passa un aereo nella mattina, si sente il rombo alto nel cielo finalmente azzurro, e scorre verso est.
potrebbe essere quello su cui si è imbarcata mia figlia Sara, ma è solo una immaginazione.
come ci si sente ad avere una figlia che sta volando ad Abu Dhabi per un colloquio di lavoro – nel Golfo Persico e proprio nel giorno in cui gli americani si inventano la solita bufala della petroliera giapponese attaccata dagli iraniani, guarda caso mentre si svolgono dei colloqui fra i due paesi?
male, direi, a parte la soddisfazione per lei.
. . .
bravissimi gli americani, comunque, a riprendere in bianco e nero e molto sfuocata la presunta barca iraniana che torna indietro a prendersi una bomba dimenticata (e sembra un film di Totò), però non sono riusciti a riprenderli quando la mettevano.
comunque quanti passi avanti nelle sceneggiature dal finto attacco nord-vietnamita del 1964 nel Golfo del Tonchino…
. . .
intanto mia figlia sarà lì per tre giorni, e speriamo che intanto non succeda niente.
lei quoque? ma c’è qualcuno che vorrebbe restare a questo punto?
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l’unico che alla fine ha scelto di restare, perché non lavora più, sono io. ma lei già ha lavorato qualche anno a Pechino e finora l’Italia non le ha offerto niente di veramente buono e stabile.
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queste in verità non sono nemmeno scelte. Sarebbe meglio chiamarle naturali conseguenze delle variabili ambientali. Una scelta senza alternative.
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infatti. aggiungi che anche lei l’hanno cercata; aveva forse mandato un curricolo un anno fa.
ma anche questa è storia comune, vero?
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beh sì… alcuni sono ancora in attesa ma la storia è simile. Il fatto è che l’aria mi pare identica a quella del 2008, a questo punto l’avranno già sentita in tanti…
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il fatto tragico è che, se guardiamo alla salute del pianeta e non a quella dei suoi abitanti umani, questa crisi ce la dobbiamo perfino augurare, visto che altro modo per limitare i consumi non c’è.
ci sarebbe quello di limitare i consumi di chi ha di più, ma a questo punto forse non basterebbe neppure…
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niente è fatto per durare in eterno. In ogni caso non è il pianeta a rischio ma solo la società umana. Quindi si farà il possibile per contenere i danni quando si avrà una percezione migliore del pericolo.
La crisi non è auspicabile. Tramite la crisi diminuirà molto l’efficienza delle tecnologie che usiamo… ad esempio auto più economiche e inquinanti. La crisi non è la soluzione ma la mazzata finale.
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sul primo punto hai ragione: niente è fatto per durare in eterno.
sul secondo sembra di sì: In ogni caso non è il pianeta a rischio ma solo la società umana. parlando di pianeta, uso una metafora.
e tuttavia attenzione: il pianeta sta uscendo dalla fascia di abitabilità del sistema solare; in tempi più lunghi, andando verso scenari climatici venusiani, l’affermazione smette di essere una metafora, anche se la responsabilità umana non c’entra niente.
sul terzo punto, anche: ma sarà certamente troppo tardi.
sul quarto punto potresti avere ragione, e non mi sento neppure di scommettere, dato che difficilmente potrei verificare ed eventualmente riscuotere la posta della scommessa.
da un punto di vista più generale resto però convinto che la tecnologia è in grado di dare una risposta di breve periodo ai problemi, ma inevitabilmente creandone altri di più grandi.
la tecnologia non è la soluzione, secondo me, è il problema: la scommessa di una specie tecnologica capace di crearsi un mondo su misura dei propri bisogni è persa.
è ovvio che su questo punto la pensiamo diversamente: io mi sono laureato in lettere, tu sei un ingegnere…
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la tecnologia è una componente inseparabile della modernità. Non è più possibile farne a meno, è uno dei fondamenti che non può essere eliminato senza effetti catastrofici. L’effetto collaterale è che deve costantemente migliorare in quanto l’essere umano si espande come il gas e tende a saturare in breve tempo ogni miglioramento introdotto tramite la precedente evoluzione tecnologica. Una crisi metterebbe in difficoltà quella evoluzione e di conseguenza la sostenibilità dell’essere umano.
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sicuramente: inseparabile, e anche insuperabile.
non può essere eliminata senza effetti catastrofici, hai ragione; ma non può neppure essere sviluppata senza effetti catastrofici.
per la verità non è la tecnologia in se stessa la causa di questa catastrofe che non ci lascia scampo, ma lo sviluppo demografico umano che la tecnologia stessa ha reso possibile, mettendosi al suo servizio in maniera totalmente acritica.
la catastrofe ha vinto in ogni caso: sia se la tecnologia crolla, sia se la tecnologia sopravvive, perché siamo già arrivati al punto in cui la tecnologia ha messo in moto reazioni che superano le sue possibilità di intervento.
non usare il condizionale: la crisi della sostenibilità dell’essere umano non è una ipotesi, ce l’abbiamo sotto gli occhi.
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la tecnologia ci ha permesso di costruire un palazzo sempre più alto per rispondere alle esigenze di un sempre più alto numero di abitanti. A un certo punto arriva il momento quando per limiti strutturali non puoi più andare avanti a costruire un altro piano e quindi rimpiangi il momento quando la vita era più semplice e c’erano pochi in una casetta piccola. Quindi torniamo alla casetta ma cosa ne facciamo degli abitanti dei piani superiori?
Abu Dabhi non esisterebbe senza la tecnologia.
Tutte le cose hanno una fine. Il riciclo assoluto dei materiali che usiamo oggi è impossibile, me lo ricordo da un corso all’università. C’è sempre una percentuale di scarto assoluto.
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la tecnologia sessant’anni fa celebrò i suoi trionfi costruendo la diga di Assuna, creando un lago lungo 500 km e spostando persino i tempoi egizi di Abu Simbel: nasceva un nuovo Egitto moderno, autosufficiente dal punto di vista energetico, ecc. ecc.
l’hai visto? non sono stati neppure capaci di prevedere che la diga avrebbe fermato le alluvioni periodiche del limo e distrutto l’Egitto agricolo e che l’acqua raccolta nel lago evapora molto e dunque l’Egitto agricolo ne soffre anche da questo punto di vista.
come stanno risolvendo il problema? costruendo un secondo Nilo artificiale.
che la tecnologia sia insostituibile, dato che si è resa tale, è vero, ma questo non garantisce affatto che funzioni per sempre: del resto lo dici anche tu: tutte le cose hanno un fin e, e dunque anche la tecnologia.
l’unica cosa che la tecnologia ci garantisce è che quando crollerà spariremo anche noi, o quasi: sparirà almeno del tutto la civiltà moderna e anche quella post-moderna.
un vecchio classico: Roberto Vacca, Il medioevo prossimo venturo-
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to’, finito il commento, vado su internet e che cosa ti trovo? la notizia del guasto alla corrente elettrica in Argentina, Uruguay e territori vicini: 50 milioni di colpo senza elettricità.
è esattamente il modo in cui Vacca descrive l’inizio del crollo della civiltà tecnologica nel suo libro.
non andrà così, naturalmente, se nelle prossime ore l’interruzione della corrente elettrica, invece di estendersi progressivamente, verrà rimediata, ma la coincidenza la trovo impressionante.
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In Egitto potrebbero aver previsto i problemi e fatto una valutazione dei pro e contro. Questa ovviamente finisce nelle mani di una persona incompetente che di solito prende le decisioni.
Il professore di quel corso di riciclo dei materiali, poi scomparso in un incidente d’auto qualche anno dopo, diceva che non possiamo evitare il disastro ma che il compito era rimandarlo quanto più in là possibile.
La rete elettrica è soggetta a tanti attacchi hacker. Una guerra online si potrà valutare anche dallo sfarfallio della lampadina di casa sai. Magari è stato solo un guasto ma non escluderei nemmeno l’altra opzione più volontaria.
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sono stato al museo della diga ad Asswan (colpo basso, lo ammetto): no, pare che non ci avessero pensato, dopotutto erano ingegneri e pensavano solo a fare una diga fortissima, che potesse resistere anche ai bombardamenti.
tu non puoi saperlo, ma pensa che io mi ricordo le notizie alla radio: nel 1956, per quella diga e per la nazionalizzazione del canale di Suez, Inghilterra, Francia e Israele invasero – perfino – l’Egitto, e furono costretti a ritirarsi perché Kruscev, il capo dell’URSS, minacciò di lanciare le atomiche su Londra e Parigi; intanto insorgeva Budapest, allora sotto controllo russo, che veniva occupata militarmente dai russi, appunto, e il capo del Partito Comunista, che aveva cercato una democratizzazione del regime, venne impiccato una volta occupato il paese.
– non sono soltanto gli hacker che provocano i guasti alle linee elettriche: nel saggio di Vacca era soltanto un problema di sovraccarico di rete, se non ricordo male.
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negli anni ’50 non si preoccupavano tanto di fare analisi di impatto. Oggi le fanno ma costruiscono lo stesso.
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Non succeda niente anche nel senso che non la prendano?;-)
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no, questo non lo intendevo, ma l’inconscio chissà.
però semmai avrebbe dovuto suggerirmi il contrario, visto che avrei avuto dei buoni motivi per andarla a trovare, come quando era in Cina, eheh.
sono stato incerto se scrivere “non le succeda niente”, ma mi sembrava troppo egoista, anche se forse avrebbe eliminato l’ambiguità che maliziosamenrte hai colto.
buona settimana: ora ti leggo.
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