divagazioni (filosofiche?) in Sri Lanka – bortolindie 29 – 104

la mia sfuriata contro il gestore della guesthouse senza wi-fi in camera e la calma con cui lui ha affrontato la situazione mi spingono a sviluppare strane considerazioni, che – va be’ – esulano o dovrebbero esulare da un diario di viaggio, ma poi il viaggiatore sono io, amante delle riflessioni fini a se stesse, e dunque le metto in un post a parte, così che chiunque possa saltarsele, letto il titolo.

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naturalmente ogni altro al mio posto non ci avrebbe fatto caso più di tanto, pensando di avere incontrato una persona dal carattere particolarmente mite, al quale, oltretutto, conviene esserlo, perché inimicarsi i clienti non è una buona cosa per un albergatore; però invece mi ha colpito la calma con la quale mi ha visto prima dirgli che volevo andarmene subito e poi disdirgli la seconda notte prenotata, mentre io già mi preparavo ad uno scontro al calor bianco; e forse generalizzo a vanvera, ma a me pare che in generale i singalesi siano molto più miti, non dico di me (che non si fa fatica), e neppure degli italiani, ma anche degli europei; e mi sono chiesto se questo abbia a che fare con la religione prevalente nel paese, che è il buddismo.

e sentite le mie sorprendenti considerazioni.

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il cristianesimo che caratterizza la cultura occidentale è fondato sull’idea che il mondo sia stato creato da un dio buono, e questo è un grande problema, perché rende gli uomini molto più aggressivi.

lo so che la tesi sembra paradossale, ma a me pare logica, e cerco di dimostrarlo.

il buddismo, invece, non si pone il problema dell’origine del mondo, prende atto che esiste e questo gli basta; non ha la fede in un dio creatore; verifica soltanto che la vita è piena di negatività ineliminabili; il dolore, la malattia, la morte sono gli elementi caratterizzanti della vita; quindi l’atteggiamento verso l’esistenza è caratterizzato da una rassegnazione di base ai suoi aspetti negativi.

l’ebraismo, dal cui cuore il cristianesimo è nato, condivideva in origine con gli altri popoli dell’area l’idea che il mondo fosse stato tratto dal caos originario, e dunque formato, da diverse divinità, in se stesse né tutte buone né tutte cattive, ma eterogenee, gli elohim; ma tra queste privilegiava il proprio dio specifico, quello che proteggeva gli ebrei come popolo; più tardi cominciò ad affermare che questo fosse il solo Dio esistente, degno di questo nome, e che gli altri fossero solo idoli perversi da distruggere; ma neppure questo Dio degli ebrei era affatto buono, anzi era vendicativo e crudele, molto geloso del suo popolo e capace di infliggergli dure sofferenze per punirlo.

la poetica idea che il Dio ebraico fosse invece un Padre buono degli uomini è la grande novità che Jeshu, o chi per lui, introdusse nell’ebraismo, fino a creare una nuova religione, ma con le conseguenze devastanti che sopra dicevo.

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perché nell’idea del Dio buono si nascondono due conseguenze anomale non previste.

in primo luogo un Dio buono ha creato un mondo buono, e se il mondo dimostra di non essere tale, allora si tratta di un problema di disobbedienza degli uomini; se c’è qualcosa di male nel mondo è PER COLPA di qualcuno, che ha scelto il male.

per il cristianesimo il male nel mondo non è una sua caratteristica ineliminabile, come nel buddismo, ma il frutto di qualche volontà malvagia che si ribella a Dio: insomma il male è il figlio della colpa di qualche altro essere umano.

questo determina chiaramente una ricerca di responsabilità, e dunque un aumento di conflitti per ogni cosa che non va come si riteneva giusto.

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il secondo paradosso che rende devastante l’idea del Dio buono – e ci si aggiunge anche infinitamente, per peggiorare la cosa – è che la bontà è un valore molto soggettivo: essere buono agli occhi di qualcuno implica necessariamente il non esserlo per qualcun altro.

questa idea del Dio buono, espressa in modo elementare e senza profondità speculativa, ha poi rivelato tutte le insidie nei secoli successivi, quando è stata completata con l’idea della resurrezione dei morti, del giudizio finale e della dannazione o del premio eterni.

insomma, per il cristianesimo il male non sta annidato nel mondo, per come è fatto, ma dipende dalle scelte ribelli di alcuni uomini che violano la legge divina; ed è questa l’unica che permette di distinguere il bene vero, voluto dalla propria religione, da quello soggettivo ed improprio, definito da chi non crede.

e questa stessa convinzione incrementa a sua volta la conflittualità.

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la situazione peggiorò ancora quando il cristianesimo cominciò a proporsi come l’erede delle filosofie antiche ed inglobò al proprio interno la concezione dell’essere di Parmenide, attraverso la mediazione platonica, in alternativa ad altre visioni filosofiche.

Parmenide non seppe vedere che l’essere si definisce sempre attraverso il non essere: si è qualcuno o qualcosa soltanto perché non si è qualcos’altro; e dunque essere e non essere sono complementari e non opposti fra loro; se ci creiamo l’immagine mentale di un essere assoluto perfettissimo e senza limitazioni, non è difficile accorgersi che questo assoluto essere non è in alcun modo distinguibile dall’assoluto niente, dato che è altrettanto privo di ogni qualità o determinazione.

ma una volta identificato il Dio cristiano con l’Essere assoluto di Parmenide, ecco che anche per questa via si rafforzano le premesse imperialistiche appena elucidate sopra: chi sostiene Dio, cioè l’Essere assoluto, è il portatore di una verità altrettanto assoluta; e a sua volta il fanatismo e l’aggressività si rafforzano.

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il buddismo, allora, che insegna la rassegnazione e il distacco rispetto al male, e non ci chiede di eliminarlo dal mondo, obiettivo impossibile.

(ed è per questo che il mio post dedicato, tra l’altro, alla mia compassione per Isfar è incomprensibile dal punto di vista buddista: che è pacifista, ma non solidarista – ma qui si aprirebbe un altro lungo discorso, che preferisco lasciare sottinteso, tanto è ben collegato a quanto detto sopra).

e i singalesi, popolo mite.

e l’albergatore che non si arrabbia di certo per l’avventore collerico, ma con rassegnazione lo considera uno dei mali della vita, e neppure il peggiore…

smart

 


10 risposte a "divagazioni (filosofiche?) in Sri Lanka – bortolindie 29 – 104"

    1. tutto alla perfezione o quasi, grazie.
      talmente alla perfezione che ogni tanto ho delle crisi di stanchezza da eccesso di fatica o di bellezza…
      sono umano anche io, che credi?… 😉
      un abbraccio virtuale, cara marta

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  1. Condivido ciò che scrive giomag59.

    E sul buddismo posso dire che aiuta l’autostima.
    Cosa che il cristianesimo abbatte con il senso di colpa…
    Etc etc …

    (Avresti preferito una reazione vero? Così invece…)

    Buon proseguimento 🙂

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    1. anche un consenso ben ragionato è una reazione, dirò di più: è una bella reazione.

      qui hai introdotto l’aspetto dell’autostima, che io avevo trascurato.

      sì, non esasperando i sensi di colpa, il buddismo aiuta a stare in pace con se stessi, e questo può consolidare l’autostima.

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  2. Resto incantato da come riesci a collegare uno scazzo con un albergatore con i massimi sistemi. Magari aveva mal di denti e non aveva voglia di litigare, oltretutto era in torto… mi sono perso qualche puntata, adesso recupero!

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  3. Scritta solo qualche giorno fa.
    Non so se quanto è contenuto nel testo che segue è strettamente affine alle tue considerazioni sulle caratteristiche del buddismo, ma mi pare ci sia buona affinità…

    1675
    L’ORIGINE DEL BENE E DEL MALE

    Non cercate l’origine del bene,
    non cercate l’origine del male.
    Non la troverete.

    Perché,
    purtroppo o per fortuna,
    non c’è il male,
    non c’è il bene,
    c’è quel che c’è.

    C’è l’universo,
    c’è il mondo,
    c’è la natura,
    c’è la vita,
    c’è l’uomo,
    c’è la sopravvivenza,
    c’è la storia,
    c’è il predatore,
    c’è la preda,
    c’è l’attacco,
    c’è la difesa.

    Si cerca giustizia,
    si combatte il dolore,
    ma,
    nessun meritato premio,
    nessuna eterna punizione.

    C’è quel che c’è.

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