una nuova invotabile tragedia del Partito Democratico, di nome Calenda – 166

per chi votare alle elezioni europee del mese prossimo?

escluso tassativamente di poter disperdere il voto sulle liste suicide, già votate a non raggiungere il quorum del 4%:

La Sinistra (Sinistra Italiana + Rifondazione Comunista),

Europa Verde Possibile (congiunge le macerie dei Verdi con quelle di Possibile di Civati),

oppure +Europa Italia in Comune (Radicali della Bonino con Pizzarotti);

e neppure volendo potrei votare Potere al Popolo, che non si presenterà, e del resto è in preda alle sue lacerazioni interne.

considerando decisive queste elezioni, e sentendo il dovere di votare, dato che comunque qui la legge elettorale non è palesemente incostituzionale, non mi resterà che tapparmi il naso e votare Partito Democratico.

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capisco di suscitare meraviglia, ma faccio subito una precisazione importante: lo potrò votare dato che sarò nella circoscrizione del Nord-Ovest, e il capolista sarà Pisapia, pur sempre votabile.

ma solo meno di 20 km in linea d’aria mi separeranno dalla circoscrizione elettorale del Nord-Est, dove il capolista sarà quell’ultima sciagura caduta addosso al Partito Democratico che si chiama Carlo Calenda.

se mi trovassi di là, sorry, non potrei votare Partito Democratico, perché il rifiuto di appoggiare in qualche modo questa figura suicidaria della storia della sinistra prevarrebbe persino sul dovere civico di assicurare nel Parlamento Europeo futuro una maggioranza europeista.

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da che cosa nasce questo giudizio così duro?

dal fatto che Calenda è soltanto la versione seria e competente del renzismo guitto, ma rappresenta la prosecuzione pervicace della stessa politica economica e sociale; qualcuno di vicino e in qualche modo simile a Macron, figura pur sempre rispettabile.

ma le elezioni non sono (purtroppo) una gara di bon ton e di preparazione professionale, ma una scelta di linee di azione, e quelle che Calenda cerca di realizzare sono l’opposto di quelle che ho in testa io e che sono necessarie, secondo me, per i bisogni degli strati più maltrattati della nostra società.

la possiamo riassumere come la politica della Confindustria: consiste nelle stesse ricette, persegue la demolizione delle tutele del lavoro, è indifferente al dramma sociale delle nuove povertà determinate da questa politica economica ed è in una parola la negazione diretta, frontale, della storia stessa della sinistra.

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Prodi aveva tentato una mediazione in questo campo, che fallì; ma l’esito del suo fallimento, prima con Veltroni, poi con Renzi e Gentiloni, è stata la trasformazione del Partito Democratico da rappresentanza politica dei diseredati a partito dei tutelati.

il partito è nato in realtà proprio su questo progetto e dal rifiuto del tentativo prodiano di costruire una sintesi politica tra i diversi strati popolari, dai giovani disoccupati, alla forza lavoro precarizzata fino ai pensionati, che oggi rappresentato uno strato a volte persino quasi privilegiato.

l’unità politica della sinistra prodiana contro la destra berlusconiana rappresentava sul piano politico il tentativo di costruire questo blocco sociale.

da Veltroni in poi la politica del Partito Democratico è invece diventata un’altra: rappresentare i ceti produttivi e i pensionati, lasciando perdere i lavoratori precarizzati o i senza lavoro, e siccome una simile base sociale è chiaramente insufficiente a costruire una maggioranza politica parlamentare in un sistema elettorale rappresentativo corretto, intervenire sulle regole della rappresentanza, forzarle in senso anti-costituzionale e fare in modo che un piccolo blocco politico e sociale possa governare, grazie alla sua vocazione maggioritaria, cioè alla sua voglia di potere, diventando maggioranza almeno nelle aule parlamentari.

l’operazione che è riuscita a Macron in Francia, con una diversa costituzione alle spalle.

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senza capire la violenta repulsa popolare di questo disegno, che si è espressa prima al referendum del 2016 e poi alle elezioni del 2018, non si possono porre le basi di una nuova prospettiva politica.

e questa è secondo me la chiarezza che mi pare manchi in Zingaretti, almeno al momento e a giudicare dalle sue prime mosse.

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in realtà tenere insieme nello stesso partito due movimenti politici che hanno prospettive contrapposte è insensato; del resto è già preannunciato che Calenda si farà eleggere al Parlamento Europeo dal Partito Democratico, ma poi emigrerà nel nuovo gruppo europeo di Macron.

prospettive diverse, basi sociali diverse, mancanza di un programma politico unificante.

a mio parere (e secondo Cacciari), molto meglio sarebbe che i due movimenti si presentassero separati, visto che le elezioni europee si svolgono su base proporzionale e non vi sono problemi di quorum dalle due parti.

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si doveva andare separati e poi cercare una alleanza e un compromesso successivamente, semmai, anche se appare molto più difficile.

come già visto con Renzi, così sarà anche con Calenda: è più facile per questa tendenza politica allearsi con Berlusconi che con la sinistra del suo stesso partito, che Renzi costrinse ad una scissione suicida.

e infatti Calenda protesta per le liste unitarie a sinistra (e io dico evviva almeno a queste) e rifiuta ogni alleanza con le istanze populiste autentiche dei 5Stelle.

esprime l’egoismo dei privilegiati che temono mettano in discussione il loro benessere e non si accorgono che si stanno scavando la fossa da soli.

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per questo lodo il caso che non mi proporrà a maggio nella scheda una lista guidata da Calenda, perché, col pianto ne cuore e sapendo di disperdere il voto, voterei allora per qualcun altro.


4 risposte a "una nuova invotabile tragedia del Partito Democratico, di nome Calenda – 166"

  1. Io ero in cantina a lavorare ed ascoltavo alla radio la discussione interna a Rifondazione, con la quale Bertinotti metteva fine al governo Prodi. Poteva essere il 1998 o 99. Analizzando la successiva svolta del PD, credo non si debbano dimenticare le responsabilità di Bertinotti, all’epoca sempre gradito ospite delle TV berlusconiane.

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    1. ciao Roberto, bella sorpresa un tuo commento qui, che ci riporta alle discussioni di quasi sessant’anni fa, così appassionate come solo degli adolescenti sanno farne.

      era certamente il 98 e Prodi è stato l’ultimo politico serio che abbia avuto l’Italia, capace di una visione strategica, anche se purtroppo decisamente carente sul piano della tattica.

      la sua caduta nel 1998 – oggi possiamo capirlo meglio – fu dovuta alle pressioni dell’America di Clinton che voleva un governo più succube di fronte alla guerra di Serbia che stava per cominciare, e trovarono una sponda in D’Alema: Bertinotti recitò la parte che gli era data in commedia, cioè quella di distrarci tutti dalla sostanza e si prestò, da stupidotto vanesio qual era, ad un tradimento forse persino inconsapevole del pacifismo dei suoi elettori (tra i quali non ero io).

      scusa le autocitazioni, che servono sopratutto a dimostrare che non si tratta del senno del poi, da parte mia: https://corpus0blog.wordpress.com/?s=Serbia

      questo non impedì a Prodi di riprendere il suo progetto politico qualche anno dopo, di ritorno dall’esperienza di Presidente dell’Unione Europea, e in quel caso il suo governo fu nella realtà deliberatamente affossato da Veltroni tra la fine 2005 e l’inizio del 2006 nel nome di una riforma elettorale maggioritaria, concordata con Berlusconi: è quella che quasi un decennio dopo la Corte Costituzionale dichiarò contraria alla Costituzione e che ha cancellato anche ogni parvenza di democrazia autentica nel nostro paese da quasi un quindicennio, dandoci istituzioni prive di ogni legittimazione formale.

      quindi credo che tu sopravvaluti Bertinotti, che pure ha responsabilità politiche gravissime e che non a caso attualmente gravita attorno a circoli cattolici integralisti, ma il processo che ha espulso Prodi per due volte dal tessuto politico italiano cercando un accordo con la destra nasce da dinamiche profonde ed oscure ben più vaste dentro l’area democratica italiana e anche internazionale.

      Prodi ha rischiato di fare la fine di Moro, portando avanti politiche sgradite all’America, e se vogliamo capire perché è caduto davvero, dobbiamo guardare davvero lì, visto che una vera indipendenza italiana dagli USA ce la sogniamo ancora.

      e presto il protocollo sottoscritto con la Cina ce ne darà la prova.

      oppure sarà l’inizio di una svolta in un equilibrio mondiale di poteri nuovo? intanto Trump comincia a farcela pagare con i dazi sui nostri prodotti agricoli…

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      1. Bella analisi, sicuramente utile ad andare oltre le apparenze. Ma quei discorsi “suicidi” di Bertinotti al congresso di Rifondazione mi avevano profondamente impressionato, non sapevo se fosse “venduto” o “stupido”, forse la chiave la offri tu dicendo “vanitoso”. Grazie, continuerò a seguirti. Un caro abbraccio. Roberto

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        1. ciao, Roberto, ora che hai superato il filtro automatico che wordpress pone ad ogni commentatore al suo esordio, e ti sei anche abbonato alla risposta ad ogni coda di commenti, la nostra piacevole e stimolante discussione continuerà senza intoppi, se vorrai.

          per quel che vale anche io fui veramente irritato allora dalla vanità ottusa di Bertinotti, come credo moltissimi: il vanesio non si rendeva conto di essere utilizzato da Berlusconi e recitava benissimo la nuova versione della favola del corvo col formaggio in bocca, ehehe.

          https://corpus0blog.wordpress.com/?s=Bertinotti

          nel blog di allora avevamo cominciato a chiamarlo Bertinotto…

          un caro abbraccio virtuale a te, fino alla prossima cena di classe o a qualche altro incontro in Val Sabbia o Torino…

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