potenzialmente capaci di avere pianeti rocciosi e dunque di ospitare eventualmente forme di vita siamo gia` scesi a 5, solo considerando un primo fattore.

ma in realta` sono meno ancora quelle su cui si possa essere evoluta la vita in forme simili alle nostre, se da quei 100 miliardi togliamo i circa 20 che si sono formati dopo la nascita del Sole.

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ma non basta.

a quanto cominciamo a sapere, il nostro sistema planetario ha una particolarita` poco comune: i suoi pianeti sono disposti secondo orbite quasi circolari e abbastanza stabili; ma in base alle prime risultanze e` molto probabile che per la maggior parte i sistemi planetari siano invece instabili nelle orbite: luoghi caotici, li chiama Gribbin.

lui non fa numeri, mi azzardo io: da 4-5 miliardi di stelle dobbiamo scendere a 50 milioni? ma facciamo pure ipotesi molto piu` generose, immaginiamo che almeno un sistema planetario su 10 sia (relativamente) stabile come il nostro e che ci restino 500 milioni di stelle circondate da pianeti rocciosi potenzialmente abitabili…

e stiamo considerando, del resto, una stabilita` molto relativa, anche per quel che riguarda il sistema solare, caratterizzato da autentiche catastrofi cosmiche, soprattutto nella fase piu` antica della sua vita.

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ma a questo punto subentra una nuova considerazione di Gribbin: in che senso possiamo considerare potenzialente abitabile un pianeta?

se prendiamo la Terra come punto di riferimento e pensassimo di osservare il nostro sistema solare da un altro, vicino, troveremmo certamente il famoso pianeta gemello compreso nella fascia di abitabilita`, non solo nella Terra, ma nel pianeta Venere, che appare quasi identico al nostro ad una osservazione da lontano, eppure e` il luogo piu` alieno da ogni possibilita` di vita dell’intero sistema solare con le sue temperature esterne di circa 400 gradi…

vi sono dunque degli altri fattori da considerare prima di giudicare abitabile un pianeta per il semplice fatto che si trova alla distanza giusta dalla sua stella.

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proprio il confronto con Venere mette in evidenza, poi, una particolarita` della Terra, che ha una crosta sottile e mobile, con una attivita` tettonica che porta continuamente in superficie nuovo materiale attraverso il vulcanismo, e questo e` fondamentale per riciclare il carbonio e stabilizzare la temperatura; inoltre la terra ha un nucleo metallico ruotante che produce un campo magnetico che protegge la superficie dalle radiazioni cosmiche: Venere invece ha una crosta rigida e spessa e nessuna attivita` tettonica, e neppure una protezione data dal campo magnetico.

tutto questo ha a che fare con la Luna, una evidentissima particolarita`, anzi una vera e propria anomalia, della Terra nel sistema solare.

la Luna infatti si e` formata nella fase iniziale del sistema solare per una gigantesca collisione cosmica, di tipo tangenziale, che ha aggiunto al nucleo del nostro pianeta quello dell’altro, oggi chiamato Theia, rendendo il nostro nucleo molto maggiore del solito per quantita` di metalli, e ha strappato al nostro pianeta una parte importante della sua crosta, finita a formare il nostro satellite, con sua riduzione ad uno strato molto piu` sottile che altrove.

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si aggiunga che la Luna, che viene a formare quasi un sistema planetario doppio con la Terra, ha una influenza stabilizzatrice,

insomma, conclude Gribbin, se non ci fosse la Luna, probabilmente non saremmo qui.

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impossibile dire quanto possano essere frequenti “incidenti” come quelli che hanno generato il sistema planetario Terra – Luna, ma non e` azzardato considerarli abbastanza rari almeno nella forma specifica che hanno assunto per il nostro pianeta.

quindi il numero di sistemi planetari rocciosi in grado di ospitare davvero forme di vita in superficie, a quanto si riduce nella nostra galassia?

eravamo arrivati a calcolarne tra 50 e 500 milioni; ora dovremo ridurlo ancora, indicativamente di un fattore da 10 a 100; e ce ne resterebbero da 500.000 a 50 milioni.

una cifra pur sempre enorme, mi si potrebbe dire: ma solo in apparenza.

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a questo punto Gribbin va ad osservare nel dettaglio come si e` sviluppata la vita sulla Terra:

“Dopo che il sistea Terra Luna si fu stabilizzato, la vita emerse con rapidita` quasi indecente”: “sono stati ritrovati resti fossili di organismi unicellulari in rocce di 3,4 miliardi di anni fa”, persino ignorando indizi ancora piu` antichi.

ottimo, no? non significa che la probabilita` di trovare organismi extraterrestri e` grande?

addirittura la vita sulla Terra e` nata due volte, la prima sotto forma di batteri e la seconda come archei, e quasi contemporaneamente.

ma, dice Gribbin, per 2 miliardi di anni non successe assolutamente niente altro: batteri e archei continuarono a vivere e riprodursi.

solo un miliardo e mezzo di anni fa successe un fatto nuovo: un archeo ingeri` un batterio, ma non riusci` a digerirlo, e questo sopravvisse nella nuova cellula, dando origine ad una nuova forma di vita, l’eucariote, facendolo evolvere in modo che l’antico batterio diventasse il nucleo della nuova forma di vita, la cellula.

puo` anche darsi che questo processo sia avvenuto piu` di una volta; se e` stato cosi`, tuttavia gli esseri nati in questo modo non sono riusciti a sopravvivere; solo questo unico avvenimento diede origine ad un essere vitale da cui derivano tutte le forme viventi attuali e passate del pianeta, dagli uomini intelligenti ai funghi indifferenti, dai microbi agli elefanti, e fu un avvenimento cosi` raro da essere accaduto solo una volta in due miliardi di anni.

eppure anche queste nuove cellule sopravvissero senza grandi trasformazioni, al massimo accumulandosi in tessuti gelatinosi, per un altro miliardo di anni.

solo 550 miliardi di anni fa inizio` la proliferazione di forme di vita pluricellulari che ha portato all’attuale quadro della vita sulla Terra e nessuno sa dire bene perche`.

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rimane da dire infine della eccezionalita` assoluta della formazione dell’uomo.

“Alcuni gruppi di scimpanze` che vivono l’uno vicino all’altro nell’Africa centrale differiscono geneticamente fra loro piu` degli esseri umani che vivono in parti opposte del mondo”: “questo significa che discendiamo tutti da una piccola popolazione di sopravvissuti di una o piu` catastrofi.
I dati ricavati dal DNA indicano in particolare due colli di bottiglia evolutivi. Poco piu` di 150.000 anni fa la popolazione umana era ridotta a non piu` di qualche migliaio di coppie in grado di riprodursi, forse solo poche centinaia. E circa 70.000 anni fa l’intera popolazione umana scese a qualcosa come 1.000 individui”.

tralasciamo, ovviamente, che al momento ci stiamo attivamente impegnando a costruire, entro pochi anni, la prossima catastrofe demografica e il prossimo collo di bottiglia – che non e` detto che non sia chiuso da un tappo, alla fine…

una storia simile puo` essersi riprodotta uguale in altri pianeti? difficilissimo, quasi completamente assurdo pensarlo.

di mio aggiungo ancora una volta che perfino su questo stesso nostro pianeta la storia evolutiva ha portato all’uomo soltanto in una delle sette aree continentali che lo formano: in Africa si`, ma non in Eurasia, ne` in Australia, ne` nell’Oceania (placca continentale ben distinta dalla precedente, anche se ne affiorano soltanto isole sparse), ne` nelle due Americhe, ne`, ovviamente, in Antartide:

se questo tutto non basta a convincersi della casualita` della apparizione dell’uomo sulla Terra!

. . .

a questo punto avevo promesso all’inizio che mi sarei limitato a qualche riflessione sul significato che assume l’evidente assoluta solitudine dell’essere umano almeno in una galassia, la nostra, ma probabilmente anche rispetto a moltissime altre…

un poco ridicolo tornare alla promessa fatta, dopo un riassunto che ha rischiato di diventare piu` lungo dell’originale con le sue integrazioni e divagazioni non richieste.

vi e` prima di tutto un senso di vertigine, uno stupore inesauribile, ma perfino anche un terrore e un’angoscia a considerare quanto sconfinata sia la nostra eccezionalita` solitaria.

l’universo intero nelle sue dimensioni mostruose e nella sua storia casuale ci appare un enigma assolutamente privo di significato.

e` durissima sopravvivere equilibrati a questa prova dell’insensatezza del tutto, dal nostro punto di vista.

se noi non siamo il frutto di nessun disegno, neppure di tipo scientifico, se l’evoluzione non mira in alcun modo alla produzione del pensiero, neppure attraverso una evoluzione cieca, ma questa e` soltanto il gioco di una bussola impazzita, questo significa che la realta` che ci appare e` portatrice di un senso che noi non possiamo assolutamente capire? oppure che proprio non ha senso?

le due ipotesi del resto sfumano l’una nell’altra e si confondono.

. . .

l’unico lumicino di significato che riesco a trovare e` che il multiverso potenziale, solamente probabile in tutte le sue infinite possibilita`, diventa reale attraverso un’autocoscienza linguistica che crea l’esistenza.

ma quindi l’esistenza e` un fenomeno solamente linguistico, non appartiene all’universo privo di linguaggio.

. . .

ecco, se esiste un dio – ed esiste almeno nella nostra mente, nella mente di alcuni esseri umani -, questo e` l’abisso di questa mancanza di significato e del suo valore disperante, di angoscia pura, che ci portiamo dentro, condannati al gioco continuo della distrazione, del distogliere lo sguardo.

se esiste un dio crudele e irraggiungibile, una potenza oscuramente infinita che non puo` essere che indifferente a noi, questo e` l’universo in cui viviamo, che creiamo con la nostra mente distorta e con la nostra voglia di moltiplicazione animale.

. . .

ha un significato anche politico tutto questo? cioe` ci riguarda anche come specie che vive socialmente?

direi di si`, ma che significato esattamente?

ciascuno costruisca la sua risposta.

la mia e` soltanto una risposta di disperazione.


6 risposte a "il significato politico della solitudine dell’uomo nella galassia – 394"

  1. Molto affascinante questo post.
    Ho imparato una cosa nuova che non sapevo: la storia del batterio non digerito dall’archeo.
    In pratica, dall’esplosione delle stelle alle eruzioni vulcaniche, agli organismi che mangiano altri organismi, constatiamo che ogni passo nella scala evolutiva si fonda sulla distruzione di un sistema complesso precedentemente presente.
    Cioè: una stella deve esplodere e distruggersi prima che si diffondano le sostanze pesanti.
    Un batterio deve essere mangiato prima che si formi un nuovo sistema.
    Una generazione di animali si deve estinguere prima che si sviluppi una generazione di altri animali.
    Un pesce piccolo deve essere mangiato da un altro pesce.
    Sistemi complessi, giudicati quasi perfetti e stabili, devono essere distrutti e “mangiati” affinché possa svilupparsi qualcosa di ancora più complesso.
    Dunque, noi siamo il pasto di qualcosa o qualcuno che verrà, e che costituirà qualcosa di più complesso, qualcosa che noi non sappiamo nemmeno immaginare, o forse si.
    E vale anche per i sistemi Politici, nel loro piccolo.

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    1. ciao Michele, bentornato, e grazie del giudizio positivo, che spetta tutto a Gribbin, e ben poco al suo divulgatore, spero non troppo pasticcione.

      che tu ci creda, oppure no, scrivendo questo post ho davvero pensato (dato che tu, a tua insaputa, sei tornato ad essere una presenza blogghistrica quasi quotidiana grazie alla ripubblicazione giornaliera dei miei blog di blogs.it di dieci anni fa su https://corpus0blog.wordpress.com/): se Miki leggesse questo post, lo commenterebbe certamente.

      e, potenza della serendipity, eccoti qui a commentare, e le tue riflessioni non mi hanno deluso, anzi hanno aggiunto uno spunto molto interessante: gia` sappiamo tutti che l’evoluzione procede attraverso la distruzione dei singoli; interessante riflettere su come, in una scala piu` ampia, proceda anche ogni tanto per distruzione dei sistemi complessi.

      rieccoci quindi alla legge, appena citata, della eterna vittoria di Pirro.

      noi certamente siamo dentro una di queste fasi, in cui una specie, la nostra, sta distruggendo tutte le altre specie simili, oltre a se stessa, e quindi forse sta anche operando per distruggere l’insieme dei mammiferi e sostituirli con altre forme di “vita” piu` o meno intelligenti, basate sul silicio o almeno sulla integrazione fra silicio e carbonio.

      senza troppi altri voli pindarici, dato che dall’interno e` difficile capire bene che cosa succede in caso di auto-distruzione, siamo in una fase certamente critica, anche se la ragione critica serve soltanto ad arrivare fino a qui, a dirlo, ma non puo` determinare in alcun modo la direzione che prendera` l’evoluzione futura, tanto creatrice quanto distruttrice.

      ciao.

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  2. Sul tema spesso traffico…

    1169
    VIA LATTEA

    Quassù non arriva
    Il filtro che offusca
    La gran via
    Delle notti senza luna.

    Nella frastagliata linea di latte
    Il tenue opalino
    Si macchia,
    Si punteggia dei parsec di luce.

    la mano vorrebbe
    La nebbia siderale tra le dita
    Ma la mente già
    Si tuffa nell’inconoscibile.

    Si è sempre soli di fronte all’immane.

    359
    UNIVERSALE

    Big bang,
    Non ci credo.

    Cosmo,
    Il timore mi pervade.

    Universo,
    Un po’ troppo infinito.

    Galassia,
    La mia mente si perde.

    Vuoto,
    Non lo voglio pensare.

    Stelle,
    Luci di immani fornaci.

    Spazio,
    Freddo di morte nera.

    Anni luce,
    Il cervello non li contiene.

    Meglio non pensarli e
    Lasciarli lassù,
    Lontani come sempre sono stati.

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    1. apprezzo i testi, come sempre.

      (nel primo, pero`, “immane” non mi convince…)

      bello anche il secondo, anche se ovviamente non condivido la tesi di fondo: solo pensando all’universo si comprende la vita piu` prossima a noi, o almeno questo e` il mio punto di vista.

      capisco fino in fondo, invece, il rifiuto che nasce da questa angosciosa contemplazione.

      "Mi piace"

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