Chiedo anticipatamente scusa perchè so che è una cosa che non si dovrebbe fare, ma ho passato anni a comporre haiku osservando il piu possibile la metrica e le infinite regole che stritolano impietose l’impeto e l’immediatezza. Le norme sono così tante che è quasi impossibile attenersi a tutte, Poi in italiano è ancora più limitante rispetto al giapponese che ha parole più corte e assenza di articoli, però ci provo lo stesso riformattando il tuo testo e inevitabilmente stravolgendone puona parte del senso.
non la vedi?
già piena è la vasca
d’acqua del cielo
oppure
fa buio presto
già piena è la vasca
non la vedi?
Quest’ultima è più ortodossa perchè contiene un indiretto riferimento alla stagione – i giorni che si accorciano in autunno – ma è diventata tutta un’altra cosa rispetto alla tua.
grazie della critica e anche delle proposte di modifica.
me l’ha già fatta un altro commentatore e avete entrambi ragione: questi non sono veri haiku, lo so bene anche io; come spiegavo appunto altrove, non credo neppure che si possano fare veri haiku in italiano, per la struttura linguistica differente, come accenni anche tu: in italiano le parole di senso compiuto espresse con una sola sillaba sono pochissime e se si facesse un verso rigorosamente in linea con le regole dell’haiku, cioè con cinque parole in cinque sillabe, il risultato per noi sarebbe grottesco: se sol su è già…
credo quindi che in italiano si possano fare soltanto delle imitazioni, più o meno buone, che saranno come il sushi mangiato in Italia, rispetto a quello mangiato in Giappone.
si possono poi tradurre gli haiku giapponesi, ma per farlo bene, meglio non rispettare le regole degli haiku.
chiamo haiku queste composizioni perché a questa tradizione nipponica si riferiscono, un poco da lontano, per alcune caratteristiche generiche: la brevità, il riferimento alla natura, la concettosità implicita.
poi ho aggiunto nel titolo la parola per comodità mia di reperimento con i motori di ricerca, in vista di una eventuale raccolta, se il numero la renderà possibile (anche se noto con dispiacere che molti li penso, ma poi li dimentico); credo da ieri, dopo avere pensato al tuo commento, di averle anche trovato un titolo possibile: Haiku stiracchiati.
inutile dire che nei tuoi rifacimenti del mio testo ho visto disperso troppo di quel che intendevo accennare: ad esempio, l’esclamazione finale crea una correlazione tra il particolare e l’universale, che non può andare dispersa.
“autunno, autunno” può diventare un verso di haiku di 5 sillabe, se gli applichiamo la regola metrica italiana della crasi o meglio elisione, ma appunto: finiamo al ristorante giapponese di Porta Venezia.
allo stesso modo si possono riportare alle regole metriche dell’haiku anche il primo e il secondo verso, questo di nuovo con l’elisione:
“vedi? già piena
la vasca ed acqua ancora.”
mi ha molto interessato, comunque, quello che dici sulla tua intensa pratica con gli haiku, e mi piacerebbe leggere quelli che hai composto: è possibile?
grazie
… e anche della pazienza nel sorbirti questa risposta.
…anche davanti a casa mia c’è realmente un ristorante giapponese nel quale non ho mai pensato di entrare.
L’autentico sushi lo potrai magiare solo in giappone ma non è detto che davanti casa mia non possano farne uno anche migliore dell’originale. C’è chi dice che la miglio pizza napoletana l’ha mangiata a Londra o a NewYork, Certo che le probabilità che davanti a casa mia superino i piu rinomati chef di Tokio sono molto basse, ma non nulle e se devo andare in Giappone solo per mangiare il sushi allora attraverso la strada ed entro con lo stesso spirito di chi compera un biglietto della pescare a della parrocchia: vincerò sempre qualcosa, non il premio della lotteria di capodanno ma pur sempre qualcosa che potrebbe, forse, anche essere meglio, ad esempio vincere un libro che mi cambierà la vita – sempre di bassissime probabilità parliamo.
Ecco, con lo stesso spirito io scavo nel mare degli haiku italiani con le regole giapponesi. Improbabile che salti fuori qualcosa di eccelso ma non perdo le speranze. Le regole che seguo sono 5-7-5 o 5-5-7, un riferimento a una delle 4 stagioni – esplicito o implicita, e limitare l’uso dei verbi e altr regoline secondarie che mi riesce difficile esplicitare.
Poi la composizione di haiku così ingessati ha un’effetto anestetico sulla mente che si può usare in sistuazioni di accidia temporanea, ad esempio mentre si è in fila alle poste o quandi ci si vuole estraniare anche da se stessi.
Fare questi haiku è veramente faticoso e per generarne uno ci puo volere anche una 20ina di minuti. Ne componevo molti anni fa ma ora sono molto episodici e rari. Non so dove sia finita la mia raccolta, probabilmente in qualche HD in un cassetto.
Mi impegno a a farne uno nei giorni a venire.
bene, almeno ne leggerò uno, prometti bene e li sai descrivere così bene, anche nei loro effetti psicologici!; mi spiace per quelli dispersi, ma capisco bene, perché altrettanto è capitato a me delle molte cose scritte per me solo prima del blog.
effettivamente anche io non metto meno di una ventina di minuti a rifinirne uno: il problema principale è l’arte del levare; a volte non ci si riesce del tutto e si lascia il non finito o il non rifinito perché le forze sono esaurite: comunque hai ragione che questo è come un esercizio yoga e mi pare che abbia molto a che fare con l’autocontrollo: esprimere una emozione in questa forma costringe a dominarla a fondo e quasi a distanziarla da sé.
a me è capitato di mangiare del sushi in Giappone, nel mio giro del mondo di cinque anni fa; non sono mai andato in ristoranti di lusso, ma anche quello comperato ai baracchini era altra cosa.
è anche vero però – per darti ragione comunque sul punto – che a Brescia ho scovato un ristorante cinese che cucina in modo autentico, e mia figlia, che è vissuta in Cina cinque anni, mi dice che per lei è il migliore ristorante cinese in cui abbia mai mangiato (ma io ricordo ancora un’anatra alla pechinese in un ristorante di Pechino, la prima volta che andai a trovarla, la sera dell’addio, come un monumento sublime e indimenticabile alla gastronomia cinese…).
5-5-7
il riferimento univoco stagionale è la distillazione delle vinacce che si fa in autunno.
Senza rispettare la metrica poteva essere
piove nell’orto
si distillano le vinacce
ma è tutto inutile
andando avanti:
piove acqua in sulla campagna
si distillano le vinacce e i vecchi vini
nell’illusione che servano a qualcosa o a qualcuno
e poi:
quando iniziano le prime piogge autunnali e la terra s’inzuppa per settimane
si inizia a distillare il vino vecchio e cattivo e le vinacce spigolate con i vicini
nella vana speranza di salvare qualcosa e fermare il degrado delle cose e della vita
ne uscirà qualcosa che avrà un buon odore e forte sapore, ma è veleno per il corpo e per l’anima.
belloo, non solo l’haiku, ma tutto lo sviluppo che ne fai seguire.
però faccio anche io come hai fatto tu e ti propongo una piccola correzione, però per me importantissima:
ora piove.
inutilmente.
io distillo vinacce.
prima di tutto ho eliminato l’articolo “le”, che per me creava una concretizzazione eccessiva e una brusca chiusura di prospettiva.
mi sarei fermato lì, ma poi ho pensato che ti saresti lamentato della metrica e ho aggiunto un io, che in realtà scombina la metrica lo stesso e in più rende troppo esplicito il contrasto natura soggetto che è la vera anima segreta degli haiku, ma appunto sottintesa.
io farei il giapponese, lascerei perdere il conto delle sillabe e toglierei l’io, ma fai tu… 🙂
però, chiaramente, ho totalmente distorto il senso del tuo haiku, come fosse stato l’oracolo della sibilla.
ahah, silvano, vedo che sei un adepto della mia scelta dell'”haiku sfilacciato”, quello che non rispetta le regole tradizionali dell’haiku giapponese, ma si accontenta di somigliargli un poco…
adesso rischiamo di diventare un movimento letterario addirittura, siamo già in tre, compreso il nostro amico, che quelle regole cerca di rispettarle, ma non troppo neppure lui… 🙂
Il primo haiku mi piace molto. Bisognerebbe però farlo rientrare nelle regole.
Da queste righe vedo che vivi in un clima e luogo diverso dal mio, la pianura romagnola a ridosso del mare. Noi le montagne le vediamo raramente e la neve quasi mai.
Novembre
nessun fiore
si bagna
da me è falso. Ancora margherite e tarassaco, e malva e i girdini privati. E’ vero che sono molto pochi, ma ci sono. Da quando ho l’hobby dell’apicoltura percepisco la natura come le api, vedo tanti fiori che nessuno nota.
e va benissimo. Lo scambio “le” con “io” lo migliora decisamente.
Nelle mie regole la punteggiatura non è contemplata, semplicemente non esiste.
Nel mio testo sopra, dove partivo dall’haiku e arrivavo alla prosa, immagino che tu abbia compreso che il processo di creazione dell’haiku è esattamente il contrario. Si parte da situazioni e sensazioni in parte spiegabili più o meno estesamente e le si condensa fino al limite dei 5-7-5. etc.
E’ un processo molto faticoso, frustrante che ti mette davanti a scelte drastiche e ad approdi imprevedibili.
Un po come in certi corsi di fotografia si insegnava a come selezionare una foto su 36 (quando c’erano i rullini) e di buttare via tutte le altre. Non è facile ma si impara a non attaccarsi ad ogni possibilità.
intervenire su testi poetici altrui è una operazione pericolosa, anche se fatta con la massima delicatezza; vedo con piacere che noi invece non abbiamo avuto problemi.
il tuo haiku finale funziona, secondo me; la mancanza di punteggiatura (ma l’haiku classico non la prevede?) crea un’ambiguità molto intrigante, in pratica trasmette due significati addirittura opposti.
non seguo il processo che indichi tu per ideare un haiku, ma mi metto, per così dire, in modalità haiku fin dall’inizio; faccio lo stesso anche con testi di prosa di solito brevissimi che ho chiamato borforismi; se seguissi il tuo processo, analitico come sono, non ci arriverei mai.
anche per le foto mi differenzio: fotografo a raffica e d’impulso, la concentrazione preliminare non fa per me; non mi va affatto di buttarle via, dopo fatte, qualunque sia il risultato; semmai uso il fotoritocco (orrore!) soprattutto per il taglio delle inquadrature; insomma per me la fotografia è prosa che a volte, casualmente, propone frammenti di poesia.
non saprei quanto Pascoli ci sia lì sopra, non sto pensando a lui, e la sua natura è un po’ più contadina, direi.
io non credo che avrebbe mai messo una vasca piena d’acqua in una sua poesia. 😉
Oggi in auto ascoltavo “November rain”, che finisce con le parole: “nothing lasts forever/even cold november rain”.
Vediamo se vincono i Guns ‘n’ Roses, o gli effetti imprevedibili del riscaldamento globale…
io tiferei per i Guns ‘n’ Roses, evidentemente.
ma purtroppo il loro verso, ascoltato oggi, sembra confermare il riscaldamento globale (che farà sparire anche la fredda pioggia di novembre), piuttosto che smentirlo.
e se lo confermano anche loro, altro che Greta!
Chiedo anticipatamente scusa perchè so che è una cosa che non si dovrebbe fare, ma ho passato anni a comporre haiku osservando il piu possibile la metrica e le infinite regole che stritolano impietose l’impeto e l’immediatezza. Le norme sono così tante che è quasi impossibile attenersi a tutte, Poi in italiano è ancora più limitante rispetto al giapponese che ha parole più corte e assenza di articoli, però ci provo lo stesso riformattando il tuo testo e inevitabilmente stravolgendone puona parte del senso.
non la vedi?
già piena è la vasca
d’acqua del cielo
oppure
fa buio presto
già piena è la vasca
non la vedi?
Quest’ultima è più ortodossa perchè contiene un indiretto riferimento alla stagione – i giorni che si accorciano in autunno – ma è diventata tutta un’altra cosa rispetto alla tua.
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“non la vedi” va sostituita con “ma non la vedi’”….5 sillabe..
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grazie della critica e anche delle proposte di modifica.
me l’ha già fatta un altro commentatore e avete entrambi ragione: questi non sono veri haiku, lo so bene anche io; come spiegavo appunto altrove, non credo neppure che si possano fare veri haiku in italiano, per la struttura linguistica differente, come accenni anche tu: in italiano le parole di senso compiuto espresse con una sola sillaba sono pochissime e se si facesse un verso rigorosamente in linea con le regole dell’haiku, cioè con cinque parole in cinque sillabe, il risultato per noi sarebbe grottesco: se sol su è già…
credo quindi che in italiano si possano fare soltanto delle imitazioni, più o meno buone, che saranno come il sushi mangiato in Italia, rispetto a quello mangiato in Giappone.
si possono poi tradurre gli haiku giapponesi, ma per farlo bene, meglio non rispettare le regole degli haiku.
chiamo haiku queste composizioni perché a questa tradizione nipponica si riferiscono, un poco da lontano, per alcune caratteristiche generiche: la brevità, il riferimento alla natura, la concettosità implicita.
poi ho aggiunto nel titolo la parola per comodità mia di reperimento con i motori di ricerca, in vista di una eventuale raccolta, se il numero la renderà possibile (anche se noto con dispiacere che molti li penso, ma poi li dimentico); credo da ieri, dopo avere pensato al tuo commento, di averle anche trovato un titolo possibile: Haiku stiracchiati.
inutile dire che nei tuoi rifacimenti del mio testo ho visto disperso troppo di quel che intendevo accennare: ad esempio, l’esclamazione finale crea una correlazione tra il particolare e l’universale, che non può andare dispersa.
“autunno, autunno” può diventare un verso di haiku di 5 sillabe, se gli applichiamo la regola metrica italiana della crasi o meglio elisione, ma appunto: finiamo al ristorante giapponese di Porta Venezia.
allo stesso modo si possono riportare alle regole metriche dell’haiku anche il primo e il secondo verso, questo di nuovo con l’elisione:
“vedi? già piena
la vasca ed acqua ancora.”
mi ha molto interessato, comunque, quello che dici sulla tua intensa pratica con gli haiku, e mi piacerebbe leggere quelli che hai composto: è possibile?
grazie
… e anche della pazienza nel sorbirti questa risposta.
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…anche davanti a casa mia c’è realmente un ristorante giapponese nel quale non ho mai pensato di entrare.
L’autentico sushi lo potrai magiare solo in giappone ma non è detto che davanti casa mia non possano farne uno anche migliore dell’originale. C’è chi dice che la miglio pizza napoletana l’ha mangiata a Londra o a NewYork, Certo che le probabilità che davanti a casa mia superino i piu rinomati chef di Tokio sono molto basse, ma non nulle e se devo andare in Giappone solo per mangiare il sushi allora attraverso la strada ed entro con lo stesso spirito di chi compera un biglietto della pescare a della parrocchia: vincerò sempre qualcosa, non il premio della lotteria di capodanno ma pur sempre qualcosa che potrebbe, forse, anche essere meglio, ad esempio vincere un libro che mi cambierà la vita – sempre di bassissime probabilità parliamo.
Ecco, con lo stesso spirito io scavo nel mare degli haiku italiani con le regole giapponesi. Improbabile che salti fuori qualcosa di eccelso ma non perdo le speranze. Le regole che seguo sono 5-7-5 o 5-5-7, un riferimento a una delle 4 stagioni – esplicito o implicita, e limitare l’uso dei verbi e altr regoline secondarie che mi riesce difficile esplicitare.
Poi la composizione di haiku così ingessati ha un’effetto anestetico sulla mente che si può usare in sistuazioni di accidia temporanea, ad esempio mentre si è in fila alle poste o quandi ci si vuole estraniare anche da se stessi.
Fare questi haiku è veramente faticoso e per generarne uno ci puo volere anche una 20ina di minuti. Ne componevo molti anni fa ma ora sono molto episodici e rari. Non so dove sia finita la mia raccolta, probabilmente in qualche HD in un cassetto.
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bene, almeno ne leggerò uno, prometti bene e li sai descrivere così bene, anche nei loro effetti psicologici!; mi spiace per quelli dispersi, ma capisco bene, perché altrettanto è capitato a me delle molte cose scritte per me solo prima del blog.
effettivamente anche io non metto meno di una ventina di minuti a rifinirne uno: il problema principale è l’arte del levare; a volte non ci si riesce del tutto e si lascia il non finito o il non rifinito perché le forze sono esaurite: comunque hai ragione che questo è come un esercizio yoga e mi pare che abbia molto a che fare con l’autocontrollo: esprimere una emozione in questa forma costringe a dominarla a fondo e quasi a distanziarla da sé.
a me è capitato di mangiare del sushi in Giappone, nel mio giro del mondo di cinque anni fa; non sono mai andato in ristoranti di lusso, ma anche quello comperato ai baracchini era altra cosa.
è anche vero però – per darti ragione comunque sul punto – che a Brescia ho scovato un ristorante cinese che cucina in modo autentico, e mia figlia, che è vissuta in Cina cinque anni, mi dice che per lei è il migliore ristorante cinese in cui abbia mai mangiato (ma io ricordo ancora un’anatra alla pechinese in un ristorante di Pechino, la prima volta che andai a trovarla, la sera dell’addio, come un monumento sublime e indimenticabile alla gastronomia cinese…).
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ora piove
inutilmente
distillo le vinacce
5-5-7
il riferimento univoco stagionale è la distillazione delle vinacce che si fa in autunno.
Senza rispettare la metrica poteva essere
piove nell’orto
si distillano le vinacce
ma è tutto inutile
andando avanti:
piove acqua in sulla campagna
si distillano le vinacce e i vecchi vini
nell’illusione che servano a qualcosa o a qualcuno
e poi:
quando iniziano le prime piogge autunnali e la terra s’inzuppa per settimane
si inizia a distillare il vino vecchio e cattivo e le vinacce spigolate con i vicini
nella vana speranza di salvare qualcosa e fermare il degrado delle cose e della vita
ne uscirà qualcosa che avrà un buon odore e forte sapore, ma è veleno per il corpo e per l’anima.
e così via fino a scrivere un intero libro.
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belloo, non solo l’haiku, ma tutto lo sviluppo che ne fai seguire.
però faccio anche io come hai fatto tu e ti propongo una piccola correzione, però per me importantissima:
ora piove.
inutilmente.
io distillo vinacce.
prima di tutto ho eliminato l’articolo “le”, che per me creava una concretizzazione eccessiva e una brusca chiusura di prospettiva.
mi sarei fermato lì, ma poi ho pensato che ti saresti lamentato della metrica e ho aggiunto un io, che in realtà scombina la metrica lo stesso e in più rende troppo esplicito il contrasto natura soggetto che è la vera anima segreta degli haiku, ma appunto sottintesa.
io farei il giapponese, lascerei perdere il conto delle sillabe e toglierei l’io, ma fai tu… 🙂
però, chiaramente, ho totalmente distorto il senso del tuo haiku, come fosse stato l’oracolo della sibilla.
per restare al tuo significato, devo scrivere:
ora piove.
inutilmente
io distillo vinacce.
e qui allora anche l’io ci può stare…
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Questa dotta discussione di haiku di stagione ha scatenato impressioni d’autunno…
1610
HAIKU D’ AUTUNNO
Non basta più la giacca.
L’occhio
già cerca la neve
Bavero chiuso
tracima il secchio
il fuoco rincuora
Non più poche
gocce.
Torbido il fiume
Tonfi dagli alberi
La prima neve
chiude le porte
Il vento
Occhi chiusi
accarezza la guancia
Novembre
Nessun fiore
si bagna
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ahah, silvano, vedo che sei un adepto della mia scelta dell'”haiku sfilacciato”, quello che non rispetta le regole tradizionali dell’haiku giapponese, ma si accontenta di somigliargli un poco…
adesso rischiamo di diventare un movimento letterario addirittura, siamo già in tre, compreso il nostro amico, che quelle regole cerca di rispettarle, ma non troppo neppure lui… 🙂
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Perchè 1610?
Il primo haiku mi piace molto. Bisognerebbe però farlo rientrare nelle regole.
Da queste righe vedo che vivi in un clima e luogo diverso dal mio, la pianura romagnola a ridosso del mare. Noi le montagne le vediamo raramente e la neve quasi mai.
Novembre
nessun fiore
si bagna
da me è falso. Ancora margherite e tarassaco, e malva e i girdini privati. E’ vero che sono molto pochi, ma ci sono. Da quando ho l’hobby dell’apicoltura percepisco la natura come le api, vedo tanti fiori che nessuno nota.
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Lo passo così:
ora piove
inutilmente
io distillo vinacce
e va benissimo. Lo scambio “le” con “io” lo migliora decisamente.
Nelle mie regole la punteggiatura non è contemplata, semplicemente non esiste.
Nel mio testo sopra, dove partivo dall’haiku e arrivavo alla prosa, immagino che tu abbia compreso che il processo di creazione dell’haiku è esattamente il contrario. Si parte da situazioni e sensazioni in parte spiegabili più o meno estesamente e le si condensa fino al limite dei 5-7-5. etc.
E’ un processo molto faticoso, frustrante che ti mette davanti a scelte drastiche e ad approdi imprevedibili.
Un po come in certi corsi di fotografia si insegnava a come selezionare una foto su 36 (quando c’erano i rullini) e di buttare via tutte le altre. Non è facile ma si impara a non attaccarsi ad ogni possibilità.
"Mi piace""Mi piace"
intervenire su testi poetici altrui è una operazione pericolosa, anche se fatta con la massima delicatezza; vedo con piacere che noi invece non abbiamo avuto problemi.
il tuo haiku finale funziona, secondo me; la mancanza di punteggiatura (ma l’haiku classico non la prevede?) crea un’ambiguità molto intrigante, in pratica trasmette due significati addirittura opposti.
non seguo il processo che indichi tu per ideare un haiku, ma mi metto, per così dire, in modalità haiku fin dall’inizio; faccio lo stesso anche con testi di prosa di solito brevissimi che ho chiamato borforismi; se seguissi il tuo processo, analitico come sono, non ci arriverei mai.
anche per le foto mi differenzio: fotografo a raffica e d’impulso, la concentrazione preliminare non fa per me; non mi va affatto di buttarle via, dopo fatte, qualunque sia il risultato; semmai uso il fotoritocco (orrore!) soprattutto per il taglio delle inquadrature; insomma per me la fotografia è prosa che a volte, casualmente, propone frammenti di poesia.
grazie degli input, bella conversazione.
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Anche i giapponesi barano sulla sillabazione…
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vedi? 😉
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Ed è subito Pascoli 🙂
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oddio, stimo troppo Pascoli per accettare il complimento.
del resto non mi pare che abbia mai cercato di imitare malamente degli haiku come sto facendo io in vecchiaia 🙂
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Ma l’ atmosfera è pascoliana: la natura, le piccole cose, le stagioni.
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Mondo di sofferenza:
eppure i ciliegi
sono in fiore.
questo è uno degli haiku più belli della poesia giapponese: di Kobayashi Issa (1763-1827)
ne trovi altri, uno più bello dell’altro, qui:
https://libreriamo.it/libri/i-10-haiku-piu-belli-letteratura-giapponese/
non saprei quanto Pascoli ci sia lì sopra, non sto pensando a lui, e la sua natura è un po’ più contadina, direi.
io non credo che avrebbe mai messo una vasca piena d’acqua in una sua poesia. 😉
però è vero che c’è natura anche qui.
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Oggi in auto ascoltavo “November rain”, che finisce con le parole: “nothing lasts forever/even cold november rain”.
Vediamo se vincono i Guns ‘n’ Roses, o gli effetti imprevedibili del riscaldamento globale…
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io tiferei per i Guns ‘n’ Roses, evidentemente.
ma purtroppo il loro verso, ascoltato oggi, sembra confermare il riscaldamento globale (che farà sparire anche la fredda pioggia di novembre), piuttosto che smentirlo.
e se lo confermano anche loro, altro che Greta!
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Questa visione apocalittica non mi era venuta in mente…
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