i boschi sacri e il blog – bortoblog 14 – 112

leggo sull’ultimo numero delle Scienze un interessante articolo che rivaluta i boschi sacri dell’antica cultura indiana e di altre zone del pianeta come interessanti precursori della tutela ecologica dell’ambiente così urgente oggi.

l’autore, Modhav Gadgil, ha dedicato la sua vita di ecologo a questi boschi, venerati come inviolabili, dove è proibito dalle credenze religiose locali abbattere alberi o uccidere animali.

diffusi un tempo anche in Europa, da noi sono stati cancellati dal trionfo dell’antropocentrismo cristiano.

potrebbe sembrare che da noi ne abbiano preso il posto i parchi naturali, introdotti su modello americano, a partire dal 1890, ma la funzione di questi è la tutela di particolari animali, considerati carismatici, e vennero creati in America, cacciando le popolazioni originarie.

i boschi sacri, invece, prevedono la presenza dell’uomo e si fondano invece proprio sull’interazione con gli esseri umani, che li abitano e li proteggono attivamente, in base a credenze religiose considerate superstiziose.

infatti in queste culture gli esseri umani si considerano parte di una vasta comunità vivente, alla quale appartengono anche le montagne, i fiumi, gli alberi, gli animali terrestri e gli uccelli, oltre che ovviamente le divinità.

l’inizio dell’agricoltura portò alla pratica di proteggere comunque parti del territorio del disboscamento e nel tempo portò alla nascita di religioni come il buddhismo e il giainismo, e più tari il sufismo nell’ambito dell’islam, che svilupparono il vegetarianesimo e altre forme di limitazione dei consumi, come la divinizzazione delle vacche nell’induismo.

con la conquista progressiva dell’India dal 1757 in poi, gli inglesi la privatizzarono come proprietà di una specifica società commerciale, la Compagnia delle Indie, ed espropriarono il territorio, togliendolo alle comunità locali, considerate incapaci di gestirlo, i boschi sacri, a loro volta privatizzati e in larga misura distrutti.

l’idea di Gandhi di restituire alle comunità locali il controllo delle foreste fu respinto dal nuovo governo dell’India diventata indipendente soprattutto proprio per le sue lotte: anche dopo l’indipendenza decine di milioni di persone continuarono ad essere espulse dai loro campi e dalle foreste, per lasciare spazio allo sfruttamento commerciale dell’ambiente.

solo negli ultimi anni si è creato un movimento che in India rivendica la restituzione dei boschi alle comunità locali, con i primi significativi successi: alcuni boschi sacri stanno rinascendo, attorno a grandi, meravigliosi alberi secolari scampati alla distruzione.

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ecco, ho pensato che i blog potrebbero diventare i nostri nuovi boschi sacri virtuali: sono qui i grandi alberi di un sapere e di un’esperienza aggredita e disprezzata, che offrono la loro ombra a chi ancora la ama e ci si ricrea.

la storia ha tempi lunghi, anche se i più recenti sono diventati convulsi, e se è vero che il futuro, apparentemente, non è più nelle nostre mani, tuttavia ha forse un senso continuare ad agire come se lo fosse ancora.

pensare, riflettere, discutere, leggere, parlarsi, forse verrà il momento nel quale se ne riscoprirà la bellezza.

ed ecco perché continuo, senza curarmi molto di successo o insuccesso, a documentare qui la mia interazione con i blog che trovo comunque testimonianze significative di questa ricerca, anche quando i nostri dialoghi possono essere segnati dal dissenso.

fino a domenica prossima, in questo post, per il momento e buona passeggiata tra i grandi alberi bondara…

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in successione cronologia inversa, come sempre, ecco i miei dialoghi su alcuni altri blog di questa piattaforma, che verranno aggiornati fino a domenica prossima:

https://veronicaiovino.com/2019/03/06/da-lisbona-a-santiago-consigli-pratici/

CORPUS05 Marzo 9, 2019 @ 6:13 am
ciao, sono ben lieto, per te e per me, di leggere presto nuovi affascinanti diari del tuo percorso di meditazione e di compierlo con te, anche se un po’ troppo comodamente da casa.
ma questo significa che i resoconti cambogiani sono finiti? 🙁
un abbraccio, veronica

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Fare il deserto: incontrare Dio nel silenzio e nella solitudine!

opinioniweb – Roberto Nicolini 7 MARZO 2019 ALLE 19:16
In effetti io sono parmenideo, per me ”l’Essere è e non può non essere” e l’esistenza di una realtà senza fondamento in sé stessa la considero una contraddizione! Semplicemente ciò che è transitorio NON ESISTE!
Eppure nella dimensione lineare-temporale ogni cosa che è si colloca nello spaziotempo in cui è emersa dal nulla!
E già questo “collocarsi” è una dimensione che per me va molto al di là dell’effimero, è qualcosa che connota ciò che è come Essere distinto dal non-Essere!
Certo nulla di ciò che esiste ha un fondamento in sé stesso e il deserto come il mio modo di concepire Dio è sempre dialogico, o meglio trinitario: ognuno si costituisce in dialogo con un Tu, Dio stesso nella sua dimensione trinitaria è il “trascendente sé stesso” e genera la creazione attraverso il più potente motore universale, l’Amore!
Che per me prevale sempre sul nulla, sostiene l’effimero e lo rende degno di essere, di esistere.
Ma questa è solo la mia concezione filosofico religiosa del mondo, non posso far altro che chiudere il (mio) Dio in una scatola e sperare che davvero non mi lasci mai solo.

bortocal15 7 MARZO 2019 ALLE 21:14
in effetti siamo agli antipodi anche filosoficamente.
la distinzione essere – non essere è un semplice artificio sofistico.
Parmenide si è fidato di un gioco di parole troppo semplice e non ha capito che l’Essere non è e il non essere è.
ma meglio ancora è fare riferimento al pensiero filosofico indiano dove essere e divenire sono un unico verbo; e qui la filosofia parmenidea, fondamento dell’arroganza occidentale, crolla del tutto.
tutto ciò che vive si auto-crea: la vita è un processo di auto-creazione: difficile da accettare, ma perfino da capire, per un occidentale parmenideo.

opinioniweb – Roberto Nicolini 7 MARZO 2019 ALLE 22:44
Certi che per essere vicino al pensiero indiano i tuoi giudizi sono un po’ troppo parmenidei!!!

bortocal15 8 MARZO 2019 ALLE 12:55
concordo: ad andare troppo con lo zoppo si impara a zoppicare. 🙂

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https://suprasaturalanx.wordpress.com/2019/03/05/il-giardino-dellobiezione-che-si-triforca/

gaberricci March 7, 2019 at 5:11 pm
Perché non scriverci un giallo? 🙂

bortocal15 Your comment is awaiting moderation. March 7, 2019 at 6:46 pm
lascio il compito a te, che sei evidentemente un narratore nato: io non saprei neppure da dove cominciare, non sono un granché come scrittore di gialli.
una volta uno studente ne pubblicò uno ambientato nel liceo dove ero preside, e mi venne in mente di fare un controgiallo che smontava la sua ricostruzione del delitto e dimostrava che l’assassino ero io, il preside (scritto naturalmente in prima persona): ce l’avevo chiaro in testa, ma non andai oltre la quarta facciata.
un altro giallo a puntate cominciai a scriverlo nella prima versione di questo blog, ma anche lì mi impantanai dopo 12 puntate e lasciai perdere…
se volessi dargli un’occhiata, il link è questo:
https://corpus0blog.wordpress.com/?s=%22un+giallo+per+l%27estate%22
ops, riguardo adesso e scopro che del primo giallo avevo già scritto anche qui,nel secondo; l’idea di farti sciroppare la storia due volte la direi tipicamente senile.
per rimediare, eccoti invece i link ad una contortissima parodia di giallo con una indagine su blog condotta via blog:
https://corpus0blog.wordpress.com/?s=zoccolandia
+
https://corpus0blog.wordpress.com/?s=zoccolandia
oggi comunque non sarei più capace di scrivere così…
aspetto tue notizie, sotto forma di post… 🙂

gaberricci March 8, 2019 at 11:11 am
Vediamo quello che riesco a fare… non sono granché neanche io, come giallista.

bortocal15 March 8, 2019 at 11:30 am
non direi proprio, comunque vediamo, io non avrei al momento neppure l’idea base della trama.


3 risposte a "i boschi sacri e il blog – bortoblog 14 – 112"

  1. Che dire… l’India merita di esistere. Il rispetto e la venerazione degli alberi è comune a tutto il mondo. Meno diffuso è il rispetto dei boschi. Un grande albero solo incute reverenza, un bosco puo fare anche paura. Ho visto nelle campagne e nei villaggi dell’India ogni grande albero trasformato in tempio e venerato. Fra le radici stauette e offerte colorate non mancare mai e tanti alberi recintati e le radici racchiuse da muretti. Ho visto l’albero sotto al quale il Budda pronuncio il suo primo sermone a Sarnat trasformato in un tempio millenario e vivo.
    Dire che le limitazioni alimentari religiose nascano da esigenze pratiche (scusa la banalizzazione) puo essere ma ci credo poco. Quasi ogni religione ha le sue regole alimentari. A quale risvolto pratico aderirebbe il precetto di non mangiare carne il venerdì per i cattolici? O tutte le regole Kosher?
    Ps. Nella foto vedo canne di bamboo, non alberi.

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    1. sì, giusto: la foto è presa dal repertorio su google dei boschi sacri, e quello più suggestivo mi è parso questo bosco sacro giapponese, forse lo stesso che ho visitato cinque anni fa, ma qui visto al tramonto: https://maurobort48.wordpress.com/2018/03/01/arasiyama-la-prima-parte-di-una-giornata-straordinaria-a-kyoto-my-roundtheworld-56-1a-parte-145/

      condivido tutto quello che dici sull’India e anche le considerazioni sui boschi: il bosco europeo è considerato principalmente fonte di guadagno: qui in questo comune di mezza montagna dove vivo si svolge ancora l’asta annuale per l’attribuzione dei diritti di taglio nei boschi comunali. ma sempre qui, tra Val Sabbia e Giudicarie, non mancano i segni di antiche forme di sacralizzazione moderna anche dei boschi, dove a volte vengono collocate cappelle o grandi e misteriose sculture di legno che creano un senso di rispetto e di venerazione.

      le limitazioni alimentari religiose forse non “nascono” da esigenze pratiche, ma secondo me ci sono inequivocabilmente collegate; nel cattolicesimo, ad esempio, ci sono diversi precetti che limitano il consumo della carne, sia settimanalmente (il venerdì) sia in determinati periodi dell’anno (la Quaresima): ovviamente non è determinante lo specifico momento di queste limitazioni (anche se il semidigiuno quaresimale, che ritroviamo rielaborato anche nel ramadan islamico, cadeva nel periodo dell’anno dell’esaurimento delle scorte alimentari del periodo precedente), ma la limitazione: insomma, ciò che era salutare non era che si evitasse la carne proprio il venerdì – qui entrava in gioco l’elemento specifico rituale – ma che si evitasse la carne un giorno la settimana.

      quanto alle regole Kosher, o al rifiuto della carne di maiale tanto ebraico quanto islamico, entrano in gioco altri fattori, cioè la necessità di distinguersi dagli altri popoli per dichiarare impuro il loro tipo di alimentazione e di conseguenza legittimare meglio il fargli guerra; qui siamo nel cuore di uno dei tratti tipici di queste culture, che è la separazione marcata e religiosamente definita dagli altri, a cui concorre anche la scoperta del monoteismo, che permette di affermare che il proprio dio è l’unico vero, abbandonando la tolleranza religiosa tipica del politeismo.

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  2. 1479
    ACCONTENTATEMI

    Vi prego,
    accontentatemi,
    siate compassionevoli,
    portatemi a perdere nel bosco.

    Sono deciso
    a dimenticare la strada,
    a non volere
    alcun ritorno.

    Mi nutrirò di erbe, foglie
    e di terra nera d’humus,
    berrò gocce di pioggia
    e linfa dalle ferite dei tronchi.

    Dormirò su cuscini di sfagno,
    farò sogni da cincia e ramarro.
    Il rivo sarà specchio e lavacro,
    il buio conforto e riposo.

    Profumerà di resina il respiro,
    canterò con le fronde ed il vento
    e la mia canzone sarà gialla
    di maggiociondolo in fiore.

    A primavera
    mi scioglierò come fiocco
    nel mare verde
    della radura.

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