Joker – 511

si esce dalla proiezione di Joker con la sensazione di avere visto un film che entrerà nella storia del cinema e di cui si parlerà ancora fra vent’anni, come di qualcosa che assomiglia a Matrix, Blade Runner, 2001 Odissea nello spazio e Metropolis.

film più o meno straordinari anche dal punto di vista del linguaggio cinematografico, ma in cui le novità nella struttura e nel modo di raccontare erano rese necessarie dalla novità delle cose di cui parlare.

film in qualche modo di fantascienza vera, cioè di anticipazione fantastica dei problemi veri di cui l’umanità si sarebbe dovuta occupare e che sono tornati in mente quando l’evidenza di quei problemi è diventata senso comune: l’oppressione del macchinismo industriale, le prospettive della ricerca scientifica, l’integrazione uomo macchina, la dissoluzione della realtà naturale a fronte di una nuova realtà artificiale.

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e Joker? Joker, simbolicamente ambientato in una metropoli devastata dall’accumulo dei rifiuti per uno sciopero della nettezza urbana (che traduce in immagine l’inquinamento che sta uccidendo il nostro pianeta), ci parla delle diseguaglianze del mondo presente e di come queste stanno generando un odio sociale che ribolle e che può trasformarsi nella violenza incontrollata di un populismo vero, non di quello addomesticato e sotto controllo che al momento suscita uno scalpore interessato e particolarmente utile a chi in realtà teme l’esplodere di una rabbia sociale cruda.

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rischio che sembra molto modesto in Italia e negli altri paesi semi-balcanici o balcanici integrali, in particolare cattolici, dove l’opinione pubblica è strettamente sotto il controllo mediatico, ma che diventerebbe evidente se guardassimo al mondo inquieto con occhi meno provinciali:

Parigi è una città meravigliosa, ma sono contento di esserci stato l’altro fine settimana e non questo, che ci sono stati problemi con i giubbotti gialli. A proposito, il caos è generale, Bolivia, Cile, Hong Kong, Barcellona, Venezia con le inondazioni, ecc…
da una mail che ho ricevuto oggi da un amico portoghese.

e non a caso le inondazioni fanno il paio con i tumulti che si svolgono altrove e con segno diverso; segnali della stessa crisi; e l’amico Ruiz non li ha neppure elencati tutti; non credo sia soltanto un’impressione ottica se pare che le proteste si allarghino, anche se hanno segno diverso, talvolta addirittura antagonista.

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la maschera di Joker, il nome che alla fine si dà Artur, il protagonista del film – ma ho sbagliato a scrivere il nome, come se fosse tedesco, qui invece è Arthur, anglosassone -, è già diventata un simbolo improprio dei movimenti di protesta, come pochi anni fa per gli indignados e altri movimenti successivi lo era stato un altro personaggio mascherato, Guy Fawkes, il membro più noto della congiura delle polveri, che tentò di far esplodere la Camera dei Lord a Londra nel 1605.

e dà da pensare a chi ha vissuto come me le proteste di massa degli anni della contestazione questa specie di perdita dichiarata di identità personale dei nuovi protagonisti delle manifestazioni di piazza, come se il primo atto di una rivolta contro il sistema fosse lo spogliarsi del proprio sé personale.

fenomeno che in effetti si poteva riconoscere, sia pure in altre forme, anche nel passaggio alla clandestinità tipico degli adepti dei movimenti rivoluzionari che arrivavano a rinnegare il proprio nome autentico per assumere come nuova identità un avatar ante literam: Lenin, Stalin…

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quindi Joker è il film manifesto del caos che avanza nel mondo? non solo, ma è anche il film che ci dice che uno stato di caos psichico, per non dire di vera e propria malattia mentale, è la condizione migliore per vivere il presente.

questo è un filtro insuperabile, per la mia generazione o forse soltanto per la mia mentalità personale, e mi conferma la percezione di essere ormai pienamente fuori gioco rispetto alle rivoluzioni del futuro, che saranno irrazionali e non guidate dall’ideologia, cioè dalla forma rigida e spesso contorta assunta dalle idee.

sarà per questo che dalla proiezione esco facendomi una domanda: l’autore del film ha ambientato la storia apparentemente negli anni Settanta perché in realtà ci sta mostrando le prospettive del futuro caos politico e sociale da riscaldamento globale e crollo delle risorse, ma come sono immaginate e fantasticamente vissute secondo i parametri delle visioni del mondo di quegli anni?

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ma il populismo veramente di classe che lui ci descrive, questa lotta contro i privilegiati che diventa violenza fisica e assassinio dei benestanti perbenisti, è davvero possibile?

oppure la protesta sociale, quando perde il lume della ragione e della interpretazione della storia, diventa necessariamente follia razzista e genocida e autodistrugge i suoi significati positivi possibili?

insomma, forse è soltanto un sogno datato l’esplosione di un populismo vero – e non per questo in niente più gradevole di quello in larga parte ancora verbale di oggi, anzi per molti versi ancora più violento e massacratore.

forse non ci sarà nessun populismo rivoluzionario contro i ricchi e i privilegiati e la strada di una protesta da pazzi saranno ancora i progrom di gran lunga più facili contro i diversi della porta accanto?

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in questo caso Joker non sarà risultato per nulla profetico, ma sarà stato dimenticato.

sorte che del resto, col collasso della civiltà tecnologica globalizzata, attenderà ben altri e in fondo chiunque…

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ps: sento di dovere delle scuse se qualcuno passerà di qui aspettandosi la recensione del film.


6 risposte a "Joker – 511"

  1. Anche io non sono riuscito a recensire il film: ho finito per scriverne sei considerazioni, una delle quali riguardava il fatto che alla fine mi pare che la pellicola perda i significati che ha avuto fino a quel momento, e diventi insensato o, addirittura, contraddittorio.
    Come te, tuttavia, ti invito a recuperare l’articolo, perché non penso sia educato riscrivere nei tuoi commenti un post già scritto:-).

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    1. che cosa è meglio dire? che ho letto il tuo post che prima avevo guardato, oppure che ho riletto il tuo post che solo adesso ero in grado di capire?

      resta il fatto che tu hai scritto il post prima del commento, e io invece dopo.

      grazie dei link, distribuiti, mi pare, in ordine di efficacia: il primo mi ha attratto e l’ho seguito tutto; il secondo mi ha annoiato e l’ho mollato dopo un po’; il terzo mi ha fatto antipatia a prima vista e non l’ho neppure guardato: resto comunque legato alla comunicazione scritta; è un tale rallentamento del pensiero ascoltare qualcuno parlare!

      la tua analisi è molto approfondita e mi ha fatto vergognare del semplicismo della mia, che in fondo ha usato il film soltanto per seguire un mio personale filone di pensiero.

      ma, se si vuole entrare davvero nel film e coglierne le stratificazioni, è ad analisi come la tua o a quella del primo link che bisogna riferirsi.

      quanto alla tua ultima osservazione, mi sembra tipica di un mondo che, per semplificare, definirei pre-jocker, cioè in qualche modo razionale, e così direi di tutti quelli che si sforzano con l’interpretazione di riportare un ordine comprensibile dove regna il caos: ma jocker, il film, è oltre queste classificazioni: è un film emotivo e non credo che chi ha scritto la sceneggiatura si sia preoccupato di una sua eventuale coerenza fattuale, ma soltanto della sua efficacia emotiva.

      e siccome questa c’è, il film è riuscito, e io, che pure sono un uomo arcaico, mi ci sono fatto soltanto trascinare emotivamente, senza neppure cercare di USCIRE dal film per dargli la storia coerente che non ha e che certamente l’autore non ha mai cercato di dargli.

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  2. Se non l’hai letto, ti consiglierei un libro di j. Ballard,un grande scrittore visionario. il libro è “millenium people”.
    Qui la “rivoluzione” parte da chi meno ha motivo di lamentarsi dello status quo, la upper class inglese, che lo fa per noia e per pazzia.
    Scritto più di 20 anni fa mi torna alla mente di tanto in tanto, come nel caso della Brexit.

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    1. no, non conosco questo libro, ma mi pare molto in tema.
      la rivoluzione, che oggi non appare come la lucida conseguenza di una interpretazione del mondo che pretende di essere razionale, ma come lo sfogo irrazionale di rabbie e frustrazioni, che certamente aumentano quanto meglio si sta (sembra un paradosso, ma è la realtà); è proprio il tema del film.
      grazie della segnalazione e del commento.

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  3. Ti sono grato per la “non recensione” del film. Lo andrò a vedere quest’estate nelle arene estive.
    Il mio libro di storia delle superiori era “l’età della borghesia rivoluzionaria” di Rosario Villari. Forse conosci il testo data la tua ex professione. Questo titolo mi è frullato nella mente nei decenni e oggi gli trovo un senso che per me allora ovvio non era. Forse abbiamo mitizzato troppo la rivoluzione come soluzione anche parziale dei problemi.
    Tahar Lamri, intellettuale italo tunisino, disse in un incontro che la parola rivoluzione in arabo non esiste e il concetto più vicino al nostro concetto di rivoluzione è una rivolta temporanea del popolo tesa a manifestare lo scontento e non a sovvertire l’ordine esistente.

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    1. il tuo commento è interessante, perché affronta e rende ben esplicito il tema vero della mia non recensione, e approfondisce un aspetto del film che io ho appena accennato: l’impossibilità subentrata di una rivoluzione guidata dall’ideologia: quella a cui si credeva per ampia parte del Novecento e a cui si riferisce anche Villari; lui ovviamente lo conosco, ma quel testo specifico non l’ho presente e probabilmente non l’ho mai visto, dato che nei licei l’insegnamento di storia nel triennio è affidato all’insegnante di filosofia, e io insegnavo lettere.
      certamente per un aderente all’islam, cioè alla religione della sottomissione, la rivoluzione è un concetto impossibile, a meno che non sia islamica essa stessa, cioè volta a stabilire uno stato regolato dalle regole islamiche – come avvenuto in Iran e in altro modo e senso nel califfato dell’ISIS: per un islamico, il potere stesso è una manifestazione della volontà divina e ribellarsi ad esso è un atto contrario a Dio, a meno che il potere non appaia illegittimo e blasfemo.
      ma, di fatto, pare che anche in Occidente siano diventate impossibili le rivoluzioni volte ad instaurare nuove forme di governo: del resto manca oramai un pensiero politico che le prevede, dopo la ben misera prova data dal marxismo-leninismo occidentale.

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