il harakiri dei democratici americani: uno spettacolo già visto – 45

la direzione nazionale del Partito Democratico americano ha bloccato la diffusione dei risultati delle sue prime primarie, quelle dello stato del Iowa, per la scelta del candidato che dovrà sfidare Trump a novembre (compito ingrato):

afferma che non sono chiari; addirittura suggerisce tra le righe che ci possano essere stati dei brogli:
“Abbiamo rilevato delle incongruenze. L’integrità dei risultati è di primaria importanza. Ci sono stati dei ritardi nei risultati per controlli sulla qualità.”

un enorme regalo alla propaganda di Trump.

iowa-primarie

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in realtà, a quanto si capisce, queste primarie non sono andate come volevano loro e segnano una disfatta del corrotto candidato di centro Biden: l’unico, secondo i loro sondaggi, in grado di sconfiggere Trump.

ma parlare di sondaggi, in questo contesto, è come chiedere un atto di fede.

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sta di fatto che ben pochi elettori democratici vogliono Biden e una sua sconfitta chiara dovrebbe, in un autentico processo democratico interno, portare ad un suo ritiro.

se la maggioranza dei militanti democratici è per scelte politiche più radicali, perché gli altri democratici, per disciplina interna, non appoggiano questa scelta fino in fondo?

per paura di perdere?

ma è davvero così importante perdere lo stesso, ma su una piattaforma politica moderata?

oppure sono così attaccati al loro potere che non sono disposti a mollarlo a nessun costo e preferiscono piuttosto che crolli il palazzo dove sta Sansone con tutti i filistei?

così, invece, Biden insisterà e magari alla fine avrà il privilegio di essere lui a portare i Democratici ad una nuova sconfitta come quattro anni fa avvenne per la Clinton.

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come si vede, le elezioni presidenziali americane di quest’anno si avviano ad essere una penosa replica in campo democratico di quanto avvenuto nel 2016: una feroce lotta interna contro la propria ala sinistra, per ridimensionarla ed emarginarla politicamente.

per noi in Italia la cosa non è nuova: da Veltroni a Renzi, è stata anche la politica del nostro Partito Democratico, con risultati catastrofici; Veltroni nel 2005 arrivò ad appoggiare sottobanco la legge elettorale incostituzionale di Berlusconi pur di ottenere un parlamento privo di sinistra; e Renzi fece altrettanto un decennio dopo, inventandosi un’altra legge elettorale a suo presunto uso e consumo, addirittura cancellata dalla Corte Costituzionale prima che venisse applicata.

fatto straordinario, vista l’abitudine oramai invalsa della nostra Consulta di dichiarare l’incostituzionalità di una legge elettorale dopo un decennio dalla sua approvazione e chiarendo bene che quel che è stato è stato e che i parlamenti dichiarati illegittimi nella loro formazione hanno comunque il diritto di continuare a governare…

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ma la spaccatura della sinistra tra moderati e radicali è universale nel mondo, in realtà, e corrisponde evidentemente ad un problema politico vero, visto che è la giusta contrapposizione fra chi è contrario alle forze che attualmente gestiscono il mondo e chi invece lo appoggia chiedendogli qualche rettifica secondaria e qualche forma di contenimento della sua fama animale di potere.

continuare ad espellere la volontà di cambiamento radicale dal proprio schieramento colloca in una botte di ferro, strategicamente parlando, coloro che invece sostengono senza riserve i poteri forti, magari dichiarandosene nemici e regala alla destra la protesta crescente nel mondo contro di loro.

cioè non lascia altra scelta che quella tra i finti nemici del nuovo tecno-feudalesimo che avanza, che in realtà lo appoggiano fino in fondo, e gli amici dichiarati, che però lo tirano per la giacca chiedendogli di non esagerare.


6 risposte a "il harakiri dei democratici americani: uno spettacolo già visto – 45"

  1. Sono d’accordo con le tue considerazioni; inoltre si ripropongono i rischi delle votazioni elettroniche (anche se in questo caso parlano di app per la raccolta dati…). Un infortunio, se è un infortunio, dalle grosse conseguenze… Trump ha avuto buon gioco a dire: non sono capaci nemmeno di contare i voti dei propri votanti, volete farli governare?

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    1. ora che i risultati si conoscono meglio, però, stupisce, favorevolmente, che sia risultato primo un gay dichiarato, e non perché è gay, ma semplicemente perché è preparato, intelligente e credibile.

      questa America, diciamolo, non smetterà mai di meravigliarci: Buttigieg sarà l’Obama di dodici anni dopo? capace di proporre una candidatura dal forte significato simbolico, più forte perfino del suo programma politico concreto…

      se il candidato fosse Buttigieg e la sua vice Michelle Obama, credo che il ticket potrebbe diventare irresistibile.

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      1. Se non sembrasse di perpetuare delle dinastie piacerebbe anche a me vedere Michelle Obama di nuovo alla Casa Bianca… e non come First lady o come vice. Mah, l’America è capace di stupire in male ed in bene… chissà? Buttidieg potrebbe essere l’uomo che scompagina le carte nei dem? Non faccio più pronostici, tra l’altro dovrei sforzarmi di leggere qualcosina dei programmi…

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        1. secondo un articolo del Giornale abbastanza serio, mi sembrerebbe, Buttigieg è un’invenzione della solita cricca attorno alla Clinton e anche il famoso programma informatico per gestire i caucus dello Iowa sono stati preparati da loro per sbarrare la strada a Sanders.

          del programma del ragazzo so soltanto che non è particolarmente spostato a sinistra; e noi del resto, come nel caso di Obama, siamo costretti a fare i nostri commenti sul significato simbolico che hanno certe candidature più che su quello che dichiarano di voler fare.

          essendo rimasto molto deluso da Obama, estendo il mio giudizio negativo su coloro che lui appoggia; cerco di farlo con realismo, anche se oggettivamente ne ho poco, ma alla fine direi che ogni candidato vale più per il colore che dà alle scelte che gli vengono imposte che per le scelte che farà davvero, che sono poi abbastanza obbligate.

          insomma si sceglie l’interprete, ma non la musica che suonerà; il programma della serata è già definito.

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  2. Una “sinistra” fatta essenzialmente di autorappresentazione come “il male minore” e desiderio di continuare a vivacchiare in minoranza, per fare ipocritamente le anime belle e continuare a far nulla, che quando fanno qualcosa è sempre peggio della peggiore destra. In effetti, se ci penso, l’unica “sinistra” andata al potere era quella comandata da dittatoriali vanesi che godevano ad essere “al comando” (Renzi, D’Alema). Fa eccezione probabilmente Prodi, i cui governi non per caso, continuo a ripeterlo, sono stati paradossalmente la cosa più di sinistra che abbiamo avuto negli ultimi anni.

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    1. sono assolutamente d’accordo con i tuoi giudizi politici: non che Prodi fosse molto di sinistra, ma certamente era più di sinistra di D’Alema, che prese il suo posto per la prima e unica – fortunatamente – guerra italiana dopo il 1945, quella alla Serbia, per contentare il democratico Clinton – e Prodi fu silurato sostanzialmente perché resisteva (come rivelò Scognamiglio, anche se paradossalmente Prodi ha negato sempre, forse per non fare la fine di Craxi e di Moro); non parliamo poi di Renzi, che ha partorito il più feroce attacco alla Costituzione repubblicana, fortunatamente sventato anche grazie a Berlusconi, Meloni e Salvini (sob!).

      ma non a caso nel primo dei suoi due governi Prodi fu cacciato dall’ultrasinistra parolaia, da un Bertinotti oggi finito a comunione e liberazione, o dal trotzkista Turigliatto che – apprendo con stupore – si aggira ancora nell’area delle’estrema sinistra sempre alla ricerca di rimettersi in piedi e sempre preda di lacerazioni incontenibili: e cacciando Prodi si diede il via libera all’attacco alla Serbia.

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