la frase del titolo ha due significati possibili: come abbiamo fatto a diventare stronzi e quanto siamo diventati stronzi: vanno bene entrambi.
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sto andando a Brescia in macchina e risalgo le coste di Sant’Eusebio, una strada di montagna interna che abbrevia il percorso, ma soprattutto permette di evitare le code sempre presenti nella superstrada: dopo un po’, ecco davanti a me un giovane motociclista che procede un po’ più lentamente, ma rimane ostentatamente in mezzo alla strada, eppure deve avere visto nello specchietto che sto cercando di superarlo, in barba alla linea continua e alle curve che si susseguono.
ma finalmente ecco un tratto rettilineo un poco più lungo, io che pigio sull’acceleratore e passando, mentre mi guarda, gli faccio un cenno gentile di stare più accostato a destra, credo perfino accompagnandolo con una specie di sorriso.
ma non incontro rispondenza, anzi vedo adesso io nel retrovisore che il tipo si è buttato a tavoletta sull’acceleratore e ora mi sta alle costole con la stessa ostentazione con cui prima stava in mezzo alla strada; però non riesce o non intende superarmi, ma sta sempre a cinquanta centimetri dal mio paraurti.
la situazione si fa facendo degna del primo film di Spielberg, Duel; talmente potente che me lo ritrovo nei retropensieri; tra i quali, ecco anche che basterebbe una fermata brusca per liberarmi dell’impiccio – ma il tipo si farebbe male.
l’inseguimento dura una decina di minuti, che sono stress puro per me; poi, come se fossimo in contatto telepatico, sento che nell’arrivare al passo quell’onda di odio che gli attraversava la mente si è sciolta: del resto ora siamo in discesa e può finalmente sorpassarmi, mentre io lo lascio fare guardando il suo casco nero.
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a Brescia vado alla lavanderia nel centro commerciale: fa prezzi della metà di quelli che trovo in valle, così che con un pieno di camicie e pantaloni mi pago abbondantemente il viaggio.
davanti a me c’è una distinta ed elegante signora che urla e inveisce come una sguattera contro la commessa perché lei, la signora, ha perso la ricevuta della biancheria consegnata ed ora reperirla è un problema e dovrà tornare perché l’addetta abbia il tempo di fare le sue ricerche.
la commessa è gentile, oltre che extracomunitaria; la cafona invece è del genere “prima gli italiani”, evidentemente.
di quelli che, non a caso, vogliono essere padroni a casa nostra: sì, proprio anche a casa nostra.
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commento con la ragazza, che scuote la testa, e arriviamo alle stesse conclusioni: non si è mai abbastanza prudenti per evitare di essere attaccati dalla gente arrogante e violenta che c’è in giro.
io a casa allargo il discorso tra me: quel che succede qui non è una cosa particolare né dell’Italia né dei tempi: l’essere umano è naturalmente stronzo ed il benessere gli dà un senso di sicurezza che esaspera la sua natura negativa.
il successo dei populismi del mondo non è un effetto della paura (come a volte io penso, riferendomi all’effetto serra: la maggior parte non sa neppure che ci sia e che lo sa ne ha una nozione molto vaga e semplificata, come le soluzioni indolori alle quali pensa).
al contrario l’arroganza è frutto della sicurezza, del benessere, dell’assistenza sociale; la crisi demografica è l’effetto delle pensioni, perché una volta erano i figli il bastone della vecchiaia, ma ora che ci sono delle buone o discrete pensioni per molti, questi non hanno bisogno di figli e ognuno preferisce pensare di costruirsi una certa sicurezza nel futuro con un buon lavoro.
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insomma, se lotti contro la povertà e vinci, generi l’egoismo.
e adesso capovolgi la morale e, per distruggere l’egoismo, capisci che serve una nuova povertà.
lasciamoli fare: ci arriveranno presto.
Il guaio è che conosco anche molti stronzi che stanno più verso la povertà che la ricchezza. Non sono sicura delle percentuali.
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puoi sempre guardare i sondaggi, se non sei sicura… 🙂
e sempre che ti fidi di loro… 😉
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commento ricevuto via mail:
Arroganza da benessere
Caro Borto[cal],
tu scrivi:
«L’ essere umano è naturalmente stronzo ed il benessere gli dà un senso di sicurezza che esaspera la sua natura negativa. Il successo dei populismi del mondo non è un effetto della paura […]. Al contrario l’arroganza è frutto della sicurezza, del benessere, dell’assistenza sociale; la crisi demografica è l’effetto delle pensioni, perché una volta erano i figli il bastone della vecchiaia, ma ora che ci sono delle buone o discrete pensioni per molti, questi non hanno bisogno di figli e ognuno preferisce pensare di costruirsi una certa sicurezza nel futuro con un buon lavoro.
Insomma, se lotti contro la povertà e vinci, generi l’egoismo.
E adesso capovolgi la morale e, per distruggere l’egoismo, capisci che serve una nuova povertà.
Lasciamoli fare: ci arriveranno presto.».
Questo tu. Io qualche sospetto l’ò da molto tempo.
Ascolta. Pezzaze e Bovegno e Collio sono stati paesi di morti per silicosi prima della vera vecchiaia. Si costatava che le vedove dei minatori – pensioni INAIL – ingrassavano. Nella “cultura” pre-contemporanea grassezza non era cattivo segno. A Bovegno, con catto-clericale ipocrisia, se ne taceva, ma a Pezzaze, più laici e socialisti (votavano PSIUP), lo si diceva (Collio non lo praticavo (si votava anche PSDI)). Non ricordo se con disappunto invidiosetto o se con
compiacimento per il welfare: ero ragazzo preginnasiale, più spiritualmente acclimatato a Bovegno (si votava DC) che a Pezzaze.
Com’è come non è, da tempo io me ne esco, rasentando la boutade (ma ora grazie a te capisco che era
un’ intuizione), con l’ espressione che le vedove (tu pensa al senso biblico e evangelico) non ci sono più.
La gente mi guarda incredula, pensando scioccamente all’ anagrafe. Per il gusto dell’ épater le bourgeois glielo lascio un po’ credere. Poi replico: son tutte risposate. Sì, con l’ INPS.
Ma veniamo a noi. Da un po’ di bloggate mi pari più amaro, per non dire sconsolato, quasi intellettualmente rinunciatario.
Intellettualmente rinunciatario a te non lo permetto; ti perdonerei il capzioso trasgressivismo minuscolista, ma questo no.
Ciao.
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buono il modo in cui hai selezionato il concetto: molto più chiaro e netto così; una specie di lezione pratica per me su come evitare di divagare verso l’inessenziale.
poi ti sei concentrato su un aspetto del problema; sulla sicurezza prodotta dallo stato sociale e non sull’egoismo arrogante che ne consegue; vero anche che l’epoca alla quale ti riferisci lo rendeva ancora una conquista recente, che non aveva avuto il tempo di dispiegare tutti i suoi effetti negativi.
penso che se tu ritorni oggi in quei luoghi troveresti la stessa piccola borghesia rancorosa che ha preso il posto della classe operaia con la sua mentalità parassitaria e la sua torva insoddisfazione per un livello di consumi che risulta sempre insoddisfacente e inadeguato per chi lo vive.
quanto all’osservazione finale, anche questa probabilmente è vera.
ti citerò ora la frase di Leopardi che ti accennavo ieri a voce vagamente, e che mi pare si avvicini alla mia situazione attuale:
Io ho lungamente ricusato di creder vere le cose che dirò qui sotto, perché, oltre che la natura mia era troppo rimota da esse, e che l’animo tende sempre a giudicare gli altri da se medesimo, la mia inclinazione non è stata mai d’odiare gli uomini, ma di amarli. In ultimo l’esperienza quasi violentemente me le ha persuase: e sono certo che quei lettori che si troveranno aver praticato cogli uomini molto e in diversi modi, confesseranno che quello ch’io sono per dire è vero; tutti gli altri lo terranno per esagerato, finché l’esperienza, se mai avranno occasione di veramente fare esperienza della società umana, non lo ponga loro dinanzi agli occhi.
(è la frase con cui iniziano i Pensieri di Leopardi).
con una differenza di condizione: che Leopardi dice di avere a lungo rifiutato di rassegnarsi alla verità sulla psicologia umana, mentre io – al contrario – per lungo tempo non ho neppure sospettato che questa potesse essere così e sono vissuto nell’illusione progressista di un essere umano naturalmente buono: questa stupida idea che da Rousseau ha avvelenato i pozzi del pensiero politico solidaristico con una specie di allucinazione filantropica di massa.
questa visione nuova mette ai miei occhi in una luce di sciocca mancanza di realismo buona parte della mia vita passata e questo non è troppo gradevole nel momento in cui si è portati a tentare il bilancio esistenziale del proprio passaggio nel mondo, questo è vero.
ma, peggio, lascia aperta la domanda su quali siano le basi dell’impulso umanitario che ancora non si è spento del tutto in me, dopo una vita comunque dedicato a lui; solo, lo rende più consapevole e dunque anche più selettivo: soltanto l’uomo che soffre e mentre soffre è degno della nostra solidarietà e del nostro amore.
ma, dirai tu, anche l’essere umano travolto dal consumismo soffre, anche se non sa perché.
vero, ma non possiamo amare chi non vuole essere amato, vero?
questo è il limite invalicabile della solidarietà e perfino del più umano amore individuale.
lascio a te di valutare se in questa nuova coscienza del limite ci stia bene nascosto un desiderio oramai quasi senile di gettare la spugna.
ciao e grazie del commento.
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1030
LO STRONZO
Gli stronzi sono tutti uguali.
Uno stronzo di sinistra
È stronzo esattamente
Come uno stronzo di destra.
Lo stronzo di sinistra è
In automatico espulso dalla sinistra
Perché era un mimetico stronzo di destra.
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insomma, sono uguali: cambia soltanto l’inclinazione… ahaha
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