Ray Dalio salverà il capitalismo? – 196

un tassativo divieto di riproduzione campeggia in fondo all’intervista di Richard Feloni a  Ray Dalio, il miliardario che dirige l’hedge fund più grande del mondo.
https://it.businessinsider.com/ray-dalio-bridgewater-5-passi-per-salvare-il-capitalismo/

di solito me ne sarei fregato, considerato anche il numero limitatissimo dei miei lettori e il fatto che non solo non scrivo nel blog né altrove a fini di lucro, ma anzi che ci metto del mio in pura perdita.

ma questa volta no: sarà l’effetto della recente minaccia di causa ricevuta dallo studio s-Previti, sarà il ronzio rimasto nella mente della direttiva dell’Unione Europea sul diritto d’autore, che consente soltanto citazioni minime – per cui col corsivo di sopra credo di avere esaurito tutto quel che potevo…

ma, siccome mi ha colpito e la considero fondamentale, almeno da un certo punto di vista, non mi resta che parafrasarla e riscriverla con parole mie, peggio per Ray Dalio, con quel cognome che sembra preso da un romanzo di Ellroy, e per i suoi 5 passi per salvare il capitalismo, ‘ormai inadeguato’ secondo Dalio (seconda citazione letterale, ahia: mi sto allargando troppo).

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ma chi è Dalio? è tra le cento persone più ricche al mondo secondo la classifica Forbes (patrimonio da 10 miliardi di dollari), e lo ha ulteriormente incrementato l’anno scorso, scommettendo pesantemente (3 miliardi di dollari), prima delle elezioni, su un ribasso della borsa italiana dato che, secondo lui, avrebbero vinto i populisti; e infatti…

lo ha perfino messo per iscritto in rapporto del 22 marzo 2017 dal titolo Populismo: il fenomeno: 

L’ascesa del populismo emerge ciclicamente con virulenza, come pandemie, depressioni e guerre, spinto dal malcontento dell’uomo comune per la sua condizione economica e dal senso di rivalsa verso l’establishment.

Gruppo Messaggerie

L’ultima volta che l’umanità ha sperimentato l’eruzione del populismo è stata a cavallo tra gli anni Venti e Trenta quando “la maggior parte dei paesi è diventato populista”, brodo di coltura del caos bellico.

ora ci risiamo, un secolo esatto, dopo; e occorre correre ai ripari: cercare un nuovo Roosevelt?

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partiamo allora dall’idea che il fondatore del più grande hedge fund del mondo (e daje!) ha scritto un nuovo post (spero che questa quarta citazione non entri nel conto: posso anche togliere il corsivo, se occorre, e dire che sono parole mie): ma non proprio su un blog, su linkedin.

intanto è notevole che ci sia qualcuno che vuole salvare il capitalismo, e chi volete che sia se non uno dei suoi più brillanti esponenti?

ancora più notevole che si ponga il problema di salvarlo, quando la maggior parte di quella che si definisce sinistra vive ancora convinta che il capitalismo vada benissimo e che si tratta solamente di correggerlo un pochino.

ma come mai, secondo uno dei più importanti capitalisti mondiale del momento, il capitalismo deve essere addirittura salvato? una visione catastrofista dell’attuale sindrome economica (io la chiamo proprio così) non appartiene piuttosto a certi svitati come questo vostro blogger che da anni si sgola invano a paragonare la situazione dei tempi agli ultimi anni del socialismo realizzato e dell’Unione Sovietica?

il problema di fondo, anche secondo Dalio, che peraltro è uno degli iper-plutocrati che ne trae un enorme vantaggio personale diretto, è che il capitalismo, oramai fuori controllo dopo la morte dei suoi due avversari appena citati, produce una ricchezza illimitata e concentrata in mano a pochi.

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questo, lo ripeto con più entusiasmo ora che lo dice anche Dalio, e per chi non lo avesse ancora letto in qualche mio post, è una causa di dissesto economico: in poche parole, spiego io, il capitalismo ha iniziato a divorare se stesso e a produrre la sua stessa rovina.

che sta avvenendo non come aveva previsto Marx, cioè per la caduta tendenziale del tasso di profitto, cioè per l’esaurimento delle sue capacità di produrne, ma per il motivo esattamente opposto: perché ne produce troppo e soprattutto quel troppo è concentrato in mani sempre più ristrette.

se una quota crescente della ricchezza prodotta va a finire al profitto del capitale, diminuisce la possibilità di consumare delle masse e, per quanto si impegnino con le più varie iniziative, anche umanitarie alla Bill Gates, gli iper-plutocrati destinano comunque una parte sempre crescente delle loro ricchezze personali alla pura speculazione finanziaria, cioè alla ricchezza nominale o virtuale, alla ricchezza apparente che diventa puro potere e non produce nulla, altro che nuova ricchezza apparente, a scapito di quella vera.

è vero che questa potrebbe persino essere vista come una specie di hegeliana astuzia razionale della storia per ridurre i consumi in un’epoca in cui stiamo rischiando il collasso planetario per sovrappopolazione, ma il suo risultato pratico è oramai da tempo il progressivo impoverimento non tanto delle masse più miserabili, dove c’è poco da mordere, ma del ceto medio, un tempo benestante, ora un po’ meno, ma ringhiosamente convinto che tutto gli sia dovuto.

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fino a qui mi sono allargato un poco io, nell’ultimo capoverso, che è tutta farina del mio sacco, giusto per non sembrare un plagiario che usa il suo blog per rubare le parole di Dalio, ma adesso devo tornare a citarlo letteralmente, anche se di sicuro ho già sforato il budget del lecito.

Dalio vorrebbe che qualche leader politico dichiari la disuguaglianza un’emergenza nazionale.

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be’, se potesse essere utile, mi dichiaro disponibile, anche se l’esperienza di quasi 14 anni di blog mi porta a dire che la mia candidatura è assolutamente inutile; non solo, ma poco di meglio ottengono anche persone ben più famose e titolate di me.

la massa incarognita preferisce prendersela con immigrati, zingari, barboni e poveracci morti di fame, che non fanno male a nessuno: brutti, sporchi e cattivi (anche questa è una citazione, ma non di Dalio, per fortuna).

per ora i media, strumento perfezionatissimo e capillare di condizionamento dell’inconscio collettivo, riescono perfettamente a deviare l’astio contro falsi obiettivi.

e come i terroristi rossi hanno sepolto l’idea della giustizia sociale in Italia con un’abile orchestratura, così stiamo festeggiando oramai quasi vent’anni dall’11 settembre che hanno spostato l’opinione pubblica verso la paura dello straniero, meglio se islamico.

e dunque niente passa meno per la testa dei poveri deficienti con la bava alla bocca perché non possono realizzare fino in fondo i loro deliri consumistici – che del resto altro non fanno che renderli ancora più frustrati – che dubitare per un momento che la responsabilità della loro situazione sta in alto e non tra quelli che stanno peggio di loro e che vorrebbero affogare in mare, se potessero.

del resto – e qui cito me stesso, e posso ben farlo, gratis – il mio pessimismo cresce assieme al distacco dal circo mediatico, che mi pare abbia preso il posto della realtà per la maggior parte delle persone, con le quali è diventato impossibile comunicare, visto che vivono in un mondo immaginario. del resto, a che pro? la maggior parte degli esseri umani è irrimediabilmente stronza; quindi dovremmo almeno saper coltivare le amicizie delle persone generose.

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ma probabilmente i capitalisti più lungimiranti si stanno rendendo conto che questa situazione non può durare a lungo e prepara catastrofi, cioè cambiamenti brutali e improvvisi, come fu il crollo dell’Unione Sovietica, appunto.

ed è da questo che nascono proposte sensate, ma non so quanto praticabili, che vedo convergenti: Picketty, Dalio e perfino Linkiesta sottolineano la necessità di procedere a forti tassazioni sui redditi alti, ma diciamo pure sui ricchi.

Dalio ci aggiunge di suo, e non si può che essere d’accordo, l’utilità di tassare l’inquinamento; tuttavia mi pare che viva abbastanza lontano dalla Francia e che non abbia ben presenti le conseguenze, dato che tasse simili finiscono fatalmente per colpire anche i consumi dei più poveri.

la proposta migliore, invece, per una riforma del capitalismo, Dalio non la considera, ed è quella di un forte incremento delle tasse di successione, che in effetti sono lo strumento più efficace per ridurre almeno la concentrazione dei patrimoni, e anche il meno doloroso, visto che colpiscono sostanzialmente i defunti nel momento in cui passano il loro patrimonio agli eredi.

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ma alla fine, abbastanza deluso da Dalio (uno che lancia appelli per la salvezza del capitalismo, ma per prima cosa ci mette su il lucchetto dei diritti d’autore) e dalla inconsistenza delle sue proposte pratiche dopo i roboanti proclami, mi domando: siamo sicuri che il capitalismo sia riformabile?

però non voglio girare attorno al cuore del problema: farsi questa domanda, a questo punto della storia umana, equivale a chiedersi: siamo sicuri che l’umanità possa salvarsi?


16 risposte a "Ray Dalio salverà il capitalismo? – 196"

  1. Ma voi sapete che cos’è il capitalismo? ve lo chiedo perchè io sono certo di non saperlo. Anzi, sospetto che si tratti fuffa, di una definizione come un’ altra per indicare la natura umana. Se così fosse, che senso avrebbe l’espressione “salvare la natura umana”?

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    1. sono abbastanza sicuro che il capitalismo NON E’ la natura umana (anche se ovviamente ci ha molto a che fare), per il semplice motivo che per millenni e millenni gli uomini sono vissuti senza neppure sospettasse che potesse esistere un simile modo di pensare e concepire la vita, e anche per il fatto che ancora Dante lo considera, come usura, un peccato contro quella che lui chiama arte, ma noi dobbiamo intendere, in italiano moderno, lavoro, e quindi anche un peccato contro natura (secondo lui, l’arte, cioè il lavoro, è figlio della natura).

      per capitalismo dobbiamo intendere ogni forma di organizzazione dell’attività economica umana in cui il fine non è più il mantenimento e la prosecuzione della vita familiare e sociale, ma l’accumulo di potere economico sotto forma di denaro.

      la ricerca di un acquisto progressivo di potere è certamente un impulso naturale umano (peraltro controllabile, in certe circostanze), ma tipicamente capitalistico è che questa ricerca di potere assuma la forma di un accumulo di denaro prioritariamente rivolto ad accumulare altro denaro: una forma di feticismo del potere.

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      1. Devo dire che la tua definizione di capitalismo è la migliore di quelle che ho trovato in giro anche se per me il concetto di capitalismo rimane molto nebuloso. Sarà anche che essendoci nato dentro faccio fatica ad immaginare un mondo senza. Intanto mi studio la tua e ci medito sopra.

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        1. grazie dell’apprezzamento; non credo che la mia definizione sia originale, è solo una riesposizione con parole mie; di originale c’è forse l’idea che sia una forma di disturbo mentale, una specie di bulimia, cioè di anoressia a rovescio: come l’anoressico che vuole dimagrire non si rende conto di essere già molto magro e continua a cercare di dimagrire fino a morire, nei casi estremi, così il capitalista è un ricco che non si rende conto di essere già ricco e continua a cercarsi di arricchirsi anche quando questo fa molto male sia a lui che agli altri.

          davvero è così difficile immaginare un mondo dove chi ha questa malattia venga condotto in clinica a curarsi e dove si stabilisce che lo scopo dell’economia è di stare BENE, e non di stare MEGLIO?

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  2. Candidati :-).

    È curioso che Dalio faccia il gioco dei populisti, presentandoli come degli “avversari del capitalismo”, di cui sono, invece, in un certo senso il “braccio armato”.

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    1. caro gaber, per rispondere seriamente al tuo scherzo, non ci si candida (a meno di non chiamarsi Berlusconi): sono gli altri che devono candidarti, e comunque, al momento, vivo troppo bene così; del resto sono vicino all’età in cui ci si ritira dalla vita politica, non ci si entra.

      quanto alla tua seconda osservazione, quella seria, probabilmente Dalio è uno dei pochi iper-plutocrati che si sta rendendo conto che l’apprendista stregone populista, che hanno scatenato, gli sta sfuggendo di mano.

      si preoccupa, adesso, giustamente, ma niente più: del resto, per fermarlo davvero dovrebbero rimettere in discussione i loro privilegi, e chi ci pensa davvero?

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        1. è proprio quello che dicevo anche io sopra…

          il capitalista ha scatenato il populista e ora si accorge che gli sta sfuggendo di mano; diciamo meglio che il populismo va ancora usato, ma cercando che non si allarghi troppo, dal loro punto di vista,

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  3. Ci mancava pure il miliardario che vuole salvare il mondo. Del tipo:
    “Ma cosa sta facendo? Perché mi sta pugnalando?”
    “Stia calmo non si muova… è vero che con la destra La sto pugnalando ma con la sinistra cerco di bendarLa”
    Come prima cosa il miliardario smetta di approfittarsi del sistema.

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    1. ben detto!

      per prima cosa, davanti ad un capitalista che vuole riformare il capitalismo (per continuare a farci affari), mandarlo in riformatorio, come dice zariele… 🙂

      ovvio che questi sono i capitalisti meno stupidi, e quindi i più pericolosi: si rendono conto benissimo che stanno tirando troppo la corda e rischiano la fine dei nobili nella rivoluzione francese.

      e tuttavia, aldilà di vuoti proclami, mi colpisce molto che non abbiano vere proposte di riforma.

      ad esempio, perché non eliminare del tutto il principio dell’eredità legittima? dopotutto il passaggio del capitale di padre in figlio è la negazione diretta del principio meritocratico che secondo loro sarebbe alla base del capitalismo stesso!

      c’è qualche merito, ad esempio, nel chiamarsi Lapo e nell’essere fratello del presidente della FIAT?

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  4. Il capitalismo non si riforma da sé; serve una visione politica e sociale sostenuta da un movimento neutro ai vecchi schieramenti politici, forte di un voto di maggioranza che imponga una riforma strutturale dell intero sistema finanziario e capitalista, produttivo e dei servizi.
    Un paese come l’italia, potrebbe ben essere test di questa politica illuminata; a partire dal dimezzamento del debito pubblico trattando i detentori dei titoli come gli imprenditori fanno quando ‘abbandonano ‘ le società i debitate al loro triste destino senza rimettere i loro debiti a banche e fornitori, una seria politica per lo sviluppo sostenibile di micro imprese di servizi, turismo, agro-industria di qualità, cultura e recupero borghi e ambiente. Rifacimento rete idrica che risale ai romani e antisismico e antincendio in tutto edifici pubblici x creare lavoro immediato. Ristrutturazione fiscale e salario più alti con meno lavoro!! Una rivoluzione insomma!!

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    1. ci sarà mai una maggioranza in Italia per una simile politica sociale? (che ovviamente condivido nelle sue linee generali).

      alcuni provvedimenti sono urgentissimi, ma a livello mondiale: ad esempio, il fissare l’obbligo di versare comunque i contributi sociali, per ogni processo di automazione che riduce i posti di lavoro.

      se non si fa subito qualcosa del genere, a breve avremo milioni di disoccupati, inferociti e pericolosi oltretutto.

      certo, non è possibile per un paese solo aumentare i salari e contemporaneamente ridurre l’orario di lavoro: eppure decisioni simili vanno rapidamente prese su scala internazionale.

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  5. Capitalismo: specchio tragico e perfetto del dell’istinto accaparratore del singolo e dunque della specie o meglio ancora della vita.
    Equilibrio, disequilibrio, nuovo diverso equilibrio… evoluzione, storia…
    Va bé, troppa sintesi, il discorso più complesso lo sviluppi tu…

    1549
    RE DESIDERIO

    Figlio dell’istinto, il desiderio
    è parente spurio
    di vitale fame e sete.
    Si fruga, si brama per obbligo di esistenza.

    E’ energia che sgorga,
    luce che illumina
    e faro per raggiungere il domani.

    Con i suoi doni,
    con un po’ del suo respiro
    è la terra che tutti soddisfa.

    Troppi uomini, troppe voglie, infiniti desideri.
    Ora sepolta dall’immane cumulo ansima,
    tossisce, si ammala, muore.

    1548
    TROPPO TROPPO

    Troppo
    Troppe persone
    Troppo lavoro
    Troppe cose
    Troppi desideri
    Troppe case
    Troppe strade
    Troppe auto
    Troppa acqua
    Troppo vestiario
    Troppo consumo
    Troppo scarto
    Troppe parole
    Troppi io
    Troppo troppo.

    Troppa poca la terra.
    Nessuno rinuncia, nessuno riduce.

    1517
    IL TROPPO DOLCE SI FA AMARO

    Ci si abitua al dolce,
    la lingua è assuefatta,

    lo cerca,
    lo vuole,
    e se manca lo pretende.

    Ci si droga di comodità insulse,
    corpo le fa sue,

    si inferma,
    si infiacca,
    si imborghesisce.

    Ci si adagia nella norma che rassicura,
    la mente rifiuta il nuovo,

    si conforma,
    si sdraia,
    si annulla.

    Ci si pasce di stordimenti,
    il sonno governa i giorni,

    si perde il mondo,
    si perde la vista,
    si consuma il vuoto.

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  6. Considerata la nostra età – anche se giovani di spirito – direi che lascerei la risposta a quelli che verranno. Ma nutro seri dubbi sulla capacità del capitalismo di riformarsi. Nemmeno mandandolo in riformatorio…

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    1. sulla incapacità del capitalismo di riformarsi spontaneamente sono assolutamente certo: nella storia gli unici tentativi di adattamento (durati poco) sono venuti soltanto da crisi sociali gravissime e da una tragedia come la seconda guerra mondiale.

      ora quegli insegnamenti storici sono dimenticati e si stanno rapidamente riformando le stesse condizioni politiche ed economiche che portarono alla prima, ma con un quadro di potenza tecnologica bellica incomparabilmente superiore, per cui i morti di una prossima guerra globale si dovrebbero contare a centinaia e non a decine di milioni.

      quanto al vederlo crollare, il capitalismo, invece, non ho certezze, ma non ho neppure lasciato cadere la speranza o l’incubo di assisterci.

      come vedi sono un ostinato ottopessimista. 🙂

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