è uscito il rapporto PISA, una analisi internazionale, condotta attraverso test, delle competenze prodotte in vari paesi dalla scuola, e per l’Italia va male, come sempre, ma quel che è peggio è che va anche peggio che nella rilevazione di quattro anni fa.
fortunatamente qualche attenzione viene dedicata dai media questa volta a questo indice che è semplicemente quello delle competenze con le quali affrontiamo il futuro.
speriamo che passi anche nel dimenticatoio in fretta il nostro tipico modo di reagire a queste indagini, che è quello – possibilmente – di rifiutarsi di farle con le più sofisticate motivazioni ideologiche, come se non essere diagnosticati eliminasse la malattia.
ma per fortuna questo governo ha disposto, almeno, che i test INVALSI siano obbligatori nei prossimi esami di stato finali.
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in una indagine del 2018 risultava che il 70% degli italiani non ha le competenze per partecipare alla vita della comunità e il 28% ha competenze “bassissime”.
questa immagine dà bene un quadro internazionale di confronto su questa fetta della popolazione assolutamente inadeguata a prendere qualunque – ma proprio: qualunque – decisione relativa alla vita collettiva.
la colonna indica la percentuale dei cittadini totalmente privi di competenze, il quadratino la percentuale di quelli che ne hanno un grado elevato.
non vorrei rigirare il coltello nella piaga, ma in Italia questi numeri sono del 27,9% e del 3,3% rispettivamente; in Giappone del 4,9% la percentuale degli assolutamente incompetenti e del 22,8% quella degli altamente competenti: nella media OCSE siamo in una curva di Gauss grossolanamente corretta tra 12% e 12,7%; in Italia dunque in uno squilibrio fortissimo, già come valore medio – a parte quel che presto si vedrà sulle differenze territoriali.
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ovvio che si devono rompere i tabù e chiedersi che senso ha parlare di suffragio universale indistinto in un paese in una condizione simile: è come decidere di salire su un’automobile e farla guidare da uno senza patente.
perché, chiaramente, c’è un collegamento evidente fra le competenze di un paese e la sua situazione politica: per dirla in breve, quanto più la popolazione è ignorante, tanto più forte sarà lì il sovranismo – e scusate se lo dico in modo spiccio, ma ci sono studi internazionali precisi sulla correlazione fra QI (quoziente di intelligenza) e conservatorismo politico:
https://corpus0blog.wordpress.com/2019/11/29/quelli-di-destra-sono-piu-cretini-kanazawa-dice-di-si-wp-56-57-3-marzo-2010-154/
ma questo spiega anche bene come mai la destra disprezza la cultura e cerca di evitare, da sempre, lo sviluppo delle competenze che sono la base dello spirito critico.
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siccome i pochi che sono interessati al tema leggeranno qua e là sulla stampa analisi ben più qualificate della mia, io vorrei semplicemente provare una operazione controcorrente e compensare la povertà delle mie considerazioni tecniche con l’originalità del punto di vista, se ci riesco.
quindi, invece di parlarvi delle performance dei nostri studenti italiani testati (un campione di poco meno di 12.000 su un po’ più di mezzo milione), ripercorrerò i punti salienti di quel che emerge da questo studio parlando invece delle DUE ITALIE, nettamente distinte che lo studio mette in evidenza.
già, perché la fotografia del nostro sistema di istruzione è quella di un paese spaccato in due; e sui motivi di questa insuperata dicotomia non provo neppure a dire niente: sono forse troppo complessi e difficili da risolvere, oppure troppo semplici e semplicemente (appunto) insuperabili.
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le competenze nella lettura sono abbastanza buone al Nord: 501 punti nel Nord Est, 498 nel Nord Ovest 498; la media internazionale dei paesi OCSE è leggermente inferiore a 500, e quindi anche il Centro è sostanzialmente in linea.
il rapporto PISA dice invece che i quindicenni delle aree del Sud sono quelli che presentano le maggiori difficoltà, ma è un pietoso eufemismo: con 453 punti nel Sud e 439 nelle Isole, la situazione è da Terzo Mondo.
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queste sono le competenze linguistiche di comprensione di un testo in un paese pomposamente convinto di essere patria di poeti, oltre che di santi e navigatori.
diciamo anche che in lettura le ragazze superano i ragazzi di 25 punti; nel Nord-Est e nel Sud Isole il divario arriva a 30 e 35 punti di differenza. Il vantaggio delle ragazze è confermato anche da una presenza maggiore di ragazzi che non raggiungono il livello minimo di competenza: circa il 28% contro il 19%.
stando così le cose, ecco perché non c’è speranza di vedere lettori giovani su blog come questo…, semmai qualche sparuta giovane lettrice…
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va decisamente meglio in matematica al Nord e un pochino meglio al centro: rispetto ad una media OCSE di 489 punti gli studenti del Nord Est hanno un punteggio di 515, quelli del Nord Ovest di 514 e quelli del Centro di 494.
ma siccome questi livelli della parte settentrionale del paese sono più alti e la competenza media in matematica è in linea con la media dei paesi OCSE, questo significa che al Sud e nelle isole le competenze matematiche sono quasi altrettanto basse delle bassissime competenze linguistiche: 458 punti al Sud e 445 nelle isole.
in questo campo, però sono i ragazzi, soprattutto quelli che raggiungono i livelli più eccellenti, a superare le ragazze: nei paesi Ocse, la differenza media tra maschi e femmine in matematica è di 5 punti, in favore dei primi; in Italia questa differenza è più elevata: 16 punti.
segnale di una società maschilista?
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ma la vera catastrofe della scuola italiana è in ambito scientifico, cioè nel settore trainante della società moderna.
non solo i risultati sono scadentissimi, ma quel che è peggio sono in un calo drammatico:
solo gli studenti del Nord Ovest con 491 punti e del Nord Est con 497 punti sono in linea o hanno risultati di poco superiori rispetto alla media OCSE, che è di 489 punti.
ma già il Centro, questa volta, è chiaramente al di sotto della media, con 473 punti; ma al Sud con 443 punti e nelle isole con 430 punti, l’incompetenza scientifica dilaga a livelli pesantissimi.
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si osserva anche, a margine, che i licei ottengono un risultato medio in scienze significativamente superiore (503), ma gli Istituti tecnici con 460 punti, gli Istituti professionali con 394 e i Centri di Formazione professionale con 408 sono ben al di sotto, anche senza considerare le differenze territoriali.
la cosa non dovrebbe apparire così ovvia, dato che in questo tipo di scuola le competenze tecniche e operative, cioè in ultima analisi scientifiche, sono al centro della formazione: che alunni di questi istituti maneggino poco agevolmente le competenze linguistiche può anche starci; ma che non abbiano competenze scientifiche, considerando che dovranno applicare proprio queste nel loro lavoro non ci sta proprio.
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conclusa questa non breve e forse un poco faticosa analisi, resterebbe da aprire il capitolo di come è possibile affrontare questa problematica.
ma non abbiamo un ministro dell’Istruzione e direi perfino un capo del governo?
commenteranno? dopotutto sono questi i problemi veri…
oppure il governo continuerà a dilettarci tutti con la stolta sceneggiata sul MES?
Ti farà piacere sapere che ho iniziato a leggere i tuoi post a voce alta alla mia signora che apprezza molto. Ti vuole far sapere che anche lei è contraria la suffragio universale. Io non mi esprimo, non ho le idee chiare.
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certo che mi fa piacere, grazie!, vorrei dire “mitico”, ma la parola un poco mi preoccupa, soprattutto se in fondo al mitico vedo la mia faccia un poco consumata oramai dagli anni.
non sono affatto contrario al suffragio universale come principio, direi che sono per un suffragio universale responsabile. giusto per essere sintetico.
neppure io ho le idee chiare del tutto, chi potrebbe averle? ma il tema va discusso senza pregiudizi, anche se oggi è un tabù.
mi auguro altri commenti presto… 🙂
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Il suffragio universale ci può anche stare (pur con tutte le giuste critiche che si possono sollevare) ma senza una libera informazione sarà sempre solo uno strumento in mano a chi la finanzia.
In una società capitalistica non può sostanzialmente che essere così.
Il problema oggi sta oltretutto anche a monte ovvero nei partiti che sono anch’essi strumento di controllo e non di espressione della volontà popolare,
sono ormai pure cricche di potere; una volta al governo disattengono regolarmente i programmi elettorali con cui hanno ottenuto il voto.
A ben guardare non hanno nemmeno programmi ma soltanto marketing pubblicitario che con i media asserviti comunque funziona.
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dire che il suffragio universale nelle forme attuali va bene se c’è una libera informazione è come dire che la nonna è una carriola se ha le ruote.
altra volta ho argomentato più estesamente a favore di un sistema di assemblee che votano i rappresentanti, ma in un quadro di pluralismo politico in cui lo stato finanzia le forme di politica dal basso mettendo a disposizione dei cittadini gli strumenti per farla localmente; e ho anche proposto, in via sperimentale, di introdurlo per la seconda camera, il Senato, che diventerebbe la vera Camera delle autonomie locali.
ovviamente, prima e aldilà di ogni riforma, va vietato ogni contributo ai partiti politici nazionali superiore a un certo, modesto, importo: senza una norma di questo tipo la politica resterà comunque un affare principalmente economico, con tutte le degenerazioni connesse.
mi piacerebbe che il movimento delle sardine si ponesse questi problemi.
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Sono ormai un fiero assertore dell’abolizione del suffragio universale.
Stabiliamo dei criteri e facciamo votare solo quelli che li rispettano.
Del resto, nemmeno la patente di da a chi non è idoneo!
Non mi sorprende che stiamo andando indietro anche nelle competenze scolastiche: dalle elementari alle medie alle superiori all’università si sono affastellate riforme tutte peggiorative: tra quelle che mi vengono in mente il ritorno al maestro unico, il programma demenziale per cui la storia si inizia alle elementari e continua alle medie, la proliferazione di licei musicali e coreutici (tutti musicisti e ballerini, pronti per diventare Amici di Maria), persino il triennio universitario che ha trasformato l’università in una fabbrica di esami, se già non lo era…
Sulle differenze tra Nord e Sud non è un problema solo di scuola, mi pare: la questione meridionale è ancora lì, con tutte le sue contraddizioni, prendiamo Taranto…
comunque, lo ricordo sempre, a militare scoprii che esistevano ancora gli analfabeti (pensavo fosse rimasta solo mia nonna) invece esistevano, erano ragazzi come me e venivano quasi tutti dal Sud.
Sono passati 40 anni… (per inciso a militare poterono frequentare una scuola e imparare i rudimenti di lettura e scrittura… a qualcosa serviva ).
Sui ragazzi più bravi delle donne in matematica credo sia solo un problema di numeri.
Le donne mediamente sono più brave in tutto, magari non si appassionano alla matematica perché hanno altri interessi (questi magari indotti da condizionamenti culturali, si).
Ad esempio, questa è carina, mio figlio tiene un corso in una scuola media della provincia per “convincere” le ragazze a frequentare scuole tecniche…
non mi sorprende invece che le competenze degli istituti professionali siano sommarie: si tratta di essere pronti al lavoro, una conoscenza scientifica teorica nella maggior parte dei casi non “serve”…
ti auguro comunque che qualche giovane legga e commenti questo post, come altri tuoi interessantissimi!
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partendo dal fondo: l’abolizione della ricerca personale da presentare agli esami finali di stato è stata un colpo mortale alla leggibilità dei miei blog da parte delle giovani generazioni! in passato, almeno, a maggio giugno avevo una impennata pur sempre relativa ed effimera di lettori che attribuivo a qualche scopiazzatura; ma adesso con le tre buste da telequiz (fortunatamente abolite da questo ministro!) i contatti sono diventati radi, o meglio praticamente nulli…
risalgo: quanto alle competenze scientifiche che non servirebbero negli istituti professionali o tecnici, perché troppo teoriche, credo che hai messo il dito sulla piaga giusta; solo noi intendiamo la scienza in questo modo; quando andai in Finlandia (considerata la scuola migliore del mondo per i risultati) scoprii che ogni insegnante aveva la sua aula ed erano gli alunni a spostarsi da una classe all’altra per le lezioni: l’aula dell’insegnante di scienze era ovviamente un laboratorio dove gli alunni praticavano la scienza (ho avuto la fortuna di dirigere un istituto sperimentale scientifico-tecnologico dove l’insegnamento era impostato esattamente così); a me un elettricista che non ha neanche una vaga idea di che cosa sia davvero l’elettricità fa senso; ma noi insegniamo ancora la scienza come fosse una specie di matematica astratta, e siamo la patria di Galileo che ha inventato la scienza sperimentale, e si rivolta, invano, nella tomba!
anche io credo che le ragazze sarebbero altrettanto brave in matematica, con meno condizionamenti culturali…
sulle differenze fra nord e sud non parlo neanche sotto tortura: nella patria del familismo amorale può svilupparsi una vera cultura? e il QI medio più basso è causa o effetto (come io credo)?
la crisi della scuola italiana ha tante cause: io indicherei la prima nei media e nei loro messaggi diseducativi; del resto in un paese in cui non si fa carriere per competenze, ma per amicizie clientelari, i ragazzi hanno capito bene che studiare non serve.
credo che abbiamo già parlato altra volta della crisi della democrazia rappresentativa (ma forse non era con te); sono convinto che un modo migliore di realizzare un vero processo decisionale condiviso sia il voto in assemblea (del resto antica tradizione, almeno in queste valli); ma se ci teniamo questo sistema, il MINIMO che possiamo fare è l’introduzione della patente elettorale a punti, con test di idoneità per ottenerla, sospensione per infrazioni gravi, esclusione dal voto dei tossicodipendenti (compresi quelli da alcool e limitazioni per quelli da fumo) e degli evasori fiscali, perdita a vita dei diritti politici per i corrotti, ecc. ecc.
credo che noi due siamo gli unici in Italia a pensarla così, ma forse devo aggiungere il mio amico afo, che non a caso la pensa pure così, avendo un QI 140, che l’Italia assolutamente non sa utilizzare.
tornando al fondo, grazie dell’apprezzamento, naturalmente.
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Si, sulla crisi della democrazia rappresentativa e di patente a punti abbiamo parlato… un esamino di abilitazione ci vorrebbe proprio!
La cosa strana è che, quando votava più dell’80% della gente, sembrava più consapevole di oggi (anche se…) e ora che l’affluenza è minore e si pensa dovrebbe andare solo chi ha interesse (o meglio chi si interessa) si scelgono rappresentanti assurdi..
dipende molto anche da chi si candida e dalle idee…
quindi non so, bisogna rivedere anche la parte dell'”offerta politica”, come la chiamano adesso (e questo spiega molto del perché siamo messi come siamo messi…)
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a me pare, prendendo esempio per primo da me stesso, che oggi non va a votare forse piuttosto chi è consapevole che chi non lo è.
ma il cuore del problema sta nel fatto che votiamo con una legge elettorale, anzi con una sequela di leggi, incostituzionali dichiarate nel punto centrale, che è l’impossibilità dei cittadini di scegliersi i rappresentanti, dato che le liste sono bloccate di fatto dai partiti, e dunque viene candidato soltanto chi è omogeneo alle cricche mafiose che questi sono diventati, salvo forse qualche occasionale specchietto per le allodole.
votare in queste condizioni è come andare come pecore a votare alle elezioni truccate fasciste.
quindi non direi che gli elettori “si scelgono” rappresentanti assurdi, direi che vengono convinti che votare per un certo partito è la salvezza del paese e quindi si tappano il naso e votano chi gli viene proposto; è in questo modo che da queste parti i leghisti eleggevano il figlio di Bossi, il Trota: credi che lo avrebbero fatto se avessero potuto almeno scegliersi un altro leghista?
a sinistra è lo stesso: si demonizza Salvini, così si digerisce anche Renzi o Calenda o chi altro.
ma in altre parti del paese, invece, l’adesione è attiva: chi vota De Luca alle regionali della Campania sa bene chi vota e perché.
il fatto è che la democrazia non è adatta ad un paese mafioso, anzi è addirittura pericolosa.
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