chiamiamo caso quel che non riusciamo a capire col nostro povero meccanismo mentale della causa => effetto.
inadeguato, il modo meccanico in cui interpretiamo il mondo, e dunque ecco che ci soccorre il caso; e se non basta questo concetto, ecco il suo supplente, il destino.
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volete una spiegazione diversa?
la realtà è probabilistica e quindi anche la vita umana lo è.
è un probabilismo forte, non un probabilismo debole; quindi le probabilità che si verifichi qualcosa di poco consueto sono così scarse che quando succede lo chiamiamo miracolo (se siamo superstiziosi) oppure stranezza, e abbiamo anche inventato un nome, parapsicologia, che è il recinto dove rinchiudiamo le stranezze.
ma ognuno di noi, come unità inseparabile di fisico e mentale, ha un karma, un suo particolare modo di essere.
il karma non è un destino rigido, non nega la probabilità, ma definisce il campo entro il quale essa prevalentemente si svolge.
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non chiamate caso dunque quello che siete, quello che vi succede, neppure quando sembra tale, a volte anche crudelmente: ma è soltanto il gioco delle probabilità .
non è né caso né destino: è il modo in cui siamo fatti che aiuta le nostre cose a succedere, per pura probabilità.
ma a volte il karma è così forte che noi, per seguirlo, ci uccidiamo con le nostre stesse mani, senza saperlo e senza sapere di volerlo.
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nessuno si opponga al karma, né proprio né altrui: è inutile sofferenza e sforzo frustrante.
tutto deve accadere in modo conforme semplicemente perché è molto probabile che accada.
ma nessun pensiero, nessuna forza di volontà, nessun impiego di ragione è più forte del karma.
secondo me, il karma è l’idea che noi abbiamo di noi stessi. è il modo in cui viviamo: Giobbe.
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secondo me è solo questione di punti di vista, molto probabilisticamente 😉
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ecco il primo e probabilmente anche l’ultimo commento di questo post: grazie!
certo che è questione di punti di vista! che cos’è il karma, se non un particolare punto di vista sul mondo o, anzi, dicendolo ancor meglio, DEL mondo?
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sì, indubbiamente.
però l’idea che abbiamo di noi stessi sarebbe bene che corrisponda a quello che siamo, e quello che siamo non dipende dalla nostra idea a riguardo come conseguenza, ma semmai come feedback.
(è dura rendere quel che penso, ma vorrei ridimensionare il peso esagerato che diamo all’io come elemento centrale della determinazione esistenziale). 🙂
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