la Bestia di Salvini non funziona più, ed effettivamente sono bastati i quattro ragazzi generosi della Sardine a svelare che il re è nudo.
ma non dobbiamo tifare Salvini (senza dirlo) soltanto perché ci fa comodo come il nemico perfetto che ci risparmia di avere un programma politico vero, esattamente com’era con Berlusconi nella generazione trascorsa.
non è affatto sconfitta la desta, badiamo bene, ma lì dentro oramai Salvini è più una zavorra che una risorsa; come dicevo da sempre, è stato un fenomeno tutto montato dai media, in primo luogo oramai la rete, strumento principe del condizionamento mentale ossessivo di massa (per chi si lascia condizionare), ma la destra italiana ha urgente bisogno di un nuovo leader.
la sinistra, invece, ha urgente bisogno di un nuovo programma, che sia qualcosa di diverso dal portare a 100 gli 80 euro al mese di Renzi: è vero che oramai l’indebitamento degli stati, come se non ci fosse un domani, il nuovo mantra universale mondiale, e lì dentro neppure l’enorme debito pubblico italiano fa oramai così paura, visto che anche altrove si marcia su livelli analoghi, se non proprio simili.
però proprio per questo un nuovo programma di una sinistra davvero ecologica dovrebbe consistere in qualcosa di diverso dal grido indebitiamoci perché dobbiamo sviluppare i consumi (o fantasma di Berlinguer e della sua austerità!).
e in questo occorre avere anche il coraggio di essere minoranza, se occorre, e guardare ai tempi medio-lunghi.
e occorre anche umo spirito di disciplina sconosciuto a sinistra (e qui mi cospargo io personalmente per primo di cenere la testa): intendo che dentro l’area di riferimento si deve discutere, anche nel modo più aspro, ma poi decidere e qui, se non sono in gioco valori costituzionali, stare comunque tutti alle scelte prese a maggioranza; e faccio soltanto due esempi: prescrizione e TAV.
stare alle decisioni della maggioranza dell’area di riferimento non significa rinunciare ad obiettare sul piano della discussione, ma deve vietare COMPORTAMENTI difformi (dal voto alle manifestazioni, in particolare violente): solo restando coesi si può pensare di essere credibili.
ma per concludere, dopo i miei poveri slogan, ecco perché quella dell’Emilia non è una vittoria piena, e quella della destra è tutt’altro che Waterloo, ma soltanto Stalingrado o l’inizio della ritirata di Russia, e il pallino ce l’hanno ancora in mano loro, se si liberano in fretta di Salvini e trovano un leader più credibile (che ancora non si vede all’orizzonte).
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va analizzata prima di tutto la catastrofe calabrese, segnale – temo – di un meridione allo sbando e fuori da ogni contesto civile:
il primo dato tragico la partecipazione al voto: 44,6%.
forse è giunto il momento di pensare ad introdurre in Costituzione il principio che qualunque elezione o votazione di organi rappresentativi a cui non partecipa almeno il 50% degli aventi diritto è nulla, e di individuare gli organi che subentrano con diritto di nomina di commissari sostitutivi, con una legge di rango costituzionale.
nel caso di una Regione i cui abitanti non sono interessati ad eleggersi i loro rappresentanti si dia al parlamento il diritto di nominare un commissario che eserciti i poteri del consiglio regionale, sentendo a titolo consultivo i consigli provinciali in carica – ad esempio.
(ferma restando l’opportunità di una radicale revisione e di un forte ridimensionamento dei poteri delle Regioni, altro che autonomia allargata!).
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nel caso specifico della Calabria, in base al peso reale della rappresentanza politica uscita da queste elezioni, rapportata alla partecipazione, ognuno giudichi da sé che senso ha far governare una regione in base a risultati simili (ancora provvisori, peraltro, perché la regione si distingue anche nella lentezza a calcolarli):
destra in totale: 24,8% degli aventi diritto al voto; centro-sinistra: 13,8%; 5Stelle: 3,3%.
non perdo tempo a ricalcolare i risultati veri delle singole forze politiche (se ci fosse una stampa seria, lo farebbe lei); e tuttavia prendo qualche esempio soltanto guardando a destra: Lega per Salvini: 5,4%; Forza Italia: 5,7%; Fratelli d’Italia: 5%.
percentuali ridicole: la nuova Presidente della Regione (peraltro, purtroppo per lei, in terapia oncologica), la signora che ha accolto con un beato sorriso la battutaccia di Berlusconi che in trent’anni che la conosce …, governerà la Regione in grazia di consensi reali per il suo partito che non arrivano al 6%.
certo, nessuno sa come portare a votare il 56% dei calabresi che hanno espresso la loro indifferenza; ma certamente l’istituzione regionale esce totalmente delegittimata da un risultato simile – peraltro ripetuto anche alle elezioni precedenti.
e peraltro non è riuscito a cambiarlo neppure un candidato come quello del centro-sinistra che si proponeva, almeno a parole, come alternativa onesta al clientelismo corrotto della gestione precedente del Partito Demokrat.
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veniamo all’Emilia Romagna, ora, col suo non più che discreto 67,6% di votanti; e qualcuno ringrazi Salvini, perché alle elezioni precedenti avevano votato meno che in Calabria: il 37, 6%.
è certo importante che la Regione abbia detto no ai citofoni, all’uso di Bibbiano per una propaganda oscena, alla strumentalizzazione selvaggia dei peggiori pregiudizi da forca, ad una assenza totale di programma, ad una candidata incredibile che ha detto pubblicamente che la Regione confina col Trentino Alto Adige e che fa la partigiana della famiglia tradizionale dopo avere gestito, qualche anno fa, serate in discoteca a tematica LGTB (ma dove sono andati a pescarla?) e aveva contro perfino suo padre.
ma la Regione rossa, la capitale della tradizione socialista e comunista dei due secoli scorsi, ha detto basta a questo scempio col 33,4% degli aventi diritto al voto, contro il 29% a cui invece la cosa andava benissimo.
anche a noi va bene il risultato, sia chiaro; ma siamo pur sempre in Emilia, l’ex regione rossa, assieme a Toscana e all’Umbria perduta a favore della destra: non è l’Italia.
l’Italia non è neppure Salvini, è allo sbando e sembra convinta che votare sia come cliccare un like su Facebook.
nessuno sa bene come si raggiunge questa Italia profonda indifferente e superficiale, quella che non vota, piuttosto che quella che vota Salvini; però non dormiamo tra gli allori pensando che questa Italia ha un leader che fa umanamente schifo e che oggettivamente gioca piuttosto dalla nostra parte.
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godiamoci la giornata, godiamoci il previsto tramonto di Salvini, ma c’è poco da essere contenti lo stesso, se guardiamo al futuro.
Sono d’accordo nel togliere validità a elezioni con meno del 50% dei votanti; io toglierei anche il diritto di voto a chi non va a votare per tre volte, se non frega niente a lui vuol dire che chiunque gli va bene.
Sul dissenso da quanto deciso ti riferisci agli iscritti ad un partito? Sono molto pochi, e quindi gli altri possono ancora (spero) manifestare e anche lottare se non sono d’accordo. Io voto per uno ma non è che sono sempre d’accordo, anzi, e se qualcosa non mi piace…
certo i gruppi dirigenti potrebbero dare meno spettacolo, ma in quel caso pure qualche volta è resistenza, come quando Renzi ha occupato il PD…
Salvini in effetti è stato un grosso sprone ad andare a votare per tutti quelli che nell’altro giro si erano rifiutati, schifati.
Però la destra ha pur preso un sacco di voti, è interessante vedere la distribuzione, come ha votato la periferia…
i 5S stanno scomparendo, oggi leggevo qualche commento sul loro blog (qualcuno delira chiaramente) e c’è anche chi auspica un muoia Sansone con tutti i filistei…
Ma ormai il pallino è in mano al PD, e se vogliono prendere qualche altro annetto di stipendi devono abbozzare a tutto…
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anche io toglierei il diritto di voto a chi si astiene per tre volte di fila, ma per una volta sola: conto molto sulle conversioni, ahhaa.
per il dissenso, mi riferisco esclusivamente agli eletti nella lista di un partito, ci mancherebbe; naturalmente nel pieno rispetto del principio costituzionale della libertà di coscienza (che è anche la libertà di vendersi, naturalmente, le due cose non si possono distinguere); però mi pare pacifico che se uno è eletto grazie ad un partito e poi su questioni come la fiducia a un governo, vota in dissenso, a quel punto se ne va da quel partito: giusto quello che hanno fatto Bersani & c. del resto, semmai troppo tardi. e tuttavia, queste distinzioni, nella coscienza degli eletti, dovrebbero essere limitate a casi dove davvero sono in gioco valori fondamentali.
i comuni cittadini, ovviamente, sono liberi di fare quello che gli pare: certo che se poi manifestano contro il “loro” governo, qualche problema da qualche parte c’è.
mi sembra evidente che la destra ha il consenso popolare prevalente in questo momento e che l’Emilia è una eccezione, ma le regole comuni del gioco prevedono che si voti ogni 5 anni; il mio unico problema è che questo parlamento è stato eletto con una legge che giudico ancora incostituzionale; ma a qusto punto, considerando che abbiamo parlamenti incostituzionali dal 2006 potrei anche dire: chi se ne frega?
i 5Stelle non spariranno del tutto tanto facilmente; solo se il PD facesse sue le loro posizioni chiave, ad esempio sulla prescrizione, dove hanno tutte le ragioni del mondo; ma se l’avesse fatto fin dall’inizio, non sarebbero neanche nati: Beppe Grillo voleva candidarsi a segretario del PD, prima che nascessero, ma lo rifiutarono: Renzi sì, fu candidato contro lo Statuto, ma Grillo no.
io se fossi il PD non tirerei troppo la corda su questioni come la prescrizione: se Salvini esce dal giro e i PD reintroducono la prescrizione, saranno loro a scomparire.
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