mi chiede tramedipensieri se non posso inserire una carta che aiuti a seguire il mio viaggio in Sri Lanka; eccola accontentata con una traccia dei miei spostamenti fino ad oggi, anche se in un modo alquanto empirico e grossolano, del quale mi scuso.
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Si rimette insieme il bagaglio, si controlla dieci volte di non avere dimenticato nulla (quello che rischia di più è il giaccone invernale di pelle; oggi, a casa mia, in Val Sabbia, ha nevicato) e poi si parte per Batticaloa; il bus, come sapevo – ma come il gestore della Guesthouse, su specifica domanda, ha negato -, rifà all’indietro tutta la strada fatta dal tuktuk per portarmi al bus stand e si ferma a 200 metri dalla guesthouse: ovvio, perché per la prima ora e per i primi 20 km, il bus fa la strada per Mutur, fatta due giorni prima; il percorso non ha nulla di nuovo da dire, dunque, e il suo principale motivo di interesse sta in quattro fratelli islamici, con la cuffietta e la tunica bianca che fanno il mio stesso viaggio.
Con una assoluta mancanza di fantasia, oppure con la fantasia degna di qualche maestro del surrealismo, il padre li ha chiamati Hari (18 anni), Hali (16), Hami (10) e Hadi (8); l’ultima, la sorellina, non sappiamo come si chiama; ma ho trascritto come sapevo la pronuncia, non conosco la grafia esatta altro che di Halees.
È questo, infatti che viene a sedermisi vicino e a conversare: frequentano una scuola islamica ad Anuradhapura, dove studiano l’arabo, non so quanto, e l’inglese (poco, questo lo posso confermare dai primi contatti); in sostanza sono stati mandati tutti e quattro a una distanza di un giorno di viaggio da casa, compresi i due più piccolini, credo per farli crescere con una formazione rigidamente integralista: ha l’aria innocente della prima adolescenza, forse ancora più innocente di quel che l’età richiede, e, dopo lo scambio delle solite informazioni di rito e perfino la visione del video che mi ha mandato Silvano con la nevicata di questi giorni in Val Camonica (che sta avendo un successo clamoroso di pubblico in Sri Lanka), eccolo che col ciondolare provocato dall’autobus si addormenta con la testa appoggiata al mio petto, come se fosse Lazzaro all’ultima cena.
E nel frattempo un poco mi addormento anche io; ma poco dopo si sveglia lui e mi sveglio io e lo spettacolino, un poco ridicolo per me, ma non per lui, finisce per il momento e, non so come, lui tira fuori un foglio di quattro facciate dove ha svolto i compiti; le prime tre sono di traduzione in inglese: leggo ad alta voce e correggo con la biro dove occorre; intanto si è liberato il terzo posto della fila e arriva anche il fratello maggiore, che sino a quel momento pareva estraneo, per non dire ostile nella sua seriosità, e fraternizza anche lui; morale, perché il viaggio è lungo: il fratello grande si addormenta con la testa sulla spalla del minore, e questo con la testa sulla mia.
Per dire della diversa grammatica dei contatti fisici fra le culture: certo che qui coronavirus farebbe più strage che altrove.
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Batticaloa non è una città troppo grande, credo faccia circa 100mila abitanti, ma è sparsa su un’area molto vasta, fatta di grosse isole molto verdi, una decina, forse, sparse tra una laguna e il mare, qua e là collegate fra loro da ponti; da qui a definirla una bella città, come facevano le due turiste francesi a Trinco, ce ne passa, anche se gli abitanti ce la mettono tutta a cercare di sviluppare il turismo.
l’isola dove sta la guesthouse che ho scelto su internet potrebbe assomigliare vagamente, per rendere l’idea, all’isola del Lido che chiude la laguna di Venezia: non è molto larga , ma lunghissima, chilometri e chilometri, e si interpone fra il resto della città e l’oceano; come vedrò da una rapida osservazione, non offre molto, a parte dei giri in bicicletta, messa liberamente a disposizione, che però non ho voglia di fare al momento; e la spiaggia, in apparenza curata con percorsi e panchine, è veramente sporca.
aggiungiamo pure che il giorno è particolarmente grigio, stranamente, e che tale resterà anche l’indomani, almeno fino a che non arriverò alla Arugam Bay.
l’unica cosa di un certo interesse sono i resti di un piccolo tempio travolto dallo tsunami, che rimane, stravolto, accanto a un tempio più grande ricostruito, come monumento alla tragedia che ha colpito a fondo Batticaloa: per una fortunata casualità è a meno di 200 metri dalla mia guesthouse.
Il gestore della guesthouse, che non è fronte spiaggia, come dichiarato in internet, è gentile e disponibile; è un impiegato statale dell’ufficio demografico che gestisce questa casa con due camere come secondo lavoro; inutile dire che l’ha aperta per me, che mi lascia le chiavi del lucchetto al cancello e del portone e se ne va lasciandomi padrone del campo, ma con le indicazioni per un ristorante vegetariano indiano non troppo lontano, dove, esaurite le foto possibili del tramonto sulla laguna – sporca a sua volta – vado a cenare mentre un vecchio storpio entra, alla fine della giornata di elemosina, per cambiare le monetine ricevute e fanno un tutto 400 rupie, due euro.
Poi passo le ore che precedono un sonno difficile e tormentato a cercare di fare il biglietto aereo del ritorno: ho deciso, il visto mi scade il 21 e rinnovarlo si presenta come una rogna burocratica infinita e dagli esiti incerti in tempi di coronavirus; ma ecco un sito truffaldino che scegli per il prezzo più basso, ma quando inserisci i dati della carta di credito ti aggiunge di soppiatto 50 euro al totale; comunque la carta di credito non funziona, dovrebbe sbloccarla mia figlia dall’Italia; provo a pagare con bonifico dal mio conto corrente (mi sono portato prudentemente la chiavetta), ma il sito non mi riconosce la banca; alla fine mia figlia sblocca la carta online dall’Italia e il pagamento parte; ma il biglietto non arriva ancora; arriverà, si suppone.
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Il gestore me lo ritrovo al risveglio della notte non facile e mi ha preparato una colazione occidentale assolutamente identica a quelle di Trincomalee, solo con porzioni più abbondanti, ma certo non basta questo a trattenermi in un luogo tutto sommato poco piacevole, e il giudizio non cambia dopo un’ultima uscita a una piccola insenatura sulla laguna, piena di mucche randagie e di immondizia sparsa.
Alle 11:30 parte l’autobus per Arugam Bay: sono altre tre ore e mezza senza giovani islamici addosso, stavolta; ma dopo essere arrivato in anticipo alla stazione dei bus, rischio quasi di perderlo, perché mi precipito ad un ATM cercando invano di fare un’ulteriore carico di contante; il blocco della carta della sera prima mi ha reso ansioso; ma non ci riesco.
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la cronaca di due giorni poco gradevoli finisce col mio arrivo ad Arugam Bay, attraverso questo paesaggio tipico dello Sri Lanka orientale, in cui si alternano spiagge e lagune: il tuktuk mi sbarca davanti alle cabanas che ho scelto ieri sera per passarci la notte; registro l’ultima nota vagamente sgradevole della reception che cerca di dire che non ho prenotato e di rimandarmi indietro (forse per via del fatto che sono italiano?), ma deve arrendersi quando esibisco la mail di risposta che mi hanno dato, e dei bambini che, in spiaggia, a sapere che sono italiano, mi circondano gridando corona corona…
qui comunque è una meraviglia, ma mi riservo di dirlo meglio domani…
Hope things get better for you in Arugam Bay. We loved it there.
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yes, it is wonderful, the paradise. 🙂
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Scusa gli errori 😦
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Buongiorno Mauro
Grazie davvero per la cartina
Seguendo il tuo viaggio avevo necessità di “collocarti” in un luogo preciso ed associare fotografie, anche
Le notizie viaggiano in un lampo in questo mondo globalizzato: anche i bambini sanno del corona
Spero tu abbia risolto con il biglietto aereo…
Alla prossima 🙂
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un refuso di battitura e una espressione originale, che poteva anche starci, ma che ho corretto, se tu la consideri un errore; ma non sono veri errori, questi… 🙂
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